La strada, di Federico Fellini (1954) Sceneggiatura di Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli Con Anthony Quinn, Giulietta Masina, Richard Basehart, Aldo Silvani, Marcella Rovere, Livia Venturini, Gustavo Giorgi, Yami Kamadeva, Mario Passante, Anna Primula Musica: Nino Rota Fotografia: Otello Martelli, Carlo Carlini (108 minuti) Rating IMDb: 8.1
Silvia del blog Passaggi casuali su Stanze all'aria
La strada è un film la cui naturale proiezione sarebbe dentro una palla di vetro in cui, una volta capovolta, magicamente, da un improbabile cielo cade una fitta neve. Anche se è agosto.
Come in un sogno.
Tra brutalità e poesia, fisicità e pensiero, due anime contrapposte, legate da una vita in comune priva di gentilezze, Zampanò la concretezza, Gelsomina il sentimento, sono talmente rappresentativi da ergersi a simboli: il male e il bene.
Giulietta Masina, trentaquattrenne, tratteggia con estrema naturalezza, a volte un po’ maldestra, un personaggio incantato e incantevole, spaventato e indifeso da sembrare un cucciolo malgrado in alcuni fermo immagine trapeli un’espressione di donna così vissuta da trattenere in sé tutte le verità del mondo.
Sono momenti fugaci, quasi impercettibili che affiorano malgrado lo sguardo candido, come non dovessero appartenere a questo esserino privo di femminilità ma grazioso, spesso buffo che ricorda a tratti Marcellino o addirittura Pinocchio.
Il linguaggio onirico e grottesco che Fellini predilige nella narrazione, obbliga la moglie ad indossare una maschera clownesca, cosa che pare naturale alla brava Masina, per spogliarla così di ogni riferimento terreno e mantenerla in un limbo simbolico e universalmente riconoscibile.
Gli elementi circensi, tanto amati dal Maestro, sono già presenti in questo splendido film in cui Zampanò è il crudele Augusto, il capo avvolto da cieca ottusità e presunzione, e il Matto, “il filosofo”, il funambolo, il Grillo parlante, colui che saprà stare in equilibrio sulla corda tesa tra due mondi così diversi: terreno, pragmatico, pieno di bruta fisicità per Zampanò e quello altrettanto ingenuo, informe, spirituale e umano di Gelsomina.
Lei rappresenta la figura marginale un po' ridicola, già ha la faccia da carciofo, le dice il Matto, prendendola in giro, ma un po' è vero, truccata per far sorridere i bambini, col risultato che questo volto dai pomelli rossi e i capelli color polenta, risulta di una tristezza infinita.
E non può che essere così.
Venduta per diecimila lire dalla madre a questo saltimbanco gretto e primitivo, Gelsomina accetta di seguirlo in giro per un'Italia distrutta dalla guerra, su un improbabile carrozzone a tre ruote ricavato da un sidecar infestato di pulci, dove l'igiene e il docoro non sono di casa. Viene trattata come un animale, perfino percossa, ma nel suo intimo anela ad un riconoscimento del suo sentire che la elevi ad essere umano. Non cerca il lusso, non cerca il successo, sempre servile, sempre obbediente, riconoscente come un cane al padrone, ritorna a Zampanò, convinta che lui malgrado tutto le voglia bene e soprattutto che solo lei lo possa amare per quel che è. Lei lo guarda con gli occhi di chi vuole e sa guardare oltre o forse con l'igenuità dei matti o degli idealisti o di coloro che vogliono semplicemente essere amati e basta.
Colei che riesce a dimenticare le angustie della vita perdendosi in una tana di un grillo, o seguendo saltellante dei musici sghangerati, da sembrare Charlot, vuole capire qual' è lo scopo della sua vita.
Zampanò nemmeno se le pone certe domande. Lui sa tutto ciò che deve sapere, dalla tenuta di strada del suo sidecar, all'ampiezza del suo torace, dalla capacità di chiamare a raccolta il pubblico, alla tenuta della catena che deve spezzare con al potenza dei suoi muscoli.
Da questa forma d’amore impari e ingrata, da questo rapporto che non lascia spazio alla comprensione alcuna, scaturirà la tragedia con epilogo di dolore e solitudine.
E pentimento.
Sì perchè la morale alla fine c'è, e insegna che la verità non è solo ciò che si vede.
Lo capirà perfino il rozzo Zampanò, che una volta abbandonata Gelsomina al ciglio di una strada dimenticandosi di lei, condurrà però un'esistenza sempre più gretta e misera, fino a quando verrà a sapere che Gelsomina è morta e questo come per incanto spezzerà la pietra che gli attagnaglia il cuore donandogli un barlume di umanità.
Allora il pentimento, mai provato prima, mai riconosciuto, farà di Zampanò un uomo in lacrime e redento. Il bravissimo Quinn alzerà il volto al cielo, quasi avesse una rivelazione divina nel vedere per la prima volta il firmamento, prima di crollare in un pianto dirotto e sconsolato.
Criticato aspramente dalla sinistra di allora per la rappresentazione di una condizione femminile svilita e svilente e per lesa realtà la critica maggiore che viene mossa al Maestro è la mancanza di rispondenze storiche e geografiche che collochino la storia in una contesto reale. La caparbietà con la quale rimane ancorato ad una ricerca interiore troppo vincolata all'autobiografia, ad linguaggio esageratamente simbolico ed allegorico con cui racconta le sue paure e i suoi tormenti giovanili, regala sì un sogno, che non ha però alcun riscontro culturale e ideologico. Il male di cui viene accusato è la nostalgia che rappresenta in ogni pellicola, amata dal pubblico perchè si riconosce, ma che trasuda un'indulgenza e una leggerezza che stridono non poco con le splendide pellicole del neorealismo italiano. Tuttavia, contemporaneamente proprio questi "difetti" tracciano un nuovo percorso cinematografico, una nuova dimensione trascendente e rappresentativa perchè affondano nell'immaginario e nel ricordo collettivo proprio con la potenza di essere fuori dalla realtà . Raccontano così di ciò che avrebbe potuto essere, di ciò che sarebbe stato, di ciò che si ricorda sia stato, di ciò che si sarebbe desiderato che fosse.
Giulietta Anna Masina, laureata in lettere e filosofia cominciò a recitare in teatro all'età di 21 anni dove si esibì come ballerina, cantante, e attrice. E fu in radio che conobbe Fellini redattore umorista di una rivista satirica. Lo sposò il 30 ottobre del 1943. Reciterà in teatro fino al '51. Nel '46 comincia la sua carriera cinamatografica in Paisà di Rossellini, prosegue con Lattuada in Senza pietà, (Nastro d'Argento) col marito nel '50 in Luci del varietà (Nastro d'Argento) nel '51 nè Lo sceicco bianco, ma è nel '54 che raggiunge la notorietà a livello mondiale con il ruolo di Gelsomina nel film La strada.
Nel '57 raggiunge l'apice della carriera col ruolo interpretato in modo magistrale di Cabiria in Le notti di Cabiria. Anche questo ruolo le valse il Nastro d'Argento e premio come migliore attrice al Festival di Cannes dello stesso anno. Altro Nastro per Ginger e Fred del 1986 e il David di Donatello per Giulietta degli spiriti 1965/66.
Giulietta Masina è la rappresentazione vivente della grande donna in ombra al grande uomo. Non dotata di un fisico particolarmente prorompente si è ha sempre avuto la sensazione che se non avesse deciso di dedicarsi al marito avrebbe ottenuto molto di più dalla sua carriera cinematografica perchè era un'attrice di altissima sensibilità e con uno sguardo tutto particolare che io associo per peculiarità alla Magnani. Donne di grande temperamento anche se la Masina al contrario dell'amica è sempre apparsa mite e dolce, ma con una determinazione e una capacità di tener testa al volubile marito degna di un'imperatrice. Per questo ho ritenuto un bel gesto, quello del Maestro Fellini di dedicarle l'Oscar alla carriera, riconosciutogli nel 1993, che lei accettò, commossa.
P.S. Il film "La strada" di Federico Fellini fu molto amato. Il titolo non fu tradotto in nessun'altra lingua e la fantasia ingenua e vivace dei disegnatori si sbzzarrì nei manifesti. Inserisco qui sotto due esempi. (s)
"La strada" è uno dei film a cui sono più affezionato, fin da bambino. Ripeto qui quello che ho già detto su "Stanze all'aria": Giulietta Masina era bella e intelligente, e non mi stupisce affatto che Federico Fellini se la sia tenuta stretta, anche con tutto quello che gli passava davanti.
RispondiEliminaUna cosa che mi colpì molto, alla quale non volevo credere, è che Gelsomina viene venduta dalla famiglia, per soldi. Mi chiedevo dove fosse ambientato il film, sembrerebbe in Italia, ma è possibile?
Poi sono cresciuto e mi sono informato. Purtroppo, l'Italia era anche questo.
Ripensandoci: il tema dei bambini venduti ritorna qualche anno dopo, con "Il giudizio universale" di De Sica, l'episodio di Alberto Sordi.
RispondiEliminaAnche lì, stentavo a credere che fosse possibile.
Ne La malora di Fenoglio c'è un tema del genere: una famiglia che cede il figlio come servo nei campi ad un'altra famiglia. Un libro breve, appena 100 pagine, ma sono pagine che pesano, una per una.
RispondiEliminaMia nonna fu lì lì per essere ceduta come ragazzina-cameriera ad un famosa attrice: Irma Gramatica.
Mio padre si era bene avviato come falegname, poi andò in Etiopia. Al ritorno le macchine e gli attrezzi che aveva (poca roba, ma necessaria per fare il lavoro) erano state vendute perché non ce la facevano a tirare avanti. E andò a fare il cantoniere, praticamente un manovale, nelle Ferrovie. Vita durissima, che è bene ricordare.
saludos
Solimano
Grazie Solimano:) Sta proprio bene qui.
RispondiEliminaPer rispondere a Giuliano.
In realtà leggendo alcune recensioni di allora emerge una condanna molto forte da parte della critica su questo "realismo" raffazzonato, ovvero "simbolico" di Fellini. La mancanza di riferimenti geografici e storici precisi, rendono il film, sempre secondo la critica, fuorviante e poco veritiero. In effetti a Fellini interessa una narrazione del sentire e non del vivere, anche se il vivere stesso rappresenta assai bene la condizione psicologica dei personaggi. In somma gli viene criticato di presentare un'Italia non vera in un periodo cinematografico dove il realismo ha ben validi rappresentanti.
Per quanto riguarda la nostra storia, non so se fosse pratica usuale allora, vendere i ragazzini. La miseria era davvero tanta e si usciva da una guerra quindi è possibile che sia accaduto anche questo. Di certo so, per cose raccontate, che chi era bravo a far qualcosa o aveva particolari attitudini o aveva la fortuna d'incontrare qualcuno che avesse bisogno, andava a lavorare molto presto,per sostentarsi, imparare un mestiere e non gravare sulla famiglia spesso numerosa a cui forse era venuto a mancare il padre. Come ha scritto anche Solimano. Ma non mi risulta che diventasse proprietà di qualcuno.
Perchè pagare la vita di un essere umano è un atto vergognoso e orribile.
Adesso sì che sappiamo che vendono i bambini purtroppo,li noleggiano, e non siamo in un periodo economico così devastante da giustificare tutto questo.
Ma questo è un altro discorso.
Grazie ancora e buona notte:)
p.s. Solimano, le noticine sotto alle immagini grafiche sono interessanti. Ma non si capisce che le hai messe tu o io non me ne sono accorta.
Silvia, guarda le due righe scritte in piccolo, alla fine delle immagini in bianco e nero e prima delle due immagini a colori.
RispondiEliminaAlla fine, c' una (s). Sta per Solimano, faccio così in casi del genere, che ogni tanto si presentano.
Bel colpo, Silvia, non crederai di fermarti qui...
grazie e saludos
Solimano
Cara Silvia, Fellini è stato uno di quelli per cui andavo sempre al cinema. Oggi non mi è rimasto quasi più nessuno, Fellini Kubrick Kurosawa Bergman Tarkovskij...
RispondiEliminaQuelli più giovani ci sono ancora, ma non è che le ultime cose di Wenders mi riempiano di entusiasmo.
E su Fellini ho scritto tanto e sto per scrivere ancora di più, ma saranno tutti i film più dimenticati: quindi di spazio ne hai, siamo qui che aspettiamo.
C'è anche Hitchcock, volendo: ne abbiamo scritto pochissimo ed è un peccato da riparare.
Della critica molto spesso si parla male, però bisognerebbe sempre mettere quello che si è detto dentro al contesto di quegli anni. Anche a me, nel mio piccolo, è successo: facevo leggere limericks agli amici (non i miei, quelli di Edward Lear) e mi rispondevano "ma che cosa significa?". Un limerick è un "nonsense", cioè una cosa che non ha un significato, e che si fa per divertimento, per il piacere del ritmo e della rima. E' come chiedere che cosa significa "tre civette sul comò"...
Credo che la stessa cosa sia capitata a Fellini.
Però basta pensare alle nostre antologie scolastiche, o a certi commenti su Dante e Manzoni, che ti tolgono la voglia di leggere...
Grazie Solimano:)
RispondiEliminaHai ragione Giuliano. C'è da dire però che malgrado la critica, credo che costruttiva, che è stata mossa a Fellini, il Maestro non ne ha risentito tanto. E' considerato uno dei mostri sacri del cinema mondiale, unico direi, perchè non ha paragoni. Hai voglia a muovergli delle critiche.
Però una cosa è certa: o lo si ama o non piace affatto. Come dici bene tu, o si prende un limerick per quel che è, oppure non si capiscono i limerick.
Io adoro Prova d'orchestra. E' geniale. Se ne parlo coi miei amici, spesso mi chiedono cos'è. Non è molto conosciuto.
Come registi direi che siamo in sintonia. Sono anche innamorata di Kim ki duk, anche se, ne dovessi scrivere, non saprei da che parte cominciare. Ma non diamo limiti alla provvidenza:)
Grazie a voi:)
Dimenticavo che domani sarà giornata infernale per me:
VI AUGURO
UN FELICISSIMO 2009 e ben oltre, perchè no?
Auguri anche a te, Silvia!!!
RispondiEliminaLa Masina era e resta una donna e un'attrice straordinaria, e il tuo ritratto le rende pienamente giustizia. Belli i poster finali: mi sono sempre piaciuti i manifesti cinematografici un po' ingenui, pieni di colori...
Buonanotte e buona fine/inizio d'anno!
Roby
Ti amo Giulietta, Sei Tu Bellissima, e gentile donna!
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