mercoledì 3 settembre 2008

Buon compleanno, signora Peppina!

Murillo: Ragazzi che mangiano

Solimano
Da qualche mese ho notato in alcuni commenti il fastidio che danno i miei post sui Visitatori. Ci ho riflettuto e ho deciso di raccontare una storia vera da cui poi trarrò alcune conclusioni.

Nella provincia di Reggio Emilia tutti i comuni si assomigliano, ma ognuno ha una sua personalità, per cui Gualtieri è diverso da Montecchio, Reggiolo da Correggio, Fabbrico da Guastalla, Bagnolo da Cavriago e così via.
A causa del mio lavoro ero sempre per strada e mi piacevano queste differenze, perché rendevano meno noiosa la guida quotidiana della macchina. Quando dovevo andare in una azienda della bassa in cui non ero mai stato, durante la telefonata per l'appuntamento chiedevo informazioni sul percorso più agevole, e la risposta cominciava sempre con una domanda: "Ha presente il 501?". Il punto di riferimento da cui partivano tutti per insegnarmi la strada era proprio il 501, una mega-balera vicina a Santa Vittoria di Gualtieri. I reggiani sapevano tutti dove stava il 501 e da lì partivano, come le distanze in Francia si misurano dal sagrato di Notre Dame.
Un giorno arrivai in uno di questi paesi -non dico il nome- e cominciai la trattativa con un pastificio che c'è ancora oggi. Non fra i più grossi ma ben conosciuto e stimato. La trattativa andò avanti per due mesi e si concluse favorevolmente. Durante la trattativa conobbi il titolare, che era il figlio del fondatore della ditta e che aveva il nome di uno dei moschettieri. Nel reggiano sono molto diffusi i nomi strani, un po' perché non volevano dare i nomi dei santi un po' per sfizio, con qualche tocco di esterofilia, tipo Welles e James, solo che sono nomi pronunciati alla reggiana: velles e iames.
I reggiani sono la curiosità fatta persona, curiosi non di pettegolezzi (anche, magari, specie quelli sulle donne) ma di modi diversi di vita e di lavoro, senza però diventare centrifughi ma mantenendosi centripeti, perché non lo dicono ma sanno tutti che Reggio è il centro del mondo. Così il titolare mi chiedeva della mia ditta, contento di sentire cose nuove, però anche sulle sue, da buon reggiano.
Un giorno, per farmi capire che anche loro ci sapevano fare, mi disse: "Però il metodo della signora Peppina lei non lo conosce". "Come, come?", dissi, perché ero curioso anch'io, sebbene non reggiano. E il moschettiere mi raccontò.

Metsu: Donna che mangia (e dà da mangiare anche al gatto)

Per vendere la pasta avevano dei rappresentanti, ognuno con il suo giro di fornai, anzi di fornaie, perché il fornaio faceva il pane e la fornaia stava in bottega, avendo a che fare con i clienti ed i fornitori. Erano le fornaie che decidevano che pasta comprare e da chi. Il miglior rappresentante della ditta era quello del "Buon compleanno, signora Peppina!". Ci aveva messo sei mesi a crearsi l'agendina con le date dei compleanni, perché contava l'effetto sorpresa, mica andava prima a chiedere "Quando è nata lei?", ma così, fra una chiacchiera e l'altra riusciva a saperlo e se lo segnava sull'agendina appena fuori dalla bottega. Una volta creata la base informativa non ci fu remissione: tutto il suo giro era organizzato sulla base dei compleanni. Entrava in negozio, e più il negozio era pieno meglio era. A voce alta, chiara ed allegra proferiva il suo "Buon compleanno, signora Peppina!". Figuratevi la fornaia, con il marito fornaio che magari si era scordato di farle gli auguri. Una bella sorpresa pubblica, perché, a negozio pieno, i compleanni arrivavano a raffica dalle clienti affettuose (e invidiose). Funzionava, tutto qui, quel rappresentante vendeva fra il 10% e il 15% in più degli altri, ma soprattutto non temeva la concorrenza dei rappresentanti degli altri pastifici, perché uno che ti fa la sorpresa del giorno del compleanno non lo molli.

Jordaens: Uomo cha mangia

E me li vedo, i criticoni -e criticone- dei miei post sui Visitatori dire: "Vabbè, un trucchetto". Ma quale trucchetto, credete che le fornaie reggiane fossero boccalone e non capissero che lui si era organizzato? Lo capivano benissimo, però, punto primo ammiravano uno organizzato così bene, punto secondo sentivano che c'era una empatia vera nel suo modo di essere, nel personalizzare il rapporto in quel modo. Professionalità è non lasciare nulla al caso, che non è sinonimo di diventare delle macchinette, tutt'altro. Solo chi si organizza lucidamente è in grado di mettere in gioco qualcos'altro, chi non lo fa, tirerà in ballo tutta una serie di gné-gné di tipo falsetto, solo per coprire le cose malfatte. C'è bisogno di più marketing in Italia, non di meno, ma fatto seriamente, in ottica io sono OK tu sei OK, eh sì. Che poi ci siano tanti che vanno avanti a formulette sarà pur vero, ma andate nei mercati rionali del posto dove abitate, e vedrete la sottigliezza acuta ed empatica che anche le ragazze e i ragazzi di meno di vent'anni hanno dietro al bancone.

A me il mondo dei blog, pur nei tanti difetti, piace per due motivi: perché è nei blog che succedono le cose e perché è un mondo in cui la concorrenza è fattore di qualità. Tutti siamo in concorrenza, anche se tanti lo negano, magari pure a se stessi, perché nessuno gradisce di passare da ventisette visite a ventisei e preferisce passare a ventotto. Niente di male, se si scrive un post è giusto desiderare che lo leggano. Ma si cerca di aggirare il problema, ed i sistemi sono due: le cordate ed il nascondimento.
Le cordate del sono amico di Tizio, Caio e Sempronia e il nascondimento del sono in rete ma non ci sono. Mi prendi in giro? Ci sei o non ci sei? Se non vuoi esserci smetti, e vattene a spasso.
Continuerò con i miei post mensili sui Visitatori, con numeri veri e non nascondendo i problemi, perché voglio capire quello che succede e perché voglio comunicare quello che ho capito. C'è chi è interessato a questo tipo di comunicazione, c'è chi non lo è. Punto e basta, salvo una domanda: qual è il motivo vero per cui si infastidiscono? Provino a rispondere, a se stessi, non a me.
D'altra parte, in rete c'è chi non vuol piacere a nessuno, e riesce benissimo a non piacere a nessuno. Poi c'è chi vuol piacere a tutti, e finisce anche lui per non piacere a nessuno, perché non sa di niente, incolore inodore insapore come l'acqua. Infine si può cercare di piacere ad alcuni e di dispiacere (eh sì!) ad altri. Questa è la strada, per chi in rete non voglia essere irrilevante. Abbracci e baruffe, litigi e sorrisi, proprio come nella vita reale.

P.S. Le immagini sono tutte e quattro di tipo mangereccio, visto che la signora Peppina è nel ramo alimentari.

Guercino: Il profeta Elia sfamato dai corvi

16 commenti:

  1. Solimano,
    Questo racconto mi ha divertito moltissimo. E' perfetto per l'assunto finale, sulle considerazioni conclusive che mi trovano proprio d'accordo.
    Ho visto anche che hai inserito una sezione sugli ultimi commenti ricevuti. Ottima cosa, ed utile.

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  2. "Poi c'è chi vuol piacere a tutti, e finisce anche lui per non piacere a nessuno, perché non sa di niente, incolore inodore insapore come l'acqua" : giustissimo, avendolo sperimentato sulla mia pelle!!! In famiglia, a scuola, sul lavoro, nei blog... La colpa però è -un pochino- anche di quella santa donna di mia madre, la quale mi ripeteva sempre che "bisogna essere amici di TUTTI" e soprattutto "non criticare nessuno", perchè "quando dici che quello è antipatico, pensa a quanti starai antipatica TU!!!".

    Io 'sto ragionamento qui non l'ho mai capito appieno, ma siccome ero una bambina mite e arrendevole, annuivo e obbedivo...

    Baci e abbracci (anche alla mia mammina, lassù)

    Roby

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  3. Ripeto la mia posizione personale, per chi non l'ha mai sentita: io non avrei mai pubblicato una riga, se Solimano non mi avesse tirato dentro quest'avventura (mi ci ha tirato dentro per i capelli, che è un'impresa titanica) (trovarli!).
    Nel mondo dei blog non è che mi senta molto a mio agio, però fin qui ho avuto solo commenti educati: grazie a tutti!

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  4. Arfasatto, grazie. I reggiani erano etichettati dai parmigiani come "teste quadrate" finché ci fu un parmigiano che disse che erano migliorati e che occorreva denominarli "teste cubiche". Pur abitando a Parma, tifavo segretamente per i reggiani, la meglio gente del mondo, e veloci negli affari, il che non guasta. I reggiani uniscono una instancabile laboriosità ad una naturale allegria, cosa rarissima. Delle raggiane non parlo, neppure sotto tortura.
    Roby, mi sono scordato la cosa più importante. Il prerequisito è piacere veramente a se stessi, dopodiché tutto si aggiusta. Ma piacere a se stessi è comunque un vaste programme che non si finisce mai di apprendere. Però, se si sa che si può migliorare nell'autostima è meglio.
    Giuliano sono ben lieto di avere incastrato un capellone come te. E in fondo sei contento anche tu, diccelo. Non solo, sono contenti tutti... e tutte!

    grazie e saludos
    Solimano

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  5. Trovo bellissimo come hai sritto questo post... La storia che hai raccontato mi è parsa molto azzeccata oltre che divertente.
    Hai ragione, a tutti fa piacere piacere (scusa il bisticcio di parole) e anche a me piacerebbe capire di più, ma a volte non so da che parte cominciare... Una cosa mi piace di sicuro, collaborare con voi. Siete una bella squadra davvero, Giulia

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  6. Sono così lusingata che adesso lo stampo e lo faccio leggere a tutti. Ho riso alle lacrime per il 501 perchè è verissimo, era il pilastro della terra:) Poi dicono che tutte le strade portano a Roma; apriamo un dibattito. La cosa bella Solimano è che anche adesso in una balera qualsiasi, perchè avrai sentito parlare pure del Redas per dirne un'altra, è pieno di questi reggiani d'assalto, lesti di gamba e a far di conto, i geriatrici come li chiamo io, che sgambettano come matti. Le Olghe e gli Alfio come scrissi a suo tempo nel mio blog. Io sono molto contenta di appartenere a questa gente, che mantiene è vero l'allegria della giovinezza senza il minimo pudore, capace di confrontarsi con tutti gli idiomi del mondo in puro dialetto reggiano e far l'impresa, sgobbando come matti.
    Credo, viaggiando per i miei cortili osservo molto,che si riesca a mantenerenei paesi limitrtofi quanto a Reggio, una sorta di cortese convivenza con le nuove, rutilanti novità del nostro tempo, mantenendo forte il legame con le origini che sono la terra i suoi prodotti e l'aia dove venivano condivisi. A noi reggiani piace mangiare bene e a mucchio. Più si è e meglio è.
    Adesso capisco perchè la scorsa settimana il cappello a tesa larga non riuscivo ad indossarlo, che adesso ho la testa cubica. Ci starà più roba dentro:)
    Bellissimo post, grazie a nome di tutti i reggiani:)

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  7. Il racconto è divertente (ed anche istruttivo) e la visione delle immagini, ingrandite con un clic, è beatitudine pura.

    Grazie, Solimano
    H.

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  8. Roby, tu però il rischio di essere incolore inodore insapore come l'acqua non lo corri proprio, per chi ti ha letto anche solo una volta!
    Giulia, grazie. Il discorso della collaborazione fra di noi è aperto da tempo e proseguirà con comune soddisfazione nei modi che sai, magari anche in altri.
    Silvia, lo sapevo che ti sarebbe piaciuto! Ma la cosa che gusto di più è che hai capito benissimo che io non invento (magari colorisco un po'), i reggiani erano e sono proprio così, non è bozzettismo tipo Don Camillo. Un reggiano di fronte al Municipale cerca e trova subito un altro reggiano con cui parlare, poi arriva il terzo e fanno una cooperativa etc etc... Ma la cosa più affascinante è che questo istinto a fare mucchio, come giustamente dici tu, non è a detrimento delle singole personalità, perché sono tutte teste cubiche diverse, un singolare caso di geometria non euclidea. E continuo a non parlare delle reggiane, le grandi gioie sono mute.
    Habanera, di immagini mangerecce ne avevo altre, ma ho scelto quelle in cui fosse presente una forte carnalità, un senso di vita piena, anche troppo.
    Ed è necessario guardarle ingrandite, come no.

    saludos y besos
    Solimano

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  9. Mi sono molto divertito a leggere il tuo post, perché mi ha ricordato polemiche assurde alle quali ho partecipato in prima persona a suo tempo.
    A me i blogger che dicono di non pensare troppo alle visite ricordano quelli che sostengono di non vedere mai la TV, ma poi sanno a memoria anche il jingle più indifendibile :-)

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  10. Amfortas, io forse esagero col parlarne con chiarezza, ma secondo me è l'unico modo per esorcizzare la nevrosi del numero delle visite. Aveva ragione Churchill: "Gli uomini costruiscono gli edifici, ma gli edifici poi costruiscono gli uomini". Di contatori ce ne sono millanta che tutta notte canta con trapezismi ineguagliabili. Io guardo i contatori ma non commento in base ai numeri del contatore. Da te sarei un pulcino nella stoppa, fra te e Giuliano. Sono invidiosissimo della vostra competenza, però sono un invidioso disposto ad imparare persino dai wagneriani, io, cresciuto nel loggione di Parma a pane e Verdi.

    grazie Amfortas e saludos
    Solimano

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  11. Letto in ritardo, ma commento lo stesso. Il trucco e' simpatico, anche perche' c'e' dell'ingegno e del lavoro, una piccola arte dello stare insieme. Non e' esattamente come il comandamento berlusconiano di "ricordare il nome dell'interlocutore", che andrebbe anche bene, ma che lo si fa perche' l'interlocutore ha, nella maggioranza dei casi, "l'eta' mentale di un fanciullo" ed e' uno "stronzo" pieno di complessi.

    Tradurre l'esempio in consiglio non e' facile. Non e' neanche facile fare quello che dici tu, Solimano. Io m'accontento di scrivere come mi viene, poi rileggo e riscrivo come vorrei che quella cosa mi fosse presentata. Se ho tempo, riguardo e lo tiro ancora un po' dalla parte del "come mi viene". E cosi' via.
    Quando vedo che non sono piu' possibili aggiustamenti, a meno di cambiare radicalmente la scrittura, mi fermo.

    At salud,
    Maz

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  12. Mi unisco ai più e concordo. L'ansia di piacere a tutti i costi e di essere letti ti contagia all'inizio della carriera, o più meno florida, di blogger. Poi impari a scremare, a centellinare e apprezzi pochi commenti, ma buoni perché sai che non sono stati buttati là solo dopo un frettoloso passaggio. A me piace e interessa tutto ciò di cui scrivete qua dentro!
    Un salutone, Annarita

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  13. Màz, mi sono divertito a scrivere questo post e forse si vede un po' troppo. Perché se chiedessi in giro qual è il primo problema di quel venditore, soltanto chi ha avuto una esperienza di vendita saprebbe rispondere. Il primo problema è la credibilità. Perché lui, dalla stessa fornaia, ci torna ogni quindici giorni, massimo ogni mese, e se perde la credibilità perde il cliente. Stabilire un rapporto empatico -e mantenerlo nel tempo- aiuta di sicuro. Ma in Italia la parola venditore è quasi un insulto, salvo farsi menare per il naso dai Cobas del latte o dalla cura Di Bella. Ad esempio, a sinistra si denigra Berlusconi dicendo che è un venditore, mentre il problema vero e grave è un altro: è un monopolista, sia per le licenze edilizie a Milano sia per le frequenze TV. Dare del venditore a Berlusconi è lodarlo, perché come venditore (mestiere difficile) è ottimo. Il venditore che segue lo stesso cliente per anni non si basa sulla parlantina, ma sulla credibilità, e l'empatia aiuta.
    Sul resto, non si finisce mai di imparare e si sbaglia ogni giorno, ognuno di noi è diverso come carattere, come tempo disponibile, come priorità, e l'essere diversi aiuta ad accorgersi degli errori: try and balance. E' faticoso ma divertente, che rischio c'è?

    grazie e saludos
    Solimano

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  14. E' vero Annarita, l'ansia è una cattiva consigliera, è appaltare l'autostima all'opinione altrui, che è pur sempre l'opinione di un altro. Più che commentare, si dovrebbe conversare, il che è possibile solo se ci si legge reciprocamente.
    Ho letto il dialogo fra te ed Habanera riguardo il Nonblog e mi ha fatto piacere.

    grazie e saludos
    Solimano

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  15. Caro Primo, scusa ma Toti Scialoja mi è venuto in automatico:

    Sono in Asia, ed Asia sia;
    vedo un sosia che mi spia;
    l'ansia è falsa compagnia,
    stapperò la malvasia.
    (Toti Scialoja, Versi del senso perso)

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  16. Giuliano, Toti Scialoja lo dovrai mettere sul Nonblog (come poesie più che come quadri), magari accompagnato da qualche verso di un giovane emergente, l'Emilio, meccanico argentino.
    Mi ha fatto piacere trovare una simile definizione dell'ansia, e la malvasia (specie quella di Maiatico) può essere la terapia giusta.

    saludos
    Solimano

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