Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi (2001) Con Christo Jivkov, Delislava Tenekedjeva, Sandra Ceccarelli, Sasa Vulicevic, Sergio Grammatico, Dimitar Ratchov, Aldo Toscano, Fabio Giubbani, Nikolaus Moras Musica: Fabio Vacchi Fotografia: Fabio Olmi (100 minuti) Rating IMDb: 7.0
Solimano
Per la vista logica I modi di vedere, ho anticipato che avrei scritto due post per il film Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi.
In questo secondo post l'argomento è diverso rispetto al primo: dai mestieri delle armi passo ai volti delle persone, cercando di scegliere persone diverse per sesso, età, stato sociale. Vedo notevoli differenze fra le immagini, prevale comunque la coerenza di Olmi, che noto anche confontando queste immagini con quelle del primo post.
Olmi ha una visione tragica dell'esistenza, quindi profondamente cristiana: merita il rispetto quasi reverente anche dei laici. A questa profondità non siamo più abituati, tutto qui: Ermanno Olmi crede alla presenza del male, ma anche alla presenza della Grazia. Niente di bigotto o trionfalistico, soprattutto niente di astratto. Se farò un post su L'albero degli zoccoli, si vedrà che al di là della cronologia e dello stato sociale, sono più le somiglianze che le differenze con questo film.
Due vecchi, uno che legge, uno che suona. Tutti e due a lume di candela, le immagini sono piuttosto buie. Le candele compaiono spesso nel film, mai però per sfoggio virtuosistico, come si vedrà anche altrove. In questi due vecchi ci vedo la presenza umile e paziente della cultura incarnata, quella vera. Non c'è posto per serti di mirto o di alloro, il vecchio che legge ha i guanti per difendersi dal freddo, ma con le dita scoperte per girare le pagine del libro. Il vecchio che suona sembra che suoni solo per sé ( o per qualcuno che è in lui).
Nei volti dei signori e dei cortigiani compare una forte personalizzazione fisionomica. Anche una costanza di riserbo, attenzione, dissimulazione, è il loro mestiere che lo richiede. Come sempre in Olmi, l'attore è servo del personaggio, è il ruolo che dobbiamo ricordare, non chi lo impersona. Tra i lanzi luterani e il papa di Roma, i Gonzaga e gli Estensi debbono saper mantenere gli stati, e tenersi stretti come un pugno è essenziale, il loro non è il mestiere di Joanni o del Frundsberg (Nikolaus Moras).
L'autocontrollo mentre interiormente si è in tumulto si vede nella scena dell'accordo fra l'emissario del Frundsberg e l'Estense.
Nell'immagine sopra, l'Estense ha appena letto il dispaccio imperiale con i termini della possibile intesa (matrimonio in cambio di artiglierie) e sta ascoltando il consigliere che gli detta all'orecchio le parole della risposta verbale. Nell'immagine sotto, l'emissario del Frundsberg, molto intento, sta cercando di captare prima possibile l'evolversi della situazione. Non è tempo di convenevoli, questi stanno decidendo.
La gentildonna di Mantova (Sandra Ceccarelli) è l'amante di Joanni, ma è anche la moglie del castellano di Governolo, che lascerà passare gli imperiali su ordine del Gonzaga. E' l'unico personaggio in cui appaia palese il dramma, perché cerca di aiutare l'amante, ma non può impedire il comportamento del marito.
Per la preghiera prima di cena della moglie di Joanni e del figlio, ho scelto due particolari della stessa immagine per ragioni di miglior visibilità. Nel film vengono riportate anche parole di lettere fra Joanni e la moglie, che si confidano reciprocamente la durezza della loro vita attuale, raccontandosi semplici dettagli quotidiani.
Ecco due giovani. Sulle labbra del ragazzo affiora persino un sorriso, quasi unico nel film. La forza quitidiana, quasi contemporanea, non viola l'aderenza con la seconda metà del novembre 1526. Per ottenere questo risultato, Olmi sa che non è questione di orpelli decorativi o narrativi, ma di traferire noi, gli spettatori, nel tempo del film. Tutto congiura in quel senso, per sottrazione del non necessario: paesi, musica, oggetti, volti. L'attenzione al film è difficile ma anche semplice.
Qui sotto, metto una immagine verso la fine del film: due cortigiani che reggono candelieri ad illuminare l'agonia di Joanni. Anche qui, le candele non come espediente decorativo, ma come strumento indispensabile.
P.S. Inserisco qui sotto un ritratto di Raffaello, il Castiglioni del Louvre. Ci sono almeno tre motivi.
Il primo è che è senz'altro uno dei più alti ritratti del Cinquecento.
Il secondo è che l'effigiato, Baldassare Castiglioni, è l'autore de Il Cortegiano, e visse da dentro i problemi non solo della cultura, ma della diplomazia e della politica, di cui tratta Ermanno Olmi nel suo film.
Il terzo è che in questo ritratto c'è uno spirito non lontano da quello delle immagini di Olmi. Raffaello dipinge questo quadro dieci anni prima della calata dei Lanzi, ma è come se già avvertisse l'ombra di quello che succederà: la fine della età dell'oro della cultura e della civiltà italiana.
Parigi, Musée du Louvre
I volti di Olmi sono sempre meravigliosi. Non so come faccia a sceglierli, soprattutto i bambini e le ragazze giovani sono sempre una sorpresa e una meraviglia.
RispondiEliminaMa anche gli uomini adulti, e penso soprattutto al Centurione di "Cammina Cammina" (uno dei più grandi comici del cinema, forse senza volerlo).
Il ritratto di Castiglione spiega tante cose, e sui bambini di Olmi bisognerà fare una serie di post (uno non basta!)
Giuliano, come puoi immaginare, ho molto esitato a cominciare questa vista logica (I modi di vedere), perché ci sono molti rischi, ad esenpio che sia percepita solo come un bel collage di immagini.
RispondiEliminaNon anticipo i film che ho in mente, perché vorrei un po' d'effetto sorpresa, ma credo che sia una vista logica che avrà anche il tuo contributo: tanto per non far nomi, Herzog, il Mahabharata etc etc, lo sai benissimo. Dobbiamo procedere con calma, solo quanto ci sentiamo sicuri del fatto nostro. Naturalmente, è una vista logica aperta anche ad altri contributi.
saludos
Solimano