E l'aura fai son vir, di Giorgio Diritti (2005) Sceneggiatura di Giorgio Diritti e Fredo Valla Con Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni Foresti, Caterino Damiano, Giacomino Allais, Daniele Mattalia, Ines Cavalcanti Musica: Marco Biscarini, Daniele Furlati Fotografia: Roberto Cimatti (110 minuti) Rating IMDb: 8.2
Ottavio
Capita ogni tanto che tra la propria vita e quella della società circostante si formi come un compartimento stagno. Succede per esempio nei periodi di lavoro intenso, quando uno si sogna i problemi anche di notte, o quando si soggiorna all’estero per un tempo significativo (i fatti e misfatti della madrepatria arrivano attutiti) o quando la propria attenzione è dedicata ad un evento o situazione così importante da annullare tutto il resto. In questi casi si perde la cognizione di quello che succede nel mondo e quando si ritorna “consci” si scoprono novità buone e cattive.
Eppure, per evitare queste involontarie “perdite di contatto” basterebbe mantenere l’abitudine di frequentare con continuità le sale cinematografiche. La quantità e qualità di nuovi film disponibili ogni anno e una conseguente scelta mirata tra impegno e intrattenimento ci fa capire, meglio, a mio parere, di quello che si riesce ad ottenere dagli altri media, “dove siamo”.
Il cinema, insomma, traccia la storia. Basterebbe una ventina di film, secondo me, per spiegare l’evoluzione (o l’involuzione, a seconda della sfaccettatura considerata) della società italiana nel dopoguerra; un giorno mi divertirò a compilare questa lista.
Ad esempio, se uno volesse esaminare il più rilevante fenomeno sociale degli ultimi 15 – 20 anni, l’immigrazione, e capire gli effetti che ha provocato in Italia (paura del diverso, ansia di sicurezza, ostilità, con punte di razzismo, verso gli “stranieri”) avrebbe ampio materiale di studio. Per citare solo alcuni titoli recenti, La sconosciuta di Tornatore o La giusta distanza di Mazzacurati.
Ma uno mi ha colpito per una particolare coincidenza: benchè uscito nel 2005 l’ho visto al solito cineforum una settimana prima delle ultime elezioni politiche. Dopo aver visto il film il risultato elettorale più eclatante (il successo della Lega Nord) non mi ha sorpreso più di tanto.
Ma andiamo con ordine.
Il film in questione è Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti (che, confesso, non avevo mai sentito nominare). Al di là del tema e del messaggio di fondo, che vedremo, contiene molti lineamenti interessanti. E’ stato girato in Val Maira, una delle valli occitane del Piemonte, in un paese che ha mantenuto la sua antica struttura, benchè degradata per il tempo e per il parziale abbandono; gli attori sono non professionisti (peraltro molto bravi nelle parti dei perfidi e degli invidiosi), eccetto il protagonista e la moglie; i dialoghi tra paesani sono nel dialetto originale, derivato dalla lingua d’Oc (a questo proposito si assiste ad interessanti dialoghi tra il protagonista e l’intellettuale-artista del paese sulla civiltà d’Oc esistente nella Francia meridionale, ma anche nelle valli con essa confinanti del Piemonte, intorno all’anno 1000, e praticamente distrutta nella crociata contro gli Albigesi, eretici catari della Linguadoca. Probabilmente è un riferimento a quanto accadrà nella vicenda raccontata.)
Veniamo ora al film.
Philippe è un ex professore che ha fatto la scelta di vivere secondo natura. E’ diventato un pastore di capre in Francia e, grazie al suo entusiasmo e all’aiuto della famiglia, moglie e tre figli, ricava dalla nuova attività di che vivere decorosamente.
Purtroppo il suo paese viene individuato come sede per una centrale nucleare e allora decide di trasferirsi con tutta la sua famiglia in un paesino di poche anime, sulle montagne piemontesi.
Il paese, pieno di pascoli abbandonati e di testimonianze di antiche pastorizie, gli sembra adatto per esercitare la sua attività. È un paese praticamente spopolato dall'emigrazione verso i centri maggiori e le città, che vive quasi soltanto di seconde case e vacanze estive. Ma i pochi residenti stanziali e quelli pendolari, a partire dal sindaco, proteggono le tradizioni, preservano e custodiscono la specificità come un gioiello.
Philippe dunque si presenta al bar del paese dichiarando agli attoniti avventori di essere interessato all’acquisto di una casa con tutto il necessario per il suo lavoro (stalla per le capre, locale per la preparazione e la stagionatura del formaggio etc).
Da questo momento inizia un percorso di reciproco studio, di confronto-scontro, risolto in una maniera davvero notevole. Con una ricchezza di sfumature e sottigliezze davvero preziosa. Il primo stadio è quello della sorpresa venata di diffidenza. Per i pochi paesani rimasti, usi ormai ad una “tranquilla” rassegnazione e decadenza, la novità rischia di compromettere questo precario equilibrio. Il secondo è quello dell'accoglienza e della collaborazione: tutto il paese si dà da fare per aiutare i nuovi venuti a trovare una sistemazione, a inserirsi. E’ il momento in cui gli abitanti del paese si scuotono dal loro torpore e intravvedono l’opportunità di una nuova vita. Il terzo stadio è quello del crescere sordo e poi dell'esplodere violento di tutte le pulsioni negative: le gelosie, l’ostilità fino alla xenofobia. Sembra quasi che i paesani non accettino il successo di una forma di vita e di economia che avevano abbandonato. Alla fine, inevitabile, l'espulsione dell'intruso, contrassegnata da uccisione di animali, un suicidio in un’atmosfera di abbrutimento generale. Emblematica la frase finale del film, pronunciata dal sindaco del paese, uno dei pochi buoni del film: ”Come ci siamo ridotti!”
Altri (pochi), come Philippe e la moglie, hanno abbandonato fabbrica od ufficio e vita urbana per tornare all’agricoltura o alla pastorizia (ne ho conosciuto qualcuno, che non sopportava l’aria degli stabilimenti petrolchimici), cercando di raggiungere un nuovo equilibrio con le cose del mondo. Certo, se l’ambiente umano non li aiuta è una scommessa persa in partenza.
Che dire? Nel cuore dell’uomo alberga naturalmente la “cattiveria”? Solo nelle grandi calamità (guerre, carestie, povertà) si esprimono buoni sentimenti?
Non entro in particolari dettagli sul film per rispetto verso coloro che non l’hanno ancora visto e che possono ancora farlo (lo consiglio vivamente). E’ un tipico “caso di studio” cinematografico: il film esce nel 2005 ma non trova distributore; esce in poche sale perché il produttore lo vende porta a porta (quasi), dal 2007. A questo punto si sviluppa il passaparola e così la programmazione si estende, non solo limitata ai cineforum. E così diventa appunto un caso: se ne discute, attraverso i media e i vari festival del cinema, non solo tra gli addetti ai lavori, i quali peraltro sono prodighi di riconoscimenti. Sarà che la lingua batte dove il dente duole?
A proposito, sui quotidiani di oggi rilevo che a Milano è ancora in programmazione al cinema Mexico…
Ottavio, è il secondo caso in breve tempo di un film presentato da due persone: "Colazione da Tiffany" da Habanera e da Giulia ed ora "Il vento fa il suo giro" da Angela e da te. Lo trovo del tutto coerente con l'idea-guida (chiamiamola così): il cinema come esperienza personale più che come recensione.
RispondiEliminaSuccederà ancora, perché una esperienza non è migliore o peggiore di un'altra: sta lì e basta.
Condivido pienamente il discorso che fai riguardo la storia italiana vista attraverso i film. Storia di ogni tipo: morale, di costume, politica. Probabilmente i film più schietti sono stati quelli meno volontaristici e programmatici, i film più di visione che di scrittura. Prima o poi ne faremo un elenco, ognuno secondo il proprio punto di vista. Qui ne propongo tre: "La messa è finita" di Nanni Moretti, "Il posto" di Ermanno Olmi, "La bella vita" di Paolo Virzì.
grazie e saludos
Solimano
L'estraneo è sempre malvisto, così come il diverso. Da una parte è una difesa naturale, dall'altra parte verrebbe da dire che forse non abbiamo qualche migliaio di anni di civiltà alle spalle per niente.
RispondiEliminaL'argomento è molto importante, adesso speriamo che Ottavio vada avanti.
Grazie Ottavio, molto esauriente. Vorrei vederlo questo film un giorno.
RispondiEliminaSpero di trovarlo da qualche parte.