L'histoire d'Adèle H. di François Truffaut (1975) Dal diario di Adèle Hugo e dal racconto di France Vernor Guille Sceneggiatura di Jean Gruault, Suzanne Schiffman, François Truffaut Con Isabelle Adjani, Bruce Robinson, Sylvia Marriott, Joseph Blatchley, Ivry Gitlis, Louise Bourdet, Cecil De Sausmarez, Ruben Dorey, Clive Gillingham, Madame Louise Fotografia: Néstor Almendros Musica: Maurice Jaubert (96 minuti) Rating IMDb: 7.4
Solimano
Così
François Truffaut:
"Non so perché faccio un film come questo. Così triste. Ma l'idea fissa ha in sé qualcosa di vertiginoso ed io credo di essere stato preso in questa vertigine.
E' molto ingiusto; tutti conoscono Léopoldine Hugo, morta annegata nel 1843, alla quale il padre aveva dedicato tante poesie, e nessuno conosce Adèle. Facendo questo film ho avuto l'impressione di farle finalmente prendere una rivincita su Léopoldine; sfortunatamente troppo tardi, perché penso che Adèle abbia sofferto terribilmente di essere stata la meno amata."
Da "Tutte le interviste sul cinema" ed. Gremese.
Nel
1863 sbarca ad Halifax, Nuova Scozia, Canada una giovane francese, che va ad alloggiare presso una famiglia adottando un nome falso. In realtà si tratta di
Adèle Hugo (
Isabelle Adjani), la figlia dello scrittore
Victor Hugo, che è fuggita dalla casa paterna. Allora Victor Hugo viveva a Guernesey, un'isola fra la Francia e l'Inghilterra, dove era emigrato dopo il colpo di stato monarchico di "Napoleone il piccolo", come Hugo scrive in un
pamphlet, cioè di Napoleone III. Adèle ha in mano il ritratto dell'uomo di cui è innamorata, l'ufficiale inglese
Albert Pinson (
Bruce Robinson), che è ad Halifax, mentre è in corso la guerra civile americana in cui gli inglesi non intervengono.
Nel 1863 Adèle Hugo aveva trentatrè anni. Nel film appare come ventenne. Truffaut fu criticato perché il film inizia con la seguente didascalia:
"Questa è una storia vera e fa vedere degli avvenimenti veramente accaduti e dei personaggi realmente esistiti". Truffaut rispose che nel film di Herzog appena uscito, Kasper Hauser aveva ben quindici anni di meno. Penso che a Truffaut interessasse la veridicità della storia, ma interessasse soprattutto che la parte la facesse
Isabelle Adjani, allora ventenne, di cui scrisse:
"E' la sola attrice che mi abbia fatto piangere davanti allo schermo della televisione e, per questo, ho voluto girare con lei in modo molto veloce, con urgenza, perché pensavo che avrei potuto, filmandola, rubarle cose preziose come, per esempio, tutto ciò che avviene in un corpo e in un volto in piena trasformazione" .
Adèle fa in modo che siano consegnate a Pinson delle sue lettere, a cui lui non risponde. Finalmente un giorno passa a trovarla, e comprendiamo che cosa è successo. Fra i due c'è stata una storia, non si capisce fino a che punto. Pinson era lusingato dal fatto che la figlia di Victor Hugo fosse innamorata di lui, ma appena ha avvertito che era sgradito alla famiglia ha lasciato perdere. Storia chiusa per lui. Adèle cerca di dirgli che l'ostacolo della famiglia lo potrebbero superare, ma Pinson non è interessato, mentre accetta i soldi che Adèle gli dà per i suoi debiti di gioco. Non è lui a chiederli o a sollecitarli in qualche modo, è Adèle che sa che Pinson ha questi debiti e insiste per dargli dei soldi perché crede sia un modo per tenerlo legato a sé. Un'altra tattica che usa Adèle è di ricordargli che lei ha delle sue lettere in mano, che attestano il rapporto che c'è stato fra loro. Adèle aveva scritto di sé:
"Quella cosa incredibile da farsi per una donna, di camminare sul mare, passare dal vecchio al nuovo mondo per raggiungere il proprio amante, quella cosa, io la farò". Ma dice anche:
"Si può amare qualcuno sapendo che tutto è spregevole in lui".
I contatti con Halifax per Adèle, oltre che con la famiglia che la ospita, che a poco a poco ne scopre la vera identità, sono esclusivamente contatti finalizzati alla sua unica passione, quella di essere sposata da Pinson. Ha bisogno di denaro, quindi per ottenerne scrive al padre che glielo spedisce, sollecitandola a tornare a casa. Quindi Adèle è spesso in banca, presso cui c'è anche l'ufficio per i mandati postali di pagamento e frequenta una libreria, che con i nostri termini sarebbe una
carto-libreria, perché Adèle scrive un diario, oltre a spedire lettere anche a Pinson, che non le legge neppure. Instancabile, cerca sempre di sapere che cosa fa Pinson, le feste in cui va, le case in cui è ricevuto, le donne, il gioco, tutto. Elabora continuamente tattiche per riuscire ad inserirsi nella vita di Pinson.
Adèle si trascura, esce d'inverno senza coprirsi in modo adeguato, sviene sulla neve appena fuori dalla libreria. Ha un inizio pleurico, durante la malattia vengono a sapere chi lei è veramente. Il libraio, credendole di fare cosa gradita, le presenta un pacco-dono contenente i volumi rilegati de "Les Misérables", ma è proprio l'essere figlia di suo padre quello che Adèle non vuole:
"Io denuncio l'impostura dello stato civile e la truffa dell'identità. Io sono nata da padre completamente sconosciuto... e allora io non conosco mia madre...". Adèle si veste addirittura da uomo, per essere presente ad una festa a cui sa che ci sarà Pinson.
Qui c'è l'altro tema, quello personale di Truffaut, che per tutta la sua vita non seppe chi fosse realmente suo padre.
Adèle riesce a tenersi informata di quello che succede a Pinson, specialmente riguardo alle donne. Ha un atteggiamento strano: non le dà fastidio che Pinson abbia altre donne, giunge persino a pagare una prostituta perché vada da lui. Un'altra volta spia la relazione di Pinson con una signora che ha un cagnolino (una citazione da Cechov); ci tiene a saperlo ma non ne è turbata. Ma quando capisce che Pinson ha una rapporto con una ragazza di ottima famiglia e che si parla di matrimonio, Adèle agisce di persona: si presenta alla casa della ragazza, che l'accoglie sicura di sé sull'alto delle scale (evidentemente già prevenuta da Pinson), ma Adèle prevarrà, dicendo che è incinta di Pinson, che non verrà più ricevuto da quella famiglia. Il matrimonio andrà a monte.
E' come un culto religioso, quello di Adèle: in una valigia ha tutto quello che riguarda Pinson, e ne tiene il ritratto fra due candele. Adèle assiste ad uno spettacolo di ipnotismo e vorrebbe pagare l'ipnotista in modo che suggestioni Pinson che così sarebbe forzato a sposarla sotto ipnosi. Ma si accorge che l'ipnotista è un truffatore e lascia perdere. Curiosamente, Victor Hugo ricorreva perfino allo spiritismo per riuscire a trovare una soluzione riguardo al suo rapporto con Adèle. Adèle è ossessionata, ma non ha perso l'intelligenza e riesce ad inventare un matrimonio inesistente con Pinson informandone il padre, che a quel punto è costretto a fare una dichiarazione di annuncio. Naturalmente, non è vero niente: il matrimonio non c'è stato. Il risultato è che Adèle è riuscita ancora a procurare dei guai a Pinson.
Finché, per l'ultima volta, Adèle compare di fronte a Pinson, offrendogli ancora del denaro e gettando il cuscino con cui fingeva di essere incinta. Lui non sa cosa fare, le dice soltanto che è ridicola. Non è così: Adèle sta perdendo completamente la ragione.
Sola in riva al mare Adèle si identifica con la sorella Léopoldine, morta annegata. Adesso Adèle non sta più presso quella famiglia: dorme su un letticciolo in un ricovero, strigendo a sé la valigia con i ricordi ed i diari. Il reparto di Pinson viene trasferito alle isole Barbados e tutto dovrebbe chiudersi qui.
E invece no. Il film mostra una giovane donna con le vesti stracciate che si aggira in una piazza tropicale. Attorno ci sono ragazzini neri incuriositi e sfottenti. La ragazza sviene e di lei ha pietà una donna nera,
Madame Baa (
Madame Louise), che comincia ad assisterla.
Adèle cammina da sola per le strade, non più nella piazza. Cammina in fretta, come se dovesse andare in un posto preciso per incontrare una precisa persona. Non è così.
Un ufficiale degli ussari la vede e comincia a seguirla: è Pinson, che non l'incontra da tempo e che ha pietà di lei. Pinson la sorpassa per guardarla in faccia e la chiama per nome:
"Adèle!". Ma la ragazza non lo guarda e non lo sente neppure, continua a camminare.Il suo mondo è ormai del tutto estraneo al mondo reale.
Adèle tornerà in Francia grazie all'assistenza della donna nera che si mette in contatto con Victor Hugo, e sarà ricoverata in una casa in cui si occuperà per decenni di giardinaggio e di musica. Morirà il
21 aprile 1915 ad 85 anni e nessuno ne parlerà. Suo padre Victor Hugo era morto il
22 maggio 1885, e la sua salma fu esposta per una notte sotto l'Arco di Trionfo. Tre milioni di persone vennero a rendergli omaggio e i cronisti riportano che in quella notte le prostitute di Parigi lavorarono gratuitamente.
Isabelle Yasmine Adjani nasce a Parigi il 27 giugno 1955, da padre cabilo e madre tedesca. A quattordici anni ha il suo primo ruolo nel cinema. E' un film per bambini: "Le petite bougnat". Ma è il teatro che la fa conoscere nel 1973, per la porta principale della
Comédie-Française: il ruolo di Agnès in "L'École des Femmes" di Molière. In due anni, due film diversissimi: "La gifle" (1974) di Claude Pinoteau, che le dà il successo
popolare e "L'istoire d'Adèle H." di François Truffaut che le dà il successo
intellettuale. Ha vinto quattro volte il César per la migliore interpretazione femminile:
1982 Possession di Andrzej Zulawski
1984 L'été meurtrier di Jacques Becker
1989 Camille Claudel di Bruno Nuytten
1994 La reine Margot di Patrice Chéreau
Nel 1996 si è trasferita in Svizzera, a Ginevra. Al suo arrivo ha dichiarato: "
Quando si ha la possibilità di offrire ai propri figli una qualità di vita migliore, non si deve esitare". Ha due figli.
Appoggia i berberi nelle lotte per il riconoscimento della loro lingua e della loro cultura.
Mi soffermo su quello che hanno detto e scritto François Truffaut ed Isabelle Adjani durante la realizzazione del film "Adele H" (
da "Il piacere degli occhi", Marsilio editore):
Non conosco Isabelle Adjani.
Durante le riprese, la guardo recitare, l'aiuto come posso, dicendole trenta parole quando ne vorrebbe cento o dicendogliene cinquanta quando gliene occorrerebbe una sola, perché, nel nostro bizzarro sodalizio, è tutta questione di vocabolario.
(Truffaut)
Quando mi consegnò la sceneggiatura, Truffaut non mi diede spiegazioni. Compresi che aveva voglia di giocare con me per guardarmi attraverso la macchina da presa.
(Adjani)
Non conosco Isabelle Adjani, eppure, la sera, i miei occhi e le mie orecchie sono stanchi per averla guardata e ascoltata troppo intensamente tutta la giornata.
(Truffaut)
Con Truffaut bisogna parlare di direzione della cinepresa, piuttosto che di attori. Non si mette mai al loro posto: li guarda come un uomo guarda una donna.
(Adjani)
Conoscerò Isabelle Adjani tra qualche settimana, quando ci lasceremo, cioè quando le riprese saranno terminate. Lei andrà per la sua strada, non so dove, e tutti i giorni io la riguarderò sul tavolo di montaggio, in tutti i modi ed a tutte le velocità. Allora non mi sfuggirà più niente e comprenderò tutto a scoppio ritardato.
Talvolta dico a Isabelle Adjani: "La nostra vita è un muro, ogni film è una pietra".
Lei mi dà sempre la stessa risposta: "Non è vero, ogni film è un muro".
(Truffaut)
I film di cui inserisco le immagini sono in ordine cronologico.
"La gifle" (1974) di Claude Pinoteau "Le locataire" (1976) di Roman Polanski "Violette & François" (1977) di Jacques Ruffio "Nosferatu: Der Phantom der Nacht" (1979) di Werner Herzog "Clara et les Chic Types" (1981) di Jacques Monnet "Possession" (1981) di Andrzej Zulawski "Mortelle randonnée" (1983) di Claude Miller "L'été meurtrier" (1983) di Jacques Becker "Subway" (1985) di Luc Besson "Ishtar" (1987) di Elaine May "Camille Claudel" (1988) di Bruno Nuytten "La reine Margot" (1994) di Patrick Chéreau "Diabolique" (1996) di Jeremiah S. Chechik "La repentie" (2002) di Laetitia Masson "Adolphe" (2002) di Benoît Jacquot