Giuliano
Dice, scandendo bene le parole: «Quando si parla di “Mani sulla città” se ne parla per la speculazione edilizia. Ma è riduttivo. Come quando definiscono il mio "cinema politico". Riduttivo. Quel film, stia bene attento, è la storia di come viene cambiata a un terreno la destinazione assegnata dal piano regolatore. E’ la storia di come un imprenditore delle costruzioni, realizzando un illimitato conflitto di interessi, riesce a diventare assessore all'urbanistica da consigliere comunale che era, per potersi servire di quel potere a vantaggio delle proprie imprese. Da qui parte il riconoscimento di qualcosa che era valido ieri, 1963, come è valido oggi. Rendere legale attraverso il potere politico corrotto ciò che è illegale. Non so se mi sono spiegato». (Francesco Rosi, intervista di Paolo D'Agostini, Repubblica 18 febbraio 2007 )
Se qualcuno si chiede come mai a me non piacciono i film dell’orrore (qualcuno sì, ma non tutti), la risposta può essere nelle prime sequenze di “Le mani sulla città”, l’inizio e i titoli di testa. Qui siamo all’orrore più completo, la speculazione edilizia è mostrata nel suo orrore più pieno e colossale, peggio di così è difficile immaginare. E’ Napoli, quarantacinque anni fa: le immagini riprese dall’elicottero, in panoramica, valgono da sole più di qualsiasi discorso. Il disastro era già compiuto, mancavano solo le Vele di Scampia a completare l’opera. Ma Napoli vale qualsiasi altra città d’Italia, il disastro della cementificazione ha colpito le coste della Liguria come la Valle dei Templi e la pianura padana, e ormai è tardi per rimediare, ammesso che qualcuno ne abbia davvero voglia. Ed è un momento tragico, di tragica verità, quando il consigliere comunale di sinistra incontra i disgraziati che stanno per essere sfrattati: « Li avete votati voi », dice – ed è andata proprio così. “Loro” comandano perché sono stati votati. E l’ultima riflessione che mi sento di fare è la più amara: con le leggi che abbiamo oggi, per il “cattivo” del film sarebbe tutto più facile. Non avrebbe bisogno di brigare tanto, potrebbe fare una lista civica col suo nome e farsi eleggere sindaco direttamente dai cittadini; e magari non solo sindaco, come abbiamo visto.
PS: L’inverno scorso, pochi mesi fa, Napoli era descritta come l’inferno in terra e si discuteva se era il caso di mandarvi l’Esercito perché la situazione era drammaticissima, fuori controllo. Adesso non solo non se ne parla più, ma abbiamo anche scoperto che, proprio a Napoli, per tre anni ci sono stati magistrati e carabinieri che hanno passato le loro giornate ascoltando, registrando e catalogando le conversazioni telefoniche degli arbitri di calcio. Sono contento per loro, e per le loro famiglie che hanno avuto i loro cari meno esposti al pericolo in quel periodo: ma questa mi pare l’ennesima barzelletta all’italiana (chiedo scusa per la banalità, ma non saprei cos’altro dire – spero che almeno ci sia la camorra o il riciclaggio di soldi sporchi, dietro alle partite truccate, altrimenti sarebbe proprio il caso di mettersi a piangere...).
Dice, scandendo bene le parole: «Quando si parla di “Mani sulla città” se ne parla per la speculazione edilizia. Ma è riduttivo. Come quando definiscono il mio "cinema politico". Riduttivo. Quel film, stia bene attento, è la storia di come viene cambiata a un terreno la destinazione assegnata dal piano regolatore. E’ la storia di come un imprenditore delle costruzioni, realizzando un illimitato conflitto di interessi, riesce a diventare assessore all'urbanistica da consigliere comunale che era, per potersi servire di quel potere a vantaggio delle proprie imprese. Da qui parte il riconoscimento di qualcosa che era valido ieri, 1963, come è valido oggi. Rendere legale attraverso il potere politico corrotto ciò che è illegale. Non so se mi sono spiegato». (Francesco Rosi, intervista di Paolo D'Agostini, Repubblica 18 febbraio 2007 )
Se qualcuno si chiede come mai a me non piacciono i film dell’orrore (qualcuno sì, ma non tutti), la risposta può essere nelle prime sequenze di “Le mani sulla città”, l’inizio e i titoli di testa. Qui siamo all’orrore più completo, la speculazione edilizia è mostrata nel suo orrore più pieno e colossale, peggio di così è difficile immaginare. E’ Napoli, quarantacinque anni fa: le immagini riprese dall’elicottero, in panoramica, valgono da sole più di qualsiasi discorso. Il disastro era già compiuto, mancavano solo le Vele di Scampia a completare l’opera. Ma Napoli vale qualsiasi altra città d’Italia, il disastro della cementificazione ha colpito le coste della Liguria come la Valle dei Templi e la pianura padana, e ormai è tardi per rimediare, ammesso che qualcuno ne abbia davvero voglia. Ed è un momento tragico, di tragica verità, quando il consigliere comunale di sinistra incontra i disgraziati che stanno per essere sfrattati: « Li avete votati voi », dice – ed è andata proprio così. “Loro” comandano perché sono stati votati. E l’ultima riflessione che mi sento di fare è la più amara: con le leggi che abbiamo oggi, per il “cattivo” del film sarebbe tutto più facile. Non avrebbe bisogno di brigare tanto, potrebbe fare una lista civica col suo nome e farsi eleggere sindaco direttamente dai cittadini; e magari non solo sindaco, come abbiamo visto.
PS: L’inverno scorso, pochi mesi fa, Napoli era descritta come l’inferno in terra e si discuteva se era il caso di mandarvi l’Esercito perché la situazione era drammaticissima, fuori controllo. Adesso non solo non se ne parla più, ma abbiamo anche scoperto che, proprio a Napoli, per tre anni ci sono stati magistrati e carabinieri che hanno passato le loro giornate ascoltando, registrando e catalogando le conversazioni telefoniche degli arbitri di calcio. Sono contento per loro, e per le loro famiglie che hanno avuto i loro cari meno esposti al pericolo in quel periodo: ma questa mi pare l’ennesima barzelletta all’italiana (chiedo scusa per la banalità, ma non saprei cos’altro dire – spero che almeno ci sia la camorra o il riciclaggio di soldi sporchi, dietro alle partite truccate, altrimenti sarebbe proprio il caso di mettersi a piangere...).
Giuliano, hai dimenticato di scrivere che Napoli è amministrata dal 1975 dal centro-sinistra, della prima repubblica e dlla seconda, con l'elezione diretta del Sindaco.Eppure li abbiamo votati noi i politici del Rinascimento partenopeo trasformatosi ben presto in oscurantismo infernale, appena illuminato dalla luce dei roghi di spazzatura che occupano il territorio residuo della speculazione edilizia, in centro come in periferia. Il nuovo titolo che propongo è "monnezza sulla città"
RispondiEliminaNelle interviste, Francesco Rosi specifica quasi sempre: "parlo di Napoli perché sono napoletano". In quella che cito, il riferimento è chiarissimo.
RispondiEliminaNon sono mai stato a Napoli, ma posso dire che per me l'uninominale (parlo del 1994 e seguenti) è stato un vero shock. Ho finalmente capito che, dovendo scegliere tra uno che è sicuramente un ladro o un arruffone, e uno che forse lo è ma non ne siamo sicuri, gli italiani (e soprattutto i lombardi) scelgono chiaro e forte, scelgono i Borghezio e i Bossi e le Mussolini e i Prosperini.
Ma qui mi fermo, anche perché questo è un sito di cinema e io di cinema stavo parlando - magari il discorso lo si può proseguire altrove.
A proposito, Francesco Rosi da bambino vinse un concorso come "bambino più somigliante al Monello di Chaplin". Se qualcuno non ci crede, ho conservato le foto...
La situazione che Francesco Rosi descrive in questo film è quella che aveva sotto gli occhi nel 1963, ed è per questo che il consiglio comunale è descritto in destra, centro, sinistra. Ma “Le mani sulla città” andrebbe sempre visto avendo ben presente Frank Capra e il suo “Mr. Smith va a Washington”: personalmente trovo stucchevole discutere di ideologie e di tesi d’economia (destra, sinistra, centro, cattolici, laici...) quando il vero problema è la corruzione.
RispondiEliminaNel film di Capra, James Stewart rimane angosciato nello scoprire che l’uomo che per lui rappresentava un modello è in realtà un corrotto e un corruttore. Nel film di Rosi, oltre al consigliere comunale della Sinistra c’è un altro assessore che si ribella allo strapotere del “cattivo” Nottola (Rod Steiger): è cattolico fervente, primario in un ospedale dove assiste con grande cura anche i diseredati, e ha una carica morale molto forte. Ma quando viene a sapere che il suo capo partito (un grandissimo Salvo Randone) ha messo in lista proprio Nottola, strappandolo alla destra, prima dà le dimissioni, poi si fa convincere. Si farà convincere di tutto, man mano che avanza il film; e alla fine lo vediamo alla posa della prima pietra di una chiesa, o di un ospedale, proprio sull’area di Nottola, accanto a un cardinale. Rosi non lo dice, perché non vuole angosciarci del tutto, ma è chiaro che non sarebbe disposto a mettere la mano sul fuoco neppure sull’agguerrito consigliere di sinistra: ed è così che è andata spesso, perché là dove ci sono i soldi c’è la corruzione. Là dove c’è il potere c’è la corruzione: è il soggetto dell’Anello del Nibelungo di Wagner, ripreso poi da Tolkien nel “Signore degli anelli” : nessuno di noi ne è immune, né per battesimo cristiano né per credo politico - ma è un argomento vasto, meglio fermarsi qui.
Il vero problema, per noi Spettatori, è che Francesco Rosi ha passato gli ottant’anni; e nessuno ne ha preso il posto. C’è chi ci ha provato (Amelio, Moretti, Mazzacurati, Placido con “Un eroe borghese”), ma un altro “Le mani sulla città” non c’è stato...
Trascrivo il dialogo fra il consigliere cattolico Balsamo (Angelo D’Alessandro) e il futuro sindaco di centro De Angelis (Salvo Randone, segretario del suo partito). Il colloquio si svolge nella villa di De Angelis, tra opere d’arte e scaffali pieni di libri preziosi – perché De Angelis è un uomo di grande cultura e di ottima educazione. Con i voti che porta Nottola (Rod Steiger), transfuga dalla destra, il partito di centro potrà vincere le elezioni; ma a Balsamo ripugna l’idea di sedere in consiglio comunale accanto al palazzinaro corrotto. (La sceneggiatura è di Raffaele La Capria e dello stesso Rosi).
RispondiEliminaDe Angelis: La questione non si pone in termini morali. La esamini dal punto di vista politico, perché bene o male Nottola e i suoi compagni sono ancora una forza, ed è indispensabile portarli dalla nostra parte.
Balsamo: Indispensabile a chi?
D: Ma per farci prendere la maggioranza, no?
B: Va bene, prenderemo la maggioranza. Ma in questo caso ci ritroveremo tutti nello stesso calderone e non potremo più alzare un dito contro nessuno. Nottola non cambia, lo sanno tutti chi è. E proprio noi ce lo dobbiamo dimenticare? Come possiamo pretendere di guidare l’opinione pubblica, se apriamo le braccia a gente come quella?
D: Caro Balsamo, l’opinione pubblica la facciamo noi. Un grande partito come il nostro i Nottola li può digerire quando vuole. Ma pensi piuttosto alla responsabilità che si assume un uomo politico di fronte a questo dilemma: lei può cambiare la situazione da così a così, e non lo fa per una questione di... di incompatibilità morale. E il bello è che lei facendo così non distrugge i Nottola, fa solo finta che non esistano.
B: Lei parla come se il potere fosse tutto. (...)
D: Caro Balsamo, in politica l’indignazione morale non serve a niente. L’unico grave peccato sa qual è? E’ quello di essere sconfitti.
Io sono stato a Napoli poche volte, sempre per lavoro. La prima volta tornai a casa in preda ad uno choc, pensando che mi ero trovato in un inferno edificato in un posto paradisiaco. Cambiai in parte la mia opinione le volte successive, per tutta una serie di aspetti positivi che comunque esistono e che Isabella conosce.
RispondiEliminaDico la mia raccontando dei fatterelli, però significativi.
Caso uno. Appena laureato, primo lavoro in ferrovia, ci fu la lotta a coltello fra due colleghi neoassunti di Napoli per la sede di lavoro, a colpi di chi aveva il santo più in paradiso dell'altro. Io ed altri, abituati a far le valigie, assistevamo perplessi.
Caso due. Vado militare a Roma, in un corpo tutto di ingegneri: su venti, cinque erano romani, tutti col 110 e lode. Dei tre laureati a Bologna, quorum ego, uno aveva 98/100, io 95/100 e il terzo 91/100. Avevo avuto il max punteggio per la laurea (4 punti) perché l'avevo fatta sperimentale. A Roma i punti venivano assegnati in funzione della distanza dal 110... hai la media di 99/110, tiè 11 punti!
Caso tre. La ditta in cui operavo era la più nota multinazionale nel mondo tecnologico. Volevamo organizzare un seminario a Roma per i massimi dirigenti della Pubblica Amministrazione. Niente da fare, venivano sempre i riporti dei riporti dei riporto. Assumiamo uno sui 25 anni, parente di un grande nome caduto sul campo contro la mafia e il terrorismo. Nel giro di un mese si fece il seminario ai massimi livelli. Poi, cosa ne nacque non lo so.
Caso quattro.Dieci anni fa, in Romagna, altro che discariche! Alghe a gogò, mare infrequentabile, l'ho provato purtroppo cosa vuol dire fare il bagno con le alghe, che ci vuol mezz'ora a ripulirsi.
L'anno dopo, tutti gli alberghi si erano dotati di piscina, mettendosi insieme per tutta la filiera di fornitura.
Dico che il problema è di struttura, e naturalmente ambidestro, il libro di Stella e di Rizzo lo chiarisce, insieme a pochi altri.
Concludo. Fosse solo un problema di delinquenza pervasiva sarei più ottimista, il problema è più grave ancora, e non ho nessuna fiducia che lo si risolva: quelli che protestano per la situazione di oggi non avrebbero fatto meglio di questi altri: il discorso è di civismo e di far prevalere il bene comune sul privilegio individuale. Credo infine che anche a livello universitario e dell'establishment culturale ci siano gli stessi problemi: quelli che protestano oggi sono quelli che faranno male domani, giunti al potere. Il discorso è profondamente truccato (non di quello di Isabella sto parlando).
Il film di Rosi per me è il meglio che ha fatto, molto meglio anche di Salvatore Giuliano, mi piacerebbe che non parlasse di Napoli da napoletano, ma da cittadino, perché le regole di cittadinanza sono le stesse, se no, che cittadinanza è?
Oggi vado a votare, ed è bello poter scegliere il meglio fra due candidati entrambi meritevoli di rispetto (voterò per l'architetto Faglia, mi spiace per il medico Mariani). E' bruttissimo dover votare turandosi il naso: il naso è fatto per sentirli gli odori, altro che turarselo!
Scusate la lunghezza, e spero di non aver turbato il silenzio elettorale!
saludos
Solimano
Mani sulla città era film che dava speranza. Dava speranza perché dimostrava che la cultura di sinistra sapeva analizzare la realtà e perché il ceto dirigente che esprimeva non era mai stato messo alla prova. C’era dunque la speranza che Napoli potesse risorgere, uscire dal malaffare di governi “forchettoni”. Un esempio di film di denuncia ma anche di scuola di civismo. In quel film si denunciava, giustamente, la responsabilità di una intera classe dirigente che senza soluzione di continuità affondava le proprie radici (e i propri privilegi) in una storia subalterna a tutto e a tutti. Sarebbe spettato ad una nuova classe dirigente risollevare Napoli. Appunto quella intellighenzia di sinistra capace di leggere la storia, la realtà e portatrice di speranza. Ero giovane quando vidi il film e anche per me fu scuola di civismo, di voglia di impegnarsi: era possibile.
RispondiEliminaA distanza di tanti anni (è passata una vita) del film non rimane più niente, se non un ricordo tra i ricordi, mentre la nuova classe dirigente meridionale e napoletana non ha saputo fare di meglio. Dopo un breve periodo di illusorio rinascimento la città si avvita su se stessa. Certo con problemi diversi –perché in quarant’anni è mutata anche la società napoletana- ma con un comune denominatore. La responsabilità delle classi dirigenti. Isolate in quartieri dove le immondizie non ci sono, e sempre pronte a trarre profitto dai propri benefici: tanto ai napoletani ci pensa San Gennaro con tanto di sindaco con la fascia tricolore al seguito.
Ciò che dite è tutto appropriato alla situazione napoletana. Manca solo una retrospettiva, che è quella del "risarcimento". Napoli è ancora nella convinzione post-unitaria di avere diritto a un risarcimento per il perduto ruolo di capitale. Ma ,quousque tandem?
RispondiEliminaIsabella, a proposito del risarcimento per il ruolo perduto di capitale, che cosa dovrei dire io, che sono di Parma, e ogni sera ero a Palazzo dalla Duchessa - c'era un bel giro... - e mo' mi tocca giocare a scala quaranta con la moglie del prefetto. Tempi duri!
RispondiEliminasaludos
Solimano
La differenza è che nessuno si sogna di finanziare interventi speciali per Parma, o per altra capitale di regni che furono. Invece, per Napoli si sta finanziando l'emergenza dai tempi del Risanamento. e non è ancora finita!
RispondiEliminaTanto per completare la questione, aggiungo una notizia sorprendente. Sul Corriere del Mezzogiorno di ieri 08/06/2007, il filosofo Biagio De Giovanni, di recente uscito dal partito DS, ha rilasciato un'intervista in cui afferma che il sacco di Napoli, come quello descritto dalle Mani sulla città, è in parte falso, e che Le quattro giornate di Napoli, furono una mitizzazione della resistenza e dell'antifascismo. Ma lo avevamo capito, dopo tutto quello che sta accadendo a Napoli!
RispondiElimina