Del maiale, ripetevano i vecchi contadini, non si butta via nulla: ogni sua parte può tornar utile a qualcosa, sotto vari aspetti. Lo stesso potrei dire -con ardito parallelismo- di Vacanze Romane, film che ho già più volte sfruttato da molteplici punti di vista.
Questo è il turno del suo interprete maschile, Gregory Peck alias Joe Bradley, corrispondente in Italia di un giornale americano, pochi soldi in tasca e in testa grandi, irrealizzabili sogni di gloria. Un giorno, prima o poi, arriverà il colpo di fortuna, lo scoop della sua vita, che gli permetterà infine di comprarsi il biglietto aereo per tornare a casa... Tuttavia, per il momento deve accontentarsi dei magri introiti derivantigli dagli scipiti trafiletti che scrive per il suo tirannico direttore, ogni tanto arrotondati dalle vincite al poker con gli amici. E' proprio rincasando da una serata al tavolo da gioco che incontra, presso il Teatro di Marcello, una strana fanciulla semi-addormentata.
Sennonchè, giusto il giorno dopo a mezzogiorno, il simpatico giornalista squattrinato riceve, come una folgorazione, la rivelazione inaspettata che la fortuna, finalmente, ha bussato alla sua porta. La sconosciuta sua ospite non è -come lui immaginava- una giovane traviata, bensì nientepopodimeno che la principessa ereditaria Anya in incognito, desiderosa soltanto di trascorrere qualche ora di libertà sotto il cielo della capitale. Joe non riesce a credere che una tale opportunità sia toccata proprio a lui: passare una giornata in compagnia della nobile rampolla più famosa del momento, senza farle capire che lui sa chi lei sia, e riuscendo così a carpirle impressioni, emozioni, intemperanze, desideri inconfessabili. Impresa piuttosto facile, in apparenza, complice l'innegabile fascino della città capitolina, dove tutto spinge a lasciarsi andare, a sognare, a sciogliersi come un gelato al sole...
Dopo una coppa di champagne bevuta con la cannuccia da Rocca, in piazza del Pantheon, inizia una spericolata gimkana turistica in Vespa per le vie dell'Urbe, priva di conseguenze letali solo considerando che all'epoca il traffico non era certo quello congestionato di oggi. Ed è proprio durante questo tour, di fronte all'ingenuo entusiasmo di Anya, conquistata dalle bellezze romane, che Joe comincia pian piano a modificare il suo atteggiamento, comportandosi davvero come lo spensierato, giovane corteggiatore -senza alcun secondo fine- di una deliziosa, fresca ragazza come tante. Una ragazza che ispira il suo innato senso di protezione per il gentil sesso, secondo lo schema preordinato -eppure tanto rassicurante- dell'epoca.
Il sorriso di Anya è disarmante, e le difese di Joe sono prossime al crollo. Chiaramente attratti l'una dall'altro, ma divisi dall'invisibile muro della bugia, mettono alla prova la loro credibilità, con un po' di batticuore, nelle fauci della Bocca della Verità: e qui lo scherzo di Gregory, che finge di perdere la mano, è improvvisato sul set davanti all'ignara Audrey, che trasmette al proprio personaggio un'emozione del tutto reale. Come dev'essere piacevole la stretta di quelle braccia forti, il contatto di quel torace ampio, il profumo leggero del dopobarba... quale donna non la invidierebbe? A quale fanciulla non piacerebbe essere avvolta da un abbraccio così confortevole?
E poi via, ancora a tutto gas su due ruote. Stavolta è Anya che guida, scapestrata monella, ma Joe non perde il controllo, malgrado tutto: guardandoli volare sull'asfalto, sfiorando bancarelle, edicole e pedoni, abbiamo un po' di batticuore ma sappiamo che lui è lì, alle sue spalle, pronto a correggere la sua incerta traiettoria. Lo slalom finisce addirittura in questura, tra venditori ambulanti inviperiti e tassisti imbufaliti, subito placati però dalla geniale trovata di Bradley, che -confidando nel romantico animo italico- sostiene che la sconsiderata velocità della loro corsa era dovuta alla fretta di andare a sposarsi, coronando un dolce sogno d'amore. Menzogna? Verità? Desiderio? Chissà...
Il pomeriggio volge ormai al termine, calano le prime ombre della sera, si avvicina la fine di una giornata memorabile per entrambi. "Sapete, signor Bradley" gli confida Anya, durante un ballo sul barcone ancorato in riva al Tevere "che siete proprio un bel bocconcino?". L'espressione, naturalmente equivocata dalla giovane straniera, fa sorridere Joe, ma non manca di colpirlo. C'è del sentimento, nel suo sguardo, mentre volteggia con lei nella brezza lieve che viene dal fiume; c'è forse la speranza, assurda ma vera, che quel valzer possa continuare per sempre, al di là delle consuetudini, dei doveri di rango, delle differenze sociali. In una notte così può succedere di tutto, e tutto sembra assolutamente normale, anche un bagno nel Tevere per sfuggire agli scagnozzi che vorrebbero riportare la principessa ribelle nel suo reame...
Ma le favole, anche le più belle, sono tutte destinate a concludersi con la parola fine: e non è detto che la frase precedente sia sempre e vissero felici e contenti. Di nuovo soli, nella camera in via Margutta, Gregory/Joe e Audrey/Anya si trovano di fronte alla dura realtà. Nessun happy end, per loro. Soltanto un ultimo, struggente abbraccio, un ultimo bacio: un contatto nel quale, con tutta la delicatezza e tutta la passione possibile, lui vuol dimostrare a lei che ci sarà sempre, anche se solo nel ricordo, e che lei sarà sempre presente - se non tra le sue braccia- almeno nei suoi pensieri. Non è ciò che speravano per il loro futuro, ma è più di quanto sia concesso a tanti sfortunati amanti.
E' dura far finta di nulla, la mattina seguente, durante la conferenza stampa ufficiale della principessa prima del suo definitivo rientro in patria. E' tenero e straziante darsi la mano con studiata formalità, sorridendosi appena. Ed è impagabile la forza d'animo, la tranquilla fiducia che traspare dai begli occhi di Joe Bradley mentre fissa la sua piccola, ferrea Anya Smith: uno sguardo così vale un mondo, un'intera vita insieme.
Quella vita che per loro non sarà mai possibile, se non nel luogo privilegiato del sogno.
Bello, molto bello lui, magica lei... Ricordo che quando avevo visto la prima volta il film avrei voluto tanto il lieto fine... Ma pazienza.
RispondiEliminaUn film indimenticabile, un uomo indimenticabile.
Giulia
Non mi stancherei mai di (ri)vedere questo film con gli occhi di Roby.
RispondiEliminaCondivido il suo entusiasmo per il bellissimo Gregory, per il film, per la nostra Audrey.
Che bella, distensiva, piacevolissima lettura.
Grazie, Roby
H.
Adesso gliene faccio uno anch'io, però come Achab. (per me, Gregory Peck è soprattutto Ahab)
RispondiEliminaRoby, come erano giovani! Lei, soprattutto... Un film furbissimo, che però fece -e fa- epoca, anche con una mirabile ambientazione a Roma. Dopo, sono stati buoni tutti, a mettere Roma, ma ad esempio l'idea della Bocca della Verità non era poi facile, e il sapore non è da cartolina, con quella Vespa che gira per la Città Eterna.
RispondiEliminaQualche anno dopo, ci fu un grottesco rifacimento nella vita reale: Maria Beatrice di Savoia e Maurizio Arena.
saludos y besos
Solimano