Solimano
Questo è il secondo post che dedico a Jacques Carelman, l'inventore degli Oggetti Introvabili.
Breve riassunto della prima puntata.
Jacques Carelman, nato a Marsiglia nel 1929, pubblica nel 1969 il suo "Catalogue d'objets introuvables", ottenendo un notevole successo. L'editore Mazzotta pubbica nel 1978 e nel 1979 due volumi col titolo "Catalogo d'oggetti introvabili". Le immagini che inserisco non sono tratte dai libri, ma le ho fatte realizzare da un grafico per utilizzarle in Corsi di Formazione presso l'azienda informatica in cui lavoravo.
Lo sfogliatore di margherite, che ho messo in apertura del post, potrebbe semplificare la vita agli innamorati insicuri, perché è sfibrante sfogliare le margherite con le mani che tremano per l'agitazione. Faccio una domanda retorica: perché la margherita la sfogliano gli uomini e non le donne? Perché le donne generalmente sanno se sono amate oppure no, mentre per gli uomini non è detto. Mi piacerebbe scriverne, ma la tengo corta: nelle donne c'è una naturale (direi quasi etologica) attenzione ai segnali non verbali che negli uomini c'è molto meno.
Veniamo a noi. Il venditore vorrebbe sapere se il cliente firmerà il contratto oppure no, interiormente sa come è messa la trattativa, ma razionalizza per raccontarsi cose diverse da quelle che sente quando esce dagli uffici del cliente. Non è un dettaglio, perché le trattative duravano mesi, magari più di un anno e il tempo è denaro soprattutto negli affari. E' demoralizzante sapere che si perdeva quella trattativa dopo averci lavorato per mesi, sarebbe stato molto meglio capire prima come era messa. Faccio un esempio. Se il possibile cliente dice con durezza: "Certamente chiameremo la concorrenza" o se dice con gentilezza: "Non le nascondo che abbiamo chiamato la concorrenza", state tranquilli che nel secondo caso avete perso la trattativa, mentre nel primo può darsi che vinciate. Il cliente che da duro diventa gentile vi sta facendo pat pat sulla spalla perché sa che sta per darvi un dispiacere.
Qui sopra c'è l'apparecchio per mettere i puntini sulle "I". Nel foil c'è un errore che volutamente lasciai perché mi divertiva troppo il Pierino di turno che alzava la mano per farmelo notare. Rispondevo, a seconda dei momenti: "Ma guarda, non me ne sono mai accorto. Lei sicuramente ha fatto il Classico", oppure "E' una piccola astuzia per vedere se l'uditorio è attento, e lei è attentissimo", oppure piantavo la grana: "No, non ci credo. Sta meglio scrivere sugli "I" che sulle "I". E' più virile". Gli altri capivano e il Pierino pagava nel break il caffé a tutti.
Li conosciamo bene quelli -e quelle- che mettono continuamente i puntini sulle "I", nel lavoro, nel tempo libero e in famiglia. Fosse soltanto che vogliono approfondire anche le cose poco importanti. La situazione è generalmente più grave, è il loro modo per avere sempre ragione, o di mettere i bastoni fra le ruote. Preferivo il cliente umorale, al limite incazzoso, al cliente pignolo e purtroppo il fastidio mi si leggeva negli occhi (non si può condurre una trattativa con gli occhiali da sole).
Lo scacciamosche umanitario non solo è un oggetto introvabile, ma non credo che esista proprio lo scacciamosche. Io almeno non ne ho mai visto uno, mentre ricordo benissimo i rotoli di carta moschicida che appendevano nei negozi alimentari, che già alle dieci di mattina nereggiavano di mosche catturate. Un sistema crudele ma efficacissimo a cui era necessario ricorrere, in assenza dei frigoriferi che conservassero carni e salumi.
Il concetto di scacciamosche umanitario è sottile: bisogna sempre dare una alternativa all'avversario, non rinchiuderlo nell'angoletto senza via di scampo. Questo era importante nelle corretta gestione delle persone. D'accordo, quello ha sbagliato senza nessun dubbio, ma poi che fai? Chiedi che te ne diano un altro al posto suo? Non te lo danno, o ti danno uno peggio. La società era piena di persone che dicevano: "Ho proprio una persona che fa per te". Era una persona di cui volevano liberarsi. Quindi, non è il caso di essere dei perdonisti, ma ricordiamoci sempre che il "mai dire mai" non è una frase fatta, si verifica spesso. Cambia tutto: situazioni, persone, attività, posti. Meglio essere liquidi anziché solidi, senza diventare gassosi.
La clessidra fermatempo è apparentemente un oggetto introvabile, ma nei fatti è diffusissima, le clessidre fermatempo ce le abbiamo tutti. Il cambiamento lo lodiamo tutti a parole, ma lo evitiamo nei fatti. I motivi sono tanti, uno soprattutto è fondamentale: la nostra vita è semplificata dalle abitudini, per questo tendiamo a conservarle. Figuratevi com'era importante questo aspetto in una azienda che necessariamente cambiava rapidamente tutto: prodotti, programmi, organigrammi, attività, contenuti tecnici e commerciali. La job rotation era uno degli obiettivi aziendali. Quando venni assunto e dovevo partire per il Corso Base, chiesi ad un mio amico entrato sei mesi prima di prestarmi le dispense. Mi rispose: "Scherziamo? E' cambiato tutto, in questi sei mesi". Le dispense erano organizzate in fogli separati, e nel giro di quindici giorni ti arrivavano le pagine nuove da sostituire a quelle precedenti. Non tratto, per carità di patria, l'uso della clessidra fermatempo nei matrimoni...
La calcolatrice semplificata serviva per un motivo che è come l'uovo di Colombo: proprio perché l'azienda è complessa (non complicata, proprio complessa), c'è bisogno della punta dell'iceberg della semplicità. Non è superficialità, è avere sempre ben presenti i motivi della complessità, altrimenti ci anneghi dentro. Se sai il motivo, sei in grado di spiegarlo, se hai perso di vista il motivo, i tuoi ragionamenti diventano burocratici, confusi, irritanti, arroganti. Il cliente pensa -a volte giustamente- "beati voi che vi potete permettere tanti sfizi!" Era pericoloso, andare dal cliente con una persona valida ma che da anni viveva solo il mondo interno dell'azienda. Non si capivano, e lo sguardo che mi rivolgeva il cliente alla fine dell'appuntamento era chiarissimo, stava dicendomi: "Ma chi mi mi hai portato?"
Il rubinetto economico (detto anche l'elefante) serviva per affrontare la distorsione da obiettivi. Tutti avevano degli obiettivi, non teorici, ma pratici, che dovevano armonizzarsi con gli obiettivi di altre persone e di altri settori. I conflitti erano all'ordine del giorno, perché ognuno stava attaccato con le unghie e con i denti ai suoi obiettivi, che volevano dire stipendio, premi, carriera e considerazione. Quindi c'era tutta una gestione che non racconto, basata su responsabilizzazioni incrociate. Il rischio era che si perdesse tempo in inutili contenziosi o che gli obiettivi divenissero più burocratici che operativi. Il rubinetto economico ce l'ha, il suo obiettivo, quello di fare scorrere l'acqua, ma fuori non se ne accorge nessuno.
L'ultimo lucido, che metto a chiusura del post, è l'incudine da viaggio. Lo usavo come jolly, il concetto è applicabile a diverse situazioni, è meglio tenersi ogni tanto sul proteiforme, ma è un foil che usavo sempre. Era divertente, non mancava mai quello che se ne faceva subito la copia per portarla a casa e dire alla famiglia tutta che era stufo di partire per le vacanze con la macchina strapiena di bagagli.
Bellissimi e geniali.
RispondiEliminaA me servirebbe lo scacciamosche umanitario.
Non ho capito l'incudine da viaggio e sono scocciatissima, ma forse perché non so come sia fatto un incudine.
Elena, l'incudine è l'attrezzo su cui si battono e si forgiano i metalli; è costituito da un blocco d'acciao, con la superficie superiore piana e due sporgenze laterali (così pressapoco il Palazzi-Folena).
RispondiEliminaCarelman la trasforma in una specie di pieghevole con gancio e maniglia, così uno può andarsene a spasso reggendola con la maniglia, Solo che l'incudine è pesantissima...
Le immagini che mi catturano in modo particolare sono lo sfogliatore di margherite e la clessidra fermatempo.
Ma a te lo scacciamosche servirebbe in quanto scacciamosche o in quanto umanitario?
grazie e saludos
Solimano
:)))) ora che l'ho capito ne ordino un paio!
RispondiEliminaLo scacciamosche mi serve per il lato umanitario per far scappare, solo qualche volta, qualcuno.
Non ti vedo però utilizzatore di sfogliatore di margherite.;)
Elena, sono stato un notevole sfogliatore di margherite, il Comune di Monza mi voleva mettere a provvigioni per ripulire certi prati del Parco (le margherite hanno un che di infestante). Ma lentamente ho capito due cose.
RispondiEliminaLa prima è che la margherita va sfogliata ogni giorno dicendo m'amo, non m'amo. L'amore di sé (non attaccamento, amore) è a monte di tutto.
La seconda è che occorre accettare volentieri che l'altra persona sia come è, correndo così due rischi: il primo è che non ami, il secondo, più impegnativo, che ami.
saludos
Solimano
Elena, ti sorprenderò con effetti speciali.
RispondiEliminaSe leggi le confessioni del poeta finto Solimano cambierai idea sul suo non essere (o almeno, essere stato) uno sfogliatore di margherite.
Le puoi trovare qui, nella colonna di destra, tutte elencate in ordine di tempo.
Vedere per credere ;-)
H.
Ho seguito come Pollicina la stradina indicata dall'Habanera (grazie Habanera), ma ho ancora pochi elementi e quindi rimango in osservazione. ;)
RispondiEliminaQuesti oggetti, soprattutto i primi due, mi ricordano vagamente le "macchine di Munari".
RispondiEliminaComunque lo scacciamosche umanitario esiste, ed è in vendita da Ikea...