Rope di Alfred Hitchcock (1948) Sceneggiatura di Patrick Hamilton e Hume Cronyn Con James Stewart, John Dall, Farley Granger, Cedric Hardwicke Musica: David Buttolph Fotografia: William V. Scall, Joseph A. Valentine (80 minuti) Rating IMDb: 8.0
Giuliano
Di Hitchcock si potrebbe parlare per ore, e del resto i materiali abbondano: penso che nessuno come lui abbia generato tanti libri, interviste, film, documentari. Ho scelto questo film e non altri più famosi o spettacolari perché mi permette di parlare delle capacità tecniche del regista inglese. Oggi può far sorridere portare l’attenzione su questi particolari, oggi che il progresso tecnologico ci ha dato obiettivi e telecamere inimmaginabili, ma registi come Hitchcock e come Kubrick sono stati maestri anche nell’innovazione tecnica, studiando nuovi obiettivi e nuove tecniche d’illuminazione, mettendo le telecamere sospese, inventandosi riprese mai viste prima... Hitchcock ha fatto veri e propri prodigi, da questo punto di vista. E’ memorabile la grande carrellata di “Giovane e innocente”, dove si parte da un grande quadro d’insieme e si arriva, con un solo movimento macchina, al primo piano degli occhi del “colpevole”.
Devo dire che mi disturba molto vedere Hitchcock sempre ricondotto all’unica dimensione del giallo e del thriller (magari anche accostato ai Lucio Fulci e ai Dario Argento!). C’è anche questo in lui, ma è solo uno dei suoi aspetti: Hitchcock è un grande della commedia, con un umorismo molto british che a volte sfugge ma che è la sua dimensione fondamentale (fondamentale per capirlo) . Chi lo giudica solo avendo visto i pupazzi degli Uccelli e la scena della doccia di Psycho, e lo inquadra nel macabro e nel pulp, sbaglia di grosso e gli fa un gran torto. Su Hitchcock i luoghi comuni si sprecano. E’ quasi una maledizione: il giallo, il profilo pacioso, la voce melensa del doppiatore, gli uccelli cattivi e gli assassini che spargono sangue sotto la doccia...
Hitchcock era uno sperimentatore, quasi un ingegnere. Oggi che girare film è facilissimo (a portata di idiota, verrebbe da dire, visti anche certi risultati soprattutto nostrani), fa quasi sorridere pensare a cosa si dovevano inventare i vecchi grandi registi. Hitchcock nasce dal teatro, almeno come spettatore: e questo è un film di vero cinema, bello e avvincente, ma che ha la particolarità di essere girato come in un’unica sequenza, in tempo reale, quasi la ripresa di una recita teatrale. C’è, sì, l’omicidio: come negarlo? Ovviamente, Hitchcock è davvero il maestro del thriller, ma non è mica l’omicidio che gli interessa, e difatti non lo mostra né mostra corpi, sangue, ferite. Gli interessa giocare bene coi suoi burattini, mettere in piedi il teatrino e farlo funzionare alla perfezione: questo film, e “La finestra sul cortile”, sono esemplari perfetti del suo stile. E, soprattutto, Hitchcock era inglese: il suo è un umorismo tutto inglese, molto fine e molto divertente, come quando alla fine del “Delitto perfetto” l’investigatore tira fuori un pettine e si pettina i baffi: chi altri poteva permettersi un’uscita del genere? Il titolo originale è “Rope”, cioè “corda”; quello italiano rende molto bene l’idea. Gli attori sono perfetti: un grande James Stewart, John Dall e l’ambiguo Farley Granger, che qualche anno dopo sarà l’ufficiale austriaco amante di Alida Valli in “Senso” di Luchino Visconti.
Devo dire che mi disturba molto vedere Hitchcock sempre ricondotto all’unica dimensione del giallo e del thriller (magari anche accostato ai Lucio Fulci e ai Dario Argento!). C’è anche questo in lui, ma è solo uno dei suoi aspetti: Hitchcock è un grande della commedia, con un umorismo molto british che a volte sfugge ma che è la sua dimensione fondamentale (fondamentale per capirlo) . Chi lo giudica solo avendo visto i pupazzi degli Uccelli e la scena della doccia di Psycho, e lo inquadra nel macabro e nel pulp, sbaglia di grosso e gli fa un gran torto. Su Hitchcock i luoghi comuni si sprecano. E’ quasi una maledizione: il giallo, il profilo pacioso, la voce melensa del doppiatore, gli uccelli cattivi e gli assassini che spargono sangue sotto la doccia...
Hitchcock era uno sperimentatore, quasi un ingegnere. Oggi che girare film è facilissimo (a portata di idiota, verrebbe da dire, visti anche certi risultati soprattutto nostrani), fa quasi sorridere pensare a cosa si dovevano inventare i vecchi grandi registi. Hitchcock nasce dal teatro, almeno come spettatore: e questo è un film di vero cinema, bello e avvincente, ma che ha la particolarità di essere girato come in un’unica sequenza, in tempo reale, quasi la ripresa di una recita teatrale. C’è, sì, l’omicidio: come negarlo? Ovviamente, Hitchcock è davvero il maestro del thriller, ma non è mica l’omicidio che gli interessa, e difatti non lo mostra né mostra corpi, sangue, ferite. Gli interessa giocare bene coi suoi burattini, mettere in piedi il teatrino e farlo funzionare alla perfezione: questo film, e “La finestra sul cortile”, sono esemplari perfetti del suo stile. E, soprattutto, Hitchcock era inglese: il suo è un umorismo tutto inglese, molto fine e molto divertente, come quando alla fine del “Delitto perfetto” l’investigatore tira fuori un pettine e si pettina i baffi: chi altri poteva permettersi un’uscita del genere? Il titolo originale è “Rope”, cioè “corda”; quello italiano rende molto bene l’idea. Gli attori sono perfetti: un grande James Stewart, John Dall e l’ambiguo Farley Granger, che qualche anno dopo sarà l’ufficiale austriaco amante di Alida Valli in “Senso” di Luchino Visconti.
Hitchcock, che delizia! Grazie di avermi / ci ricordato uno dei suoi film forse meno noti! Concordo sulla superficialità dell'equazione HITCHCOCK = GIALLO: "La finestra sul cortile" è una delle commedie migliori mai girate dai tempi dei fratelli Lumiére ad oggi! Quasi quasi ci faccio un "post"... ma sull'argomento sei certamente più ferrato tu![:->]
RispondiEliminaIo ho un sospetto. Che ad Hitchcock di fondo non interessasse il giallo, ma la conversazione. Il suo fine era la strada che percorreva lungo il film, non la soluzione dell'inghippo. Nella Finestra sul cortile la parte che mi coinvolge di più è il rapporto fra James Stewart e Grace Kelly, che Hitchcock, da grosso formicolone, aveva capito benissimo. Altro che santerellina! Altro che principrssa di uno stato ridicolo che si reggeva sul casinò e sulla evasione fiscale! Grace Kelly era una meravigliosa cattiva ragazza, probabilmente tipo Jane Harlow, poteva continuare fra scanda-letti e film splendidi senza farsi imbambolare dalla fasullaggine del principato annessi e connessi. Una che poteva fare Bella di Giorno essendo più credibile di Catherine Deneuve... E' il terribile del cinema e del teatro: le attrici che cercano il rispetto sociale facendo matrimoni del piffero che pagano poi con l'emarginazione, col niente. Ogni allusione a una ben nota situazione italiana (vedasi la lettera a Repubblica) è voluta.
RispondiEliminaMia nonna, da giovinetta, si trovò che una grande attrice di allora, Emma Gramatica, la voleva come accompagnatrice, assistente etc. Ci fu la ribellione di tutto il parentado, che la costrinse a rifiutare e mia nonna visse la sua vita in un casello ferroviario. Il cinema ed il teatro erano considerati dei postriboli pericolosi, meglio fare la schiava di un cantoniere, però socialmente accettata. E' una menata che non è ancora finita: stiamo ad ascoltare Livia Turco, magari Laura Morante avrebbe da dire cose più interessanti da tutti i punti di vista.
saludos
Solimano
Hitchcock è parente di Wodehouse, non è mica un mistero. Poco tempo fa ho sentito qualcuno in tv dire che “da noi umorismo inglese si dice quando qualcosa non fa ridere” (era Fabio Fazio): beh, Stanlio era inglese, e anche Charlot era di Londra... A Roby cedo volentieri il passo, e a Solimano e a tutti ricordo che fin qui ci siamo dimenticati anche di Frank Capra.
RispondiEliminaMi spiace per Fabio Fazio, ha perso una occasione per stare zitto. Occorrerà che qualcuno scriva prima o poi della Congiura degli Innocenti, che è un finto-giallo in realtà è un film comico-ecologico. Credo fosse il primo film di Shirley MacLaine e si svolge in boschi con colori splendidi. Qui, più che Wodehouse, a me richiama Wilde, che certamente Hitchcock amava molto, essendo uomo di teatro.
RispondiEliminasaludos
Solimano