Sukkar banat, di Nadine Labaki (2007) Sceneggiatura di Rodney El Haddad, Jihad Hojeily, Nadine Labaki Con Nadine Labaki, Yasmine Elmasri, Joanna Moukarzel, Gisèle Aouad, Adel Karam, Sihame Haddad, Aziza Semaan, Fatmeh Safa, Dimitri Staneofski, Fadia Stella, Ismaïl Antar, Yousra Karam, Victoria Bader Musica: Khaled Mouzannar Fotografia: Yves Sehnaoui (95 minuti) Rating IMDb: 7.3
Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce
« Il mondo può essere girato in dodici ore, dal tramonto all'alba, con uno spostamento minimo eppure immenso: basta andare da Beirut Est a Beirut Ovest, in senso orario. Tutto in una notte: ogni lingua e ogni fede, ogni possibile desiderio e la sua castrazione, il progetto di essere altrove e l'orgoglio di trovarsi qui (esistere è, in parte, resistere), la guerra che continuerà finché un locale ne sfrutterà il ricordo e la pace come oggetto di lusso effimero e trasferibile, Dio e il teorema del seno perfetto, lo sceicco dei corridori e il distratto santo protettore di tutti quelli che si sono imbarcati con il talento che avevano e, yalla!, hanno fatto rotta verso gli scogli. »
Così Gabriele Romagnoli ci racconta Beirut nel suo libro Beirut, il mondo in una notte.
A Beirut, una città apparentemente moderna sostare in macchina, di notte è un “reato”, l’omosessualità è un tabù, essere amanti è impossibile e per prenotare una stanza, viene richiesto il certificato di matrimonio. In questa città Nadine Labaki gira il suo delicatissimo film, Caramel. Un film dolce, apparentemente leggero che alla violenza di una città, da sempre in guerra, contrappone il desiderio forte e determinato di vivere una vita normale e in cui non si perdano il valore dell’amicizia e della solidarietà: un film tutto al femminile.
Cinque donne lavorano nel salone di bellezza “Si belle”, un microcosmo colorato e vitale, un luogo allegorico, da cui l'intreccio narrativo parte e dove si compie.
Lavale, la padrona del salone, (impersonata dalla regista) è perdutamente innamorata di Rabih, un uomo sposato, ed è sempre in attesa di un segnale (il più delle volte un colpo di clacson) o una telefonata che il più delle volte non arriva. E’ una donna giovane di circa 30 anni, cristiana, vive ancora con i suoi genitori, come effettivamente accade a tutte le donne giovani e celibi in Libano. E’ una donna in conflitto come del resto tutte le altre protagoniste: da un lato c’è la sua famiglia che non vuole deludere, la sua religione, un bozzolo protettivo e, d’altro lato, c’è l’uomo dal quale lei è completamente dipendente e che rappresenta la trasgressione.
Un altro personaggio è Nisrine, una giovane musulmana che sta per sposarsi ed è angosciata da un problema: la prima notte di nozze suo marito scoprirà che lei ha già perduto la verginità. Solo confidandosi con le amiche, troverà la soluzione: un intervento di "rivergination".
Rima è un personaggio più appartato e silenzioso: è una giovane di 24 anni che nel salone fa gli shampoo. E’ una donna che ancora sta cercando la sua identità: si accorge di essere sempre più attratta dalle donne, ma non vuole ammetterlo ed accettarlo, anche perchè vive in un mondo dove l’omosessualità non è né concepita né accettata come modo di essere.
Jamale Tarabay, non più giovanissima, è talmente ossessionata dallo scorrere del tempo e dalla inesorabile decadenza fisica che usa tintura rossa e assorbenti per simulare mestruazioni che non ha più, visto che è ormai in menopausa. Jamale desidera essere un’attrice perché, dopo aver dedicato l’intera vita ai suoi figli, desidera rifarsi una vita anche perché suo marito l’ha lasciata per una donna più giovane e vuole fare l’attrice, ma costantemente impegnata a fare provini, deve competere con altre giovani donne e questo le provoca non poche frustrazioni
Ed infine Rose, una dolcissima ormai anziana sarta che ha sacrificato i suoi anni migliori e la sua felicità per occuparsi della sorella maggiore. Rinuncerà al suo riscatto amoroso tardivo, per dedicarsi esclusivamente alle cure della sorella Lili che è un po’ fuori di testa. Quando viene a contatto con Charles, sente il cuore batterle per amore, ma il senso di rinuncia e sacrificio prendono il sopravvento. “In Libano dopo una certa età, - dice la regista - quando una donna è vedova, divorziata o “zitella”, le convenzioni non le permettono più di innamorarsi, perché il rischio è rendersi ridicole… in questa società chiusa, è la stessa famiglia che ti fa sentire colpevole”.
Il personaggio di Lili, la sorella, è tratto da una storia vera. La donna da giovane si era innamorata di un ufficiale francese che dopo aver lasciato il Libano le aveva scritto ogni giorno lunghe lettere, ma le lettere venivano quotidianamente intercettate dalla famiglia di lei.
Quando Lili lo scoprì era ormai troppo tardi e la sua vita bruciata. Da quel momento la vediamo in ricerca continua delle sue lettere che identifica in ogni pezzo di carta che trova anche per la strada. Una donna persa nel sogno che le convenzioni e i pregiudizi le avevano impedito di vivere.
E poi c’è la bellissima e misteriosa donna che passa di tanto in tanto nel salone di cui non si sa nemmeno il nome! È l’esempio della donna perfetta. Lei è tutto quello che un uomo potrebbe desiderare. Ma ci renderemo presto conto che è incredibilmente frustrata e triste, come molte donne libanesi che lasciano da parte le loro personalità per conformarsi all’immagine che è prevista per loro.
Al salone, dunque, tra colpi di spazzola e il profumo di caramello sui baffi, si parla di se stesse, si scambiano confidenze che si raccontano con la libertà e l’intimità propria delle donne tra cui sa nascere una forte complicità.
Nel film trovano spazio tematiche importanti come l'amore, l'importanza per una donna di trovare marito, le contraddizioni della religione, la tradizione familiare: molto bello il dialogo tra la madre della promessa sposa e la sposa Nisrine nel giorno del suo matrimonio.
In tutte le donne c’è un desiderio di ricercare la propria identità che però è sempre in qualche modo frenato dalla paura di abbandonare e di tradire la tradizione: una donna, quindi, in quell’eterno conflitto che deriva dalla voglia di emanciparsi, di recuperare uno spazio di libertà ed il richiamo forte e a volte pressante di una tradizione che se non rispettata può avere conseguenze gravi.
Non a caso il film terminerà con il matrimonio di Nisrine e la sua festa.
“In questo mondo tipicamente femminile, queste donne - che soffrono dell’ipocrisia di un sistema orientale di fronte all’apertura occidentale - si aiutano ad affrontare i problemi che incontrano con gli uomini, l’amore, il matrimonio e il sesso… Oggi, in quella parte del mondo, il Libano appare come esempio di un paese aperto, libero e con una società emancipata. Ma questo non sempre è vero. Dietro la facciata, le donne sono ancora costrette a molti vincoli, al continuo timore degli sguardi della gente ed al loro giudizio. In questo contesto, le donne libanesi si consumano dai sensi di colpa e dai rimorsi. Nel salone di bellezza, le mie eroine si sentono al sicuro. È un posto in cui, anche se affrontano argomenti intimi e privati, non si sentono mai giudicate. La donna che ti taglia i capelli ti mette a nudo, in tutti i sensi, e quello è quindi un momento in cui non si può truffare. A poco a poco, ci apriamo e gli raccontiamo le nostre vite, i timori, i progetti, le tresche amorose…
Ma nel film non si demonizza il maschio anzi dice la regista: "Nel film i maschi sono tutti amichevoli, il poliziotto, il promesso sposo, il signore anziano… L’unico bastardo è l’amante di cui non vediamo mai la faccia. Quella è stata una scelta precisa perché il modello di marito con amante esiste in ogni paese nel mondo. Gli altri uomini sono invece come li vorrei. Il poliziotto ci sorprende col suo romanticismo e la sua sensibilità. Charles, l’uomo anziano che s’innamora di Rose, è elegante e pieno di tenerezza. E infatti, gli uomini libanesi stanno avendo qualche crisi di identità… "
Il titolo “CARAMEL” è la tipica ceretta per la depilazione che si usa in Medio Oriente, una miscela di zucchero, limone e acqua, che portata ad ebollizione si trasforma in caramello. Questa miscela si lascia poi raffreddare sul marmo. Si trasforma così in una pasta adesiva che rimuove i peli superflui. Ma il caramello, seppur squisito e dolce, può bruciare e farti male.
Da sottolineare che nessun attrice, ad eccezione della regista, è una professionista e devo dire che non l'avrei mai detto.
Un film delizioso che ho assaporato in tutti i sensi, una festa per gli occhi con quei colori caldi, per le orecchie con l'azzeccatissima colonna sonora. Una festa persino di profumi, mi sembrava di sentire gli aromi di questo Libano al femminile lontano eppure vicino nei dubbi, nei sogni, nelle speranze, nelle gioie e nei dispiaceri. Il tuo bel post me lo ha fatto rivivere con grande piacere!
RispondiEliminaBuona serata, Annarita
Si direbbe un film piacevole su un argomento serissimo, correggimi se sbaglio. Per me è difficile raccapezzarmi, questo desiderio di "avere una vergine" mi è sempre sembrato qualcosa di molto strano, inconcepibile; faccio fatica anche a ritrovarmi nei film di Germi, che mi sono sempre sembrati qualcosa di simile a barzellette e invece erano tragicamente veri.
RispondiEliminaNon ho mai conosciuto nessuno che mi abbia parlato apertamente della verginità delle donne come qualcosa di importante, e sì che comincio ad avere una bella età anch'io.
Pensavo anche con orrore a quelle storie di infibulazione e mutilazioni genitali: chi le ha studiate e se ne intende dice che sono le donne a volerle portare avanti, ed anche questo è impressionante.
Però mi fermo qui, ho già tirato in ballo troppi argomenti impegnativi per un commento come questo.
Questa estate il film Caramel me lo sono perso. Avevo sbagliato di un giorno la data e mi sono trovato davanti all'Arena di Villa Ghirlanda che facevano un altro film che non mi interessava. Questo film ha due trappole: il nome, perché uno pensa a tutto tranne che alle cerette, ma soprattutto le facce: mai avrei pensato a facce così in Libano, occorrerà organizzare subito un volo charter, però è un volo a rischio, visti i ragionamenti che fanno i libanesi uomini.
RispondiEliminaIo ci andrei piano a dire che il mito della verginità c'est fini, e comunque, anche se fosse finito, ha creato problemi inenarrabili di ogni tipo a generazioni su generazioni. L'evoluzione della specie a volte fa degli errori, non sarebbe meglio da tutti i punti di vista se questa storia non ci fosse?
Come immagini, Giulia, un piccolo sfizio finale sono riuscito a prendermelo, però la sfida si fa vieppiù impegnativa. Vedremo in futuro...
grazie Giulia e saludos
Solimano
P.S. Però, se ho interpretato bene, la meglio delle signore è proprio la regista.
E'un film piacevole, leggero, ma profondo...In quanto alla verginità sembra che siano passati anni luce, ma non è molto tempo che in Italia non è più un problema. Lo è stato eccome. Chi non era vergine, si diceva non poteva trovare marito e allora non c'era l'intervento chirurgico...
RispondiEliminaSolimano, ho un bravo maestro, cerco solo di imaparare. Non è sempre facile trovare le immagini. Ma concordo con te, l'immagine è importante, non a caso io amo molto fotografare anche se molto da dilettante.
Un caro saluto a tutti, Giulia
Giulia, aggiungo una piccola cosa. Le immagini sono importanti e vabbè. Ma c'è una cosa che è ancora più importante: l'integrazione testo-immagini e immagini-testo e tu l'hai capito benissimo. E' la cosa più difficile ma più utile, il post dura sicuramente nel tempo.
RispondiEliminasaludos
Solimano