La donna della domenica (1975) di Luigi Comencini Dal romanzo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini Sceneggiatura di Agenore Incrocci e Furio Scarpelli Con Marcello Mastroianni (Commissario Santamaria), Jacqueline Bisset (Anna Carla Dosio), Jean-Louis Trintignant (Massimo Campi), Aldo Reggiani (Lello Riviera), Maria Teresa Albani (Virginia Tabusso), Omero Antonutti (Benito), Gigi Ballista (Vollero), Claudio Gora (Garrone), Franco Nebbia (Bonetto), Lina Volonghi (Ines Tabusso), Pino Caruso (De Palma) Fotografia: Luciano Tovoli Musica: Ennio Morricone (105 minuti) Rating IMDb: 6.7
Solimano
Il romanzo giallo "La donna della domenica" di Carlo Fruttero e Franco Lucentini fu pubblicato nel 1972 ed ottenne un grande successo (a mio avviso meritato, è tutt'altro che un libro di genere). Nel 1975, appena tre anni dopo, Luigi Comencini girò il film, naturalmente ambientato a Torino. Scriverò due post per la vista logica I libri nel cinema, cercando le corrispondenze fra le immagini del film ed il testo letterario.
LA GALLERIA VOLLERO
-Io, a Garrone,-disse duramente il signor Vollero,-non avevo affatto mandato l'invito; non so nemmeno dove abita. Ma una volta venuto, non potevo mica farlo buttare fuori da un gorilla? Questa è una galleria d'arte antica,-disse sottolineando antica,-non un night.
Dal gruppo di persone con le quali stava conversando accanto al cavalletto che reggeva un "Ratto d'Europa", il suo sguardo andò alle altre due sale della galleria, dove gli ultimi invitati (tutte persone civili e distinte) mormoravano educatamente le loro osservazioni sui quadri in mostra.
-Non esageriamo,-disse il critico d'arte.-A me Garrone in fondo è simpatico. Mi diverte.
-Ed è tutt'altro che uno stupido,-disse l'americanista Bonetto.- Ha una notevole apertura, per uno che non c'è mai mosso da Torino. L'anno scorso, qundo ho presentato al Teatro Tu quel gruppo californiano Plasticità e linfe...-fece una pausa, ma nessuno disse niente; alla galleria Vollero ci veniva notoriamente la Torino più sorda e retriva,-be', dopo lo spettacolo ci siamo ritrovati tutti a cena; Garrone era seduto vicino a me, e devo dire che mi ha fatto delle domande piuttosto pertinenti, piuttosto acute. Era realmente interessato.
-Non ne dubito,-disse il signor Vollero. Aveva soltanto una vaga nozione di che cosa fossero il Teatro Tu e i gruppi californiani, ma gli bastava il nome per associarli alla rivoluzione, alla pornografia e all'arte moderna in generale, che detestava prima come uomo e poi come mercante di quadri d'alta epoca. Guardò laggiù, nell'ultima sala, la "Leda col cigno" tardo-cinquecentesca, e si sentì ancora una volta ribollire al ricordo delle rivoltanti osservazioni che poco prima Garrone s'era permesso di fare sul soggetto. E per di più in presenza di due ottimi clienti con i quali le trattative per la tela erano già praticamente concluse. Si voltò all'ingegner Piacenza e signora (ma era lei che contava) con un sorriso di apprensione e di scusa.
Due immagini di episodi raccontati nel libro. Garrone (Claudio Gora) ha appena fatto un versaccio con la lingua fuori ad Anna Carla (Jacqueline Bisset), versaccio che ripete ogni volta che l'incontra (Anna Carla, per questo motivo, riterrà Garrone l'oscentità fatta persona). Garrone a passeggio per le strade di Torino non perde occasione per guardare ogni donna giovane che incontra.
GARRONE AL RISTORO MARIA VITTORIA
Duecentosettanta lire.
Da quando il Ristoro Maria Vittoria-all'angolo della via omonima con Via Bogino-esisteva, non era mai accaduto che l'architetto Garrone lasciasse una mancia così alta. Ma le mille e cinque erano lì, vicino al conto di 1.230, e la sedia era vuota.
-Avrà ereditato,-dicce la cameriera di Altopascio alla sua collega di Colle Val d'Elsa.
-O aveva fretta. Vedrai che quest'altra volta te li richiede.
-O mi chiede qualche altra cosa. Per duecentosettanta lire, è capace.
Dalla cassa all'estremità del bancone la padrona la richiamò con severità
-Non sono discorsi!-disse.
Per quanto economo e saltuario, l'architetto era pur sempre un cliente.
-Oh, e allora quelli che mi fa lui? Sono discorsi?-ribattè piccata Altopascio.
Colle Val d'Elsa ghignò:-Stasera però devi avergli dato spago. Rideva come una scimmia.
-Stasera rideva per fatti suoi. E' stata l'altra volta, invece, che stavo per sbattergli la fruttiera in testa. Aveva preso una banana e voleva sapere se al mio fidanzato...
-Ah!-gridò ridendo Colle Val d'Elsa.-La cosa della banana l'ha detta anche a me.
BOSTON O BAAAST'N?
-Anna Carla, non cambiare le carte in tavola.
-Non cambio niente. Ho ragione io. Mi hai messo in crisi per due giorni, ma adesso sono sicurissima. La pronuncia giusta è Baaast'n, e quindi ho fatto benissimo a dire Baaast'n, e lo dirò ancora ogni volta che si parlerà di Baaast'n, perché è corretto, logico e soprattutto mi viene naturale dire Baaast'n.
-Non far finta di non aver capito. Qualsiasi commesso d'abbigliamento, qualsiasi annunciatore della RAI, sa che si dice Baaast'n, è fiero di saperlo, e lo sfoggia tutte le volte che può. Ma tu.
MASSIMO E LELLO
-Ah, eri tu,-disse Lello aprendo.
Non si baciavano mai, quando lui arrivava o se ne andava. Fin dalle prime volte Lello gli aveva detto di no, che questo faceva troppo marito e meglie; e dato che loro due, per forza di cose, non lo erano, che senso aveva sottostare alla schiavitù di quelle piccole cerimonie? L'indipendenza, la libertà era anche fatta di piccole banalità evitate, di affettuose convenzioni prudentemente respinte. E adesso, nell'anticamera di quello che per Lello era "il mio studio", il contrappeso al grigio ufficio del Comune dove passava le sue giornate ("il mio lavoro"), adesso lui capiva quanto fosse stato saggio. Poteva stare tranquillo: un ragazzo così avrebbe preso bene qualsiasi cosa gli avesse detto.
DAL PARRUCCHIERE
-Ecco,-disse Gianni Tasso. Le diede un ultimo, leggerissimo colpetto ai capelli, poi tirò indietro le mani come da un formicaio.-Grazie,disse piano e senza calore.
Voce, pensò Anna Carla, voce. Poteva ben dirlo più forte, a chi gli pagava il viaggetto a Tahiti.
-E parte presto?-disse alzandosi.
-No,no ci vediamo ancora,-la rassicurò il parrucchiere.
-Ah, allora...
Diradare, pensò, diradare.
Pagò insieme alla signora Tabusso, e non potà evitare di scendere le scale insieme alla signora Tabusso e al suo cane. Una brutta giornata.
-Sono cose dell'altro mondo,-disse subito la signora Tabusso.
Era una di quelle donne che "dicono quello che pensano", cioè in pratica capace di raccontare a chiunque, in qualsiasi posto e a voce altissima, quel genere di cose che una preferirebbe non sapere: dalle varizioni stagionale dei suoi calli, alle abitudini sessuali del suo defunto marito, che appena fatto l'amore, gli veniva una fame tremenda e bisognava preparargli già prima sul tavolino un piatto di prosciutto cotto. Una donna spaventosa, anche da vedere.
PENSIERI DI ANNA CARLA
Non delizioso. Non favoloso. Non adorabile. E nemmeno affascinante. No. Mentre guardava il commissario Santamaria, che adesso stava parlando con Massimo, Anna Carla si rese conto che tutta quella maledetta aggettivazione iperbolica non serviva, con un uomo così, non c'entrava niente, stonava. Delicato, questo sì; perché poco prima, mentre Massimo, camminando su e giù per il terrazzo, le raccontava con effettacci gigioneschi e inutilissime pause alla Hitchcock, tutta la storia del Garrone, della lettera appallottolata, del fallo, della misteriosa bionda col borsone, lui, il Santamaria, era stato impeccabile: né occhiate intensamente scrutatrici (per vedere come lei reagiva) né arie di finta indifferenza (per farle credere che lei non era sospettata). Era rimasto sulla sua sedia di vimini a sentire con pazienza, ecco, con pazienza, le cavatine di Masimo, la traduzione in lingua cretina, diciamolo pure, di un fatto che per lui rappresentava evidentemente solo lavoro, fatica, dovere. Delicato e paziente. Aveva sorriso quando c'era da sorridere (e anche quando non c'era; pieno di tatto, dunque). Aveva chiarito e precisato qua e là; dunque aveva carattere, fermezza, non si lasciava portare a spasso da uno come Massimo, che per portare a spasso la gente... E alla fine le aveva detto una frase stupenda, assolutamente da nodo alla gola. Le aveva detto, allargando un po' le mani:-Ha visto, i casi della vita?
(continua)