Solimano
Non è poi del tutto vero che io non abbia fatto il Sessantotto. Non l’ho fatto a livello politico semplicemente perché lavoravo dieci ore al giorno ed avevo il mio daffare anche in casa. Non so quindi dire quasi nulla di Lotta Continua, del Manifesto, di Democrazia Proletaria, certamente ho risentito dell’andazzo giusto o sbagliato di allora sul piano dell’allontanamento dalla pratica religiosa e dell'essere più aperto ai discorsi di sinistra, anche se continuavo ad essere avverso al Partito Comunista, sull’onda del ’56, in cui ancora da ragazzo sfilai contro l’invasione dell’Ungheria. Vedendo la deplorevole fine odierna di molti dei rivoluzionari di allora, non credo di aver perso molto. Ma un mio Sessantotto ci fu, e riguardò il cinema, la musica, anche la lettura, moltissimo i fumetti, quelli di Linus. Il film “Yellow submarine” è un simbolo di quello che mi accadde: oltre alla musica classica ed ad un po’ di jazz, mi accorsi che esisteva altra musica, che anche nei testi esprimeva un mondo assai diverso da quello in cui ero cresciuto. Sono certo che molti della mia generazione, accorgendosi che scrivo di questo film, diranno “Ah sì, i Beatles!” Compaiono, i favolosi quattro - o meglio, le loro mirabili sagome - nel film che è di animazione: soccorrono sul sottomarino giallo l’unico marinaio che si è sottratto all’attacco a Pepelandia dei Biechi Blu, che, in spregio a ciò che è bello e profumato, pietrificano popoli e natura. Però come i vampiri rifuggono dall’aglio, contro i Biechi Blu è la musica l’arma assoluta, e le canzoni dei Beatles li piegano, quasi li annichiliscono, infine li convertono, fra tante avventure e personaggi strani, tutti uniti da una aspirazione psichedelica ad una fratellanza in cui la musica e l’amore diventino costume e legge comune. Una vivace Arcadia, una liberazione piena di spirito. Condita da disegni di bellezza inenarrabile, che non ero ancora pronto a degustare come avrei dovuto, c’era di mezzo l’influenza di artisti che solo in seguito avrei veramente apprezzato: Beardsley (e l’Art Nouveau), Dalì, Rauschenberg e le varie correnti allora à la page, che univano levità a libertà. La mia cultura grafica era quella di Linus, molto pregevole, però con qualche residuo disneyano: il da me amatissimo Pogo di Walt Kelly era modernissimo come visione di vita, ma il disegno mostrava l’origine dalla grande scuola di Walt Disney. Il Sessantotto dei Figli dei Fiori era anche ingenuo ed innocuo, a parte la fumisteria che allora sembrava il massimo dell’eversione, per chi non partecipava ai cortei dell’altro Sessantotto.
Le novità di costume, specie nel rapporto fra i sessi, derivavano più dall’Inghilterra che dalla Francia, specializzata nel Sessantotto rompiglione, ma nel cinema, dopo il grande e breve fulgore degli inglesi, erano i francesi e gli americani a dettar legge, provocando tanti fenomeni inaspettati: l’apprezzamento di Giovanni Sebastiano Bach cominciò allora, diversi film utilizzarono le sue musiche, prima considerate adatte a parrucconi bigotti. Una informazione non nota a tutti: due artisti come Pier Paolo Pasolini ed Ermanno Olmi utilizzarono le musiche di Bach nelle colonne sonore de L’Albero degli Zoccoli e di Accattone. “Yellow submarine” fu amato ed apprezzato, però forse meno di quello che sarebbe stato giusto: chi ebbe l’idea così semplice e geniale di usare i Beatles come arma gentile e risolutiva va ringraziato ancora oggi, in tempi in cui di armi gentili non se ne vedono per niente.
Le novità di costume, specie nel rapporto fra i sessi, derivavano più dall’Inghilterra che dalla Francia, specializzata nel Sessantotto rompiglione, ma nel cinema, dopo il grande e breve fulgore degli inglesi, erano i francesi e gli americani a dettar legge, provocando tanti fenomeni inaspettati: l’apprezzamento di Giovanni Sebastiano Bach cominciò allora, diversi film utilizzarono le sue musiche, prima considerate adatte a parrucconi bigotti. Una informazione non nota a tutti: due artisti come Pier Paolo Pasolini ed Ermanno Olmi utilizzarono le musiche di Bach nelle colonne sonore de L’Albero degli Zoccoli e di Accattone. “Yellow submarine” fu amato ed apprezzato, però forse meno di quello che sarebbe stato giusto: chi ebbe l’idea così semplice e geniale di usare i Beatles come arma gentile e risolutiva va ringraziato ancora oggi, in tempi in cui di armi gentili non se ne vedono per niente.
E' un capolavoro, prima di tutto per i disegni ma anche per tutto il resto. Peccato per il doppiaggio italiano, che è un po' troppo petulante; ma non conosco l'originale e non so dire se è migliore. Mi dispiace di non sapere nient'altro di Dunning...
RispondiEliminaHai visto che fra gli sceneggiatori ci sono anche dei grossi nomi. Fu una lodevole impresa, questi film non andrebbero doppiati, ci vorrebbero i sottotitoli, come hanno fatto per Nashville. Scommetto che nessuno ci aveva pensato, a "Yellow submarine". Eppure il cinema è stato anche questo.
RispondiEliminasaludos
Solimano