In nome del popolo italiano, di Dino Risi (1971) Sceneggiatura di Agenore Incrocci e Furio Scarpelli Con Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Ely Galleani, Yvonne Furneaux, Michele Cimarosa, Renato Baldini, Pietro Tordi, Maria Teresa Albani, Gianfilippo Carcano, Marcello Di Falco, Checco Durante, Edda Ferronao, Mario Maranzana, Enrico Ragusa, Simonetta Stefanelli, Giò Stajano, Franca Ridolfi Fotografia: Alessandro D'Eva Musica: Carlo Rustichelli (103 minuti) Rating IMDb: 7.9
Solimano
Rivedere oggi il film In nome del popolo italiano di Dino Risi fa un effetto strano. Sembra che in questi quarant'anni il tempo si sia fermato, che non sia cambiato niente. Il tema è sempre lì, il rapporto fra potenti e giustizia, ed anche le argomentazioni contrapposte sono del tutto analoghe. C'è solo una rilevante differenza, che dirò alla fine del post.
Il magistrato Mariano Bonifazi (Ugo Tognazzi) è uno che non scherza e non guarda in faccia a nessuno. All'inizio del film lo vediamo assistere al crollo programmato di un edificio costruito illegalmente: ha dovuto lottare contro tanti ostacoli, ma alla fine ce l'ha fatta, cosa quasi incredibile.
Nell'ambiente giudiziario non tutti lo amano. C'è un magistrato, più alto di lui in grado, che usa un altro sistema: forte coi deboli e debole con i forti. E' a questo che telefonano politici e industriali quando c'è un problema, gli telefonano per sapere e far sapere, mentre sanno che non è il caso di telefonare a Bonifazi. Litigano persino sulle scale del Palazzaccio, fatiscente allora come forse è anche adesso.
Si affida a Bonifazi un caso non frequentissimo ma con un che di routine: è stata trovata morta una ragazza notoriamente facile, Silvana Lazzarini (Ely Galleani). Sul corpo ci sono ecchimosi e segni di violenza, come se fosse stata picchiata prima di morire. Mentre sono in corso le analisi chimiche, Bonifazi interroga i genitori della ragazza (Maria Teresa Albani e Gianfilippo Carcano).
La coppia è di uno squallore unico. Quando Bonifazi chiede che attività svolgesse la figlia, rispondono che si esplicava in attività di relazione. Sapevano benissimo quello che faceva, ma fanno finta di non saperlo, e risulterà nelle indagini che la figlia (che aveva meno di vent'anni) voleva smettere con quel lavoro, ma dai genitori partiva il ricatto sentimentale, perché la figlia passasse soldi a loro in continuazione.
Il film, più che comico, è grottesco ed amaro. Molto duro ed efficace nel disegnare personaggi tipicamente italici, che quando sono sorpresi sul fatto la buttano sul sentimentale. Il vero problema di quei due non è che gli è morta la figlia, ma che si è disseccata una fonte di manteninemento.
Bonifazi comincia ad indagare fra i nomi di una agenda, e si imbatte subito in un nome noto, quello di Lorenzo Santenocito (Vittorio Gassman), industriale ammmanigliato e inquinatore.
Lo vediamo che dà un passaggio in macchina ad un autostoppista hippy. Mentre guida, gli spiega perché l'ha preso su: per potergliene dire quattro, lui non li può vedere gli hippy, quei giovani che vanno sempre in giro e che non rispettano chi produce lavorando per il bene del paese. Il giovane lo guarda stranito e gli risponde in inglese dicendo che non capisce l'italiano. Santenocito lo fa scendere (uno così non gli serve) ma rimane poi di sale di fronte all'urlo di "Fascista!", che gli grida sfottente il ragazzo. Stavolta a Santenocito è andata buca.
Bonifazi ha visto rosso, quando ha trovato il nome di Santenocito, e lo convoca per due volte, senza che Santenocito si presenti. La terza volta si presenta forzosamente, però vestito da antico romano, era ad una festa in costume.
Santenocito all'inizio è solo seccato per il perditempo. Sottovaluta Bonifazi, che non ha neppure l'ufficio da solo. Ma ha trovato del duro, e lo capisce quando, dopo un dialogo astioso (perché si sente che Bonifazi ha del livore contro Santenocito), vuole uscire dall'ufficio e Bonifazi lo blocca dicendogli che l'interrogatorio non è finito. Poi scartabella sulla scivania per trenta lunghissimi secondi e infine gli dice: "Ecco, adesso può andare".
Santenocito ha detto che la ragazza la conosceva di vista, come tante, ma Bonifazi scava e trova dei pagamenti, in soldi e in assegni.
A questo punto, Santenocito deve darsi da fare con l'alibi per la sera in cui è morta la ragazza. Pensa che gli sia facile, quella sera ha giocato a carte in casa col vecchio padre Riziero (Enrico Siracusa), che è un po' fuori di testa un po' no. Ma quando il padre gli dice che quella sera hanno giocato a carte solo fino alle dieci e mezzo perché poi il figlio è uscito, provvede immediatamente a far ricoverare in una clinica il padre, come incapace di intendere e di volere.
Tutto è strumentale, nella famiglia di Santenocito.
C'è la figlia Giugi (Simonetta Stefanelli) a cui il padre raccomanda caldamente di mantenersi pura (proprio così le dice) perché degli uomini non ci si può fidare. La figlia lo guarda e non gli dice niente, ma si può sta sicuri che uno come Santenocito utilizzerebbe anche la figlia, se del caso.
Con la moglie Lavinia (Yvonne Furneaux) c'è un astio non sempre controllato, lei non può vedere lui e lui non può vedere lei, che si atteggia a donna colta. Ma nel momento del bisogno, lei fa in modo che Bonifazi non sappia che la macchina appena partita portava il suocero nella casa di cura. Gli interessi sono gli interessi.
Anche Bonifazi ha qualche problema in casa. Separato da anni, sua moglie convive col Ragioniere Cerioni (Renato Baldini) un bel tipo anche lui. Gli dà appuntamento in trattoria e spiega a Bonifazi che il tempo è passato, sua moglie ha delle spese da affrontare perché ha una piccola operazione da sostenere, insomma, sarebbe il caso che Bonifazi riprendesse indietro la moglie. Quando il magistrato gli dice di no, il ragioniere se ne va deluso, e dalla vetrina della trattoria vediamo che in macchina c'è la moglie: quei due erano d'accordo per provarci col Bonifazi allo scopo di risolvere i loro problemi finanziari.
Quindi Bonifazi è tutto concentrato sul lavoro, e sta stringendo in un angolo Santenocito, che le prova tutte. Prima con messaggi che pervengono dall'alto a Bonifazi. Poi in un viaggio in macchina prova la corruzione diretta. Infine, sulla spiaggia, la collusione dei sentimenti, ricordando che da ragazzi si erano conosciuti al mare a Cesenatico. Bonifazi finge di abboccare, prendendolo in giro per qualche minuto nel ricordare amici comuni, infine dice che lui a Cesenatico non è mai stato.
A Santenocito non resta che arretrare: sì, quella ragazza l'ha conosciuta, era una fra le altre che servivano quando c'era di mezzo un grosso cliente americano: gli si faceva credere che fosse una di famiglia, magari la figlia, e l'americano finiva per firmare il contratto. Bella come tecnica, mettiamoci nei panni dell'americano che torna a casa pensando di essere stato a letto con la figlia del fornitore.
Appaiono altri personaggi esemplari: Floriano Roncherini (Giò Stajano) è il responsabile di una società di pubbliche relazioni, ma in realtà il piccolo lenone del giro, quello che sequenzia gli incontri. Poi c'è l'attrice Doris (Franca Ridolfi) che probabilmente non ha fatto neppure un film, ma che sa rendersi utile, anche se ha un problema dentario che le impedisce di sorridere come vorrebbe (questa è una piccola differenza con quelle di oggi, che non hanno problemi dentari).
Santenocito ammette che qualche volta con Silvana Lazzarini ci è andato a letto pure lui, ma provvede a costruirsi un alibi per quella sera, scritturando a caro prezzo un industriale che rischiava di fallire. Ma questa gli va del tutto male, perché Bonifazi, sempre più accanito, riesce a smontare l'alibi.
A questo punto il caso sembra risolto: Santenocito ha mentito con l'alibi, ci sono riscontri finanziari e riscontri di conoscenza. Probabilmente le analisi troveranno tracce di una droga tedesca che Santenocito poteva avere, visto che andava spesso in Germania: Santenocito viene arrestato.
Solo che casualmente, fra quello che ha lasciato la ragazza, Bonifazi trova un quaderno di scuola, che la ragazza usava come diario abbastanza sporadico. E lì la ragazza ha scritto che quel giorno ha avuto un incidente in macchina con contusioni dolorose, che è stanca della vita e che rimpiange un ragazzo che aveva prima, l'unica soluzione è prendere quella droga tedesca: la ragazza si è uccisa. Bonifazi ha in mano quel quaderno e cammina per strada proprio la sera che la nazionale italiana di calcio ha battuto gli inglesi. Tifosi urlanti, vandalici e sbandieranti corrono per le strade di Roma. Una macchina viene incendiata, e Bonifazi getta la prova del quaderno nel rogo, poi si allontana. Per lui, che Bonifazi sia innocente per quel delitto è un particolare: deve comunque pagare per altri delitti per cui non lo si può perseguire, in nome del popolo italiano.
Dicevo all'inizio che c'è solo una rilevante differenza rispetto alla situazione di oggi. Nel film, l'industriale Santenocito unge le ruote e riesce a tenere ottimi rapporti con chi tiene il potere politico. Oggi c'è un industriale che non ha nessun bisogno di ungere le ruote, perché il potere politico ce l'ha lui. Le sue industrie non fanno detersivi, ma sono le televisioni che controlla tutte, in modo diretto o indiretto. Ma alla maggioranza degli italiani questa non sembra un'anomalia. I fantasiosi e creativi Age e Scarpelli non se la sarebbero mai immaginata, una differenza del genere.
E' un gran peccato che questo film non sia del tutto riuscito.
RispondiEliminaFa anche un po' rabbia, perché il soggetto era di quelli epocali, e Tognazzi-Gassman fanno una gran coppia, come ai tempi della Marcia su Roma ma diversi.
Però non tutte le ciambelle riescono col buco, forse bisognava concentrarsi sui due e lasciar perdere le storie secondarie, le macchiette, le figure di contorno.
Ely Galleani = Bellissima
RispondiEliminaEly Galleani, prorompente avvenenza
RispondiEliminaBuon articolo, ottima la sinossi, mi ha spinto a leggere fino alla fine quando poi però tutto è precipitato in un inutile astio contro Berlusconi.... Bah
RispondiElimina