domenica 2 dicembre 2007

Umberto Eco al cinema (6)

Giuliano
Prima dell'invenzione delle videocassette e del videoregistratore, non era possibile prendere appunti al cinema. In sala c'era buio e scrivere era quindi complicato; molte cose non si capivano e non si potevano rivedere; e se ti piaceva una battuta e volevi raccontarla a qualcuno dovevi confidare soltanto sulla tua memoria. Per chi ha meno di vent'anni, dvd e vhs sono oggetti più che normali, ma non è sempre stato così; e su questo piccolo "shock culturale" si è soffermato in varie occasioni Umberto Eco.
L'articolo che segue è del 1992. Oggi abbiamo i dvd e siamo messi ancora meglio; ma per il resto c'è poco da aggiungere a quello che dice il Professore. (So che quasi tutte le "Bustine" di Umberto Eco sono state pubblicate in libro, ma non saprei dire in quale libro preciso si può trovare questa. Io ho conservato il foglio dove era stata stampata, spero che non sia reato...)

Umberto Eco
Per favore, legga meglio quel film
L'espresso 16 febbraio 1992
L’altro giorno uno studente mi chiedeva una bibliografia su analisi precise di vari film. Dopo averlo rinviato a un collega più competente, ho avanzato un sospetto: che da qualche anno è successo qualcosa che ha reso obsoleta una percentuale altissima delle analisi fatte sinora, e che sta iniziando un'era nuova.
Ricordavo una conversazione con Alain Cohen. Se noi vogliamo sapere che cosa la gente ha trovato nella Divina Commedia, leggiamo anche De Sanctis o un commentatore tardo-medievale, i quali (al di là delle diverse prospettive culturali) avevano avuto la nostra stessa opportunità di leggere e rileggere, magari per una settimana di seguito, la stessa terzina.
Gli studiosi di cinema invece (non affronto il caso del teatro, che ha problemi in parte simili e in parte diversi) quasi sempre sono stati costretti a parlare di un "testo" che avevano visto una volta sola, o poche volte, o addirittura (e il caso di certi pionieri della storia del cinema) lo menzionavano per dovere di completezza ma solo per sentito dire. Anche quando lo studioso disponeva di una copia e di una moviola, poteva passare alcune ore su un film, e prendere appunti, e poi a casa scriveva consultando al massimo la sceneggiatura. Ma anche se lo studioso aveva un'ampia cineteca personale, rimaneva un divario drammatico tra lui e i suoi lettori: questi ultimi non potevano avere sott'occhio, mentre leggevano, i testi di cui lo studioso parlava (mentre io posso leggere che cosa De Sanctis diceva di Dante tenendo il testo di Dante a fianco, e controllando le affermazioni del critico passo per passo).
Oggi, con l'apparizione del videoregistratore e delle videocassette, lo studioso scrive di qualcosa che può controllare a casa propria minuto per minuto, il lettore può avere sotto gli occhi il testo che lo studioso ha analizzato, ed entrambi possono percorrere (a ritmo di pulsante) il testo avanti e indietro, fermarsi più e più volte su una sequenza o su una inquadratura. Questo cambia radicalmente il modo di leggere il testo filmico, certamente più di quanto l'invenzione della stampa (mettendo a disposizione di tutti testi facilmente leggibili che ciascuno poteva possedere a un prezzo accessibile) ha cambiato radicalmente il modo di leggere la Bibbia. Ed ecco come una nuova invenzione potrà mutare radicalmente teoria e critica cinematografica, permettendo scoperte, raffronti, analisi minute, e permettendole a una quantità mille e mille volte più estesa di persone intenzionate a un “close reading" del film.

Di queste mutazioni disciplinari in corso ve ne sono molte. Per esempio, bibliofili e bibliografi conoscono autori di cataloghi "storici" come Brunet o Graesse, che c'impressionano per il fatto che hanno descritto una quantità astronomica di libri introvabili. Però oggi ci si accorge che questi signori si son resi colpevoli di molti errori e incertezze. Essi dei libri descritti ne avevano visti solo una parte, altri li avevano visti una volta sola prendendo appunti su una schedina, di quasi tutti avevano visto solo una o due copie. Ed ecco nascere classici interrogativi, se il libro tale apparisse comunemente fornito della tale appendice, se avesse undici o dodici tavole, se la mitica prima edizione fosse in corsivo o in tondo, e così via. Immaginatevi poi un signore che in trent’anni aveva schedato in condizioni difficili, a matita, centinaia di migliaia di libri, nel momento in cui doveva stendere tutto in bella copia, e poi correggere le bozze di migliaia e migliaia di pagine piene di cifre, abbreviazioni, parole straniere... Come si può pretendere che il risultato fosse sempre esatto?
Invece oggi:
1.ogni schedatura anche manuale viene immediatamente trasferita sul computer, e alla fine si ha già il prodotto pronto per la stampa definitiva;
2. con lo stesso criterio sono fatti centinaia di lussuosi cataloghi antiquariali, corredati di riproduzioni fotografiche di frontespizi, tavole e pagine, così che si possono confrontare descrizioni precise di varie copie ed edizioni;
3. ci si mette in comunicazione col catalogo delle più celebri biblioteche del mondo e si trasferiscono sul proprio computer altre descrizioni di altre copie. In breve, non sono più permesse le inesattezze, le descrizioni diventano sempre più precise e cambia l'intero "stato dell'arte".
Come per il cinema, controllo ed esattezza diventano diritto e dovere di tutti gli interessati, e non solo di pochi studiosi privilegiati. E, come avviene nella storia di tutte le scienze, quando su un certo problema invece che tre persone se ne applicano trecento o tremila, si accrescono le possibilità di nuove scoperte.

Post Scriptum di Solimano
Ciò di cui scriveva Umberto Eco quindici anni fa si è realizzato nei fatti e le conseguenze, come comprensione e approfondimento dei film, sono ogni giorno più notevoli.
Normalmente, quando si cercano in rete le immagini di un film, c'è una gaussiana molto stretta, nel senso che c'è una ridondanza notevole di poche immagini (in genere da tre a cinque), che si trovano in tanti siti o blog. A queste immagini è in genere affidato il nostro ricordo visivo del film. Ma negli ultimi tempi la reperibilità di immagini (meglio: di fermo-immagini) si è ampliata, e un solo fermo-immagine può darci informazioni più vere sul contenuto del film e sul modo con cui il regista lo ha espresso.
Ho preso un film noto a molti: "C'eravamo tanto amati" (1974) di Ettore Scola ed ho messo qui cinque immagini non consuete, che certamente non appartengono alla gaussiana stretta.
La prima e l'ultima esprimono il passaggio degli anni fra la prima e la seconda parte del film: stessa piazza, stesso madonnaro, ma si passa dal bianco e nero al colore.
La seconda immagine è apparentemente nota: Luciana (Stefania Sandrelli) che assume una postura da attrice di teatro ed Antonio (Nino Manfredi) che cerca di fare la stessa cosa. Solo che Scola aggiunge un'altra idea, di tipo ironico: nella vetrina del negozio, due manichini sembrano i modelli a cui si ispirano Luciana ed Antonio.
La terza immagine racchiude in sé la storia di Nicola (Stefano Satta Flores): ha appena litigato con i maggiorenti di Nocera Inferiore riguardo il giudizio su Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, ed è amareggiato ma cocciuto, la moglie è preoccupatissima perché Nicola sta mettendo a repentaglio l'avvenire della famiglia, il bambino durante il film dormiva, le grida lo hanno svegliato e piange.
La quarta immagine definisce il rapporto fra Gianni (Vittorio Gassman) e la moglie Elide (Giovanna Ralli) nel talamo coniugale: lei non legge più I Tre Moschettieri, è passata a Furore di Steinbeck, lui le fa una carezza sotto il mento, lei gli chiede speranzosa se deve togliersi la macchinetta per i denti, e lui -gentile ma diretto- le risponde di tenerla.
Tutto questo significa, per chi scrive sui film, un maggiore impegno, perché non ci si può più impunemente rifugiare nelle genericità, ma anche maggiori opportunità, perché la comprensione può essere più profonda. C'è una singolarità: può darsi che il fermo-immagine giusto fornisca più informazioni utili di un You Tube che contenga dieci minuti del film. Molte delle indagini fatte quando non c'erano possibilità del genere mostrano e sempre più mostreranno la corda: non è un giudizio di valore, è che nelle condizioni al contorno si è verificato non un miglioramento graduale, ma un salto di qualità tecnologico. Non finirà certo qui.

4 commenti:

  1. Post illuminante con post scriptum che non è da meno. Buona domenica.

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  2. Una cosa triste, che va sottolineata, è che l’editoria nel cinema non è all’altezza di quella dei libri. La settimana scorsa sono entrato in una libreria e ne sono uscito con testi piuttosto rari di Goethe e di Gozzano, in edizione economica e con ottimi commenti (perché i commenti, se sono ben fatti, servono: eccome se servono!). Invece non ho trovato, e non trovo da decenni, film come quelli di René Clair (La bellezza del diavolo, sempre da Goethe) o come “Stormy weather” (magnifico film sul mondo del jazz, introvabile), eccetera.
    Ci sono delle eccezioni, e quando le ho trovate non ho mancato di segnalarle (i cd della Ripley’s Home Video, curati da Giovanni Spagnoletti, e quelli della Dolmen Home Video, sono magnifici); ma nel complesso l’editoria relativa ai film è gestita da ignoranti e da dilettanti. Per meglio dire: è gestita dai venditori.
    Se il vecchio Arnoldo Mondadori e il vecchio Rizzoli avessero affidato gli Oscar e la BUR a persone come queste che hanno in mano i dvd, saremmo messi davvero male: meglio non pensarci...
    Meglio non pensarci, anche perché questo è il futuro che ci attende: internet potrebbe salvarci, ma oggi vale solo la regola di “lo scarico da internet”. Quindi dimenticatevi i bei libri, i dischi con il libretto accluso, eccetera. Da domani, se vorrete leggere un bel libro di qualche anno fa, ve lo dovrete stampare da soli – perché così si fa, nell’era dell’mp3. (e se non lo capite siete dei dinosauri, o magari dei cavernicoli dell’età della pietra)

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  3. Annarita, è sempre un piacere vederti qui fra noi, come per noi venire nel tuo blog.
    Giuliano, il problema non è nel mestiere del venditore, che è difficile e utile anche al cliente perché l'affare veramente buono è quello che si fa in due. Arnoldo Mondadori e Angelo Rizzoli erano due venditori nati e grandi, proprio per questo seppero lasciare lo spazio ai competenti, per la prima BUR e per la BMM. Un venditore intelligente si copre le spalle, sapendo che qualcuno dovrà mantenere le promesse che lui fa al cliente. Il punto, ormai da diversi anni, è che si spacciano per venditori, ma non hanno mai visto in faccia un cliente, un cliente-persona. E si riempiono la bocca col Customer Care, la Customer Satisfaction, l'ISO 9000, non rispettando le competenze.
    Il paradosso fu che, proprio perché Mondadori, Rizzoli e Fabbri erano ignoranti che però sapevano di non sapere (e quindi cercavano chi sapesse), la BUR, la BMM ed I Maestri del Colore (allora spregiatissimi dai saccenti) fecero di più per l'acculturazione di quello che fece Giulio Einaudi, che lasciava solo lo spazio a certuni, volendo entrare in tutte le scelte. Alla Einaudi se ne resero conto troppo tardi, quando ormai i giochi erano fatti. E' inispensabile fare le cose non solo per le migliaia, ma anche per le decine o centinaia di migliaia.
    In certi paesi, prima esce l'edizione economica, poi quella più costosa, ed è una idea più furba e anche più rispettosa.

    grazie e saludos
    Solimano

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  4. Beh, è chiaro che non volevo insultare i venditori (e i pubblicitari) come categoria; però sarebbe bene che ognuno facesse la sua parte.
    E' più che possibile che ci siano venditori molto competenti di Proust, ma da qui ad affidargli un Meridiano ce ne corre. E invece è quello che è successo al cinema, e ai palinsesti tv.
    Con in più un'aggravante, venuta a comandare nell'ultimo quarto di secolo: ha valore solo ciò che vende.
    I soldi sono una bella cosa, ma quando li si mette al primo posto nella scala dei valori vengono sempre fuori i pasticci (e i guai) più grandi

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