Manuela
Tanto si è parlato di Casablanca, di cui ho visto solo alcune scene, sempre quelle, e in cui non ho mai capito la vera ragione per cui la Bergman non possa mollare il marito e stare con Bogart, che non posso fare a meno di parlare di Woody Allen, in quanto massimo esperto di Casablanca e, in particolare, del suo protagonista. E’ Woody-Sam a rappresentare il meglio di Bogart, allorché ne sa tratteggiare il mito che questi ha rappresentato per generazioni di uomini, che avrebbero voluto possederne il carisma e l’abilità a trattare con le donne: lui si, che sapeva prenderle e lasciarle, aveva le parole giuste e i gesti perfetti. Sam, il nevrotico che non riesce a combinarne una con le donne, l’imbranato senza speranza, cerca aiuto nel mito del cinema – riecheggiando qui “La rosa purpurea del Cairo”, con cui questo film condivide l’ironica leggerezza e la impietosa cattiveria nel tratteggiare i personaggi. Sam scoprirà poi che si piace rivelandosi per quel che si è, se si ha la fortuna di incontrare la persona con cui condividere parole, pensieri e nevrosi. Sam scopre che può suscitare amore e quindi impara ad amare; e a trovare le parole giuste, anche per lasciare la donna che ama. Il finale, geniale, è un vero addio, e solo dopo – quando Bogart approva – ci accorgiamo che è un remake dell’addio di Casablanca, quasi con le stesse parole; ma che qui acquistano un altro spessore, uno spessore di vita vissuta, non di esotica avventura. A questo punto Sam piace anche a noi per quel che è, e di Bogart non c’è più nessun bisogno. E infatti sparisce, soppiantato da un uomo più vero, certo più pasticcione ma sicuramente più intelligente: dote che, anche in un uomo, non guasta.
A parte la tenera simpatia dell’imbranato Sam, Allen tratteggia caratteri con la sua solita sferzante ironia. Pensate al marito di lei, un uomo in carriera che – in un’epoca in cui non esistevano i cellulari – telefona continuamente in ufficio per far sapere al socio dove chiamarlo in caso di necessità….
Una nota. Il film è sicuramente di Woody Allen, ma non è lui a firmarne la regia. Suo è il lavoro teatrale da cui è tratto, sue sono le battute, ma il regista è Herbert Ross, che credette da subito nel genio di Woody Allen e accettò di dirigere questo film.
A parte la tenera simpatia dell’imbranato Sam, Allen tratteggia caratteri con la sua solita sferzante ironia. Pensate al marito di lei, un uomo in carriera che – in un’epoca in cui non esistevano i cellulari – telefona continuamente in ufficio per far sapere al socio dove chiamarlo in caso di necessità….
Una nota. Il film è sicuramente di Woody Allen, ma non è lui a firmarne la regia. Suo è il lavoro teatrale da cui è tratto, sue sono le battute, ma il regista è Herbert Ross, che credette da subito nel genio di Woody Allen e accettò di dirigere questo film.
Manuela, a te lo posso dire: io non amo Woody Allen, io lo uso. Guarda qui, dove lo trovi uno - che ha pure l'aria sfigata - che in una sera ti presenta due sue amiche che si chiamano Diane Keaton e Susan Anspach? Te lo tieni stretto come amico, prima o poi ti presenterà qualcun'altra così. Oggi lo posso dire, la relazione con le due signore summenzionate proseguì per alcuni anni, lo so che avete in mente la prima, ma la seconda non scherzava: me la trovai di fronte una sera in un film che... ma il film non lo dico, sennò qualcuno me lo frega. Non ci si può fidare qui, competition is competition.
RispondiEliminasaludos
Solimano
Ciao, complimenti per il blog, è molto bello...bella anche la rece su Provaci ancora Sam, un film che personalmente ho molto gradito...
RispondiEliminaFilippo (Cinedelia)
http://www.cinedelia.blogspot.com/
Grazie Filippo, più siamo a parlare di cinema, meglio è.
RispondiEliminaVerrò a trovarti volentieri sul tuo blog.
saludos
Solimano
woody allen. c'è altro da aggiungere?
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