Sophie Scholl - Die letzen Tage, di Marc Rothemund (2005) Sceneggiatura di Fred Breinersdorfer Con Julia Jentsch, Gerald Alexander, Johanna Gastdorf, André Hennike, Florian Stetter, Maximilian Bruckner, Johannes Suhm, Lilli Jung Musica: Reinhold Heil, Johnny Klimek, Fotografia: Martin Langer (120 minuti) Rating IMDb: 8.0
Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce
In questi giorni molti parlano di politica, di fronte alla caduta del governo ci sentiamo delusi e spesso traditi da coloro a cui molti hanno affidato la loro fiducia e le loro speranze.
Queste critiche sono sicuramente molto giustificate e comprensibile la voglia di molti di allontanarsi dalla “politica.Mi sono sempre chiesta, però, che ruolo abbiamo noi cittadini in tutto questo, davvero, come dicono molti, non c’è nulla da fare? Davvero dobbiamo solo assistere o al successo di un’idea o alla sua disfatta? Dobbiamo possiamo solo distribuire colpe (sicuramente meritate) e rifugiarci nel nostro malcontento?
Ho visto ultimamente un film che ho trovato davvero molto bello in cui la protagonista è una ragazza di 21 anni, Sophie Scholl, l’unica ragazza del gruppo, La rosa bianca, che fu protagonista di uno dei pochi episodi di resistenza antinazista che nel 1943 misero in atto forme di lotta clandestina, morale e pacifista, al nazismo: volantini e scritte sui muri - contro la strategia della «guerra totale» di Hitler, per fermare l'ecatombe di soldati tedeschi sul fronte e diffondere le prime notizie sul febbrile lavoro nei campi di sterminio - che portarono, in soli sei giorni (17-22 febbraio 1943), tre ragazzi dal carcere al tribunale e alla ghigliottina: lo studente in medicina Hans Scholl, la sua ventunenne sorella Sophie e un giovane padre di tre figli, Christoph Probst.
Questo non è il primo film tedesco che racconta questa storia ma è il primo che ha potuto servirsi dei verbali degli interrogatori (disponibili dal ‘90: erano finiti negli archivi della Germania est) e del processo, una farsa dominata dalla figura arcigna del giudice Roland Freisler, inquisitore hitleriano omologo a quelli staliniani.. Il regista Rothemund ci spiega che negli anni del dopoguerra i tedeschi avevano poco interesse a ricordare, erano occupati dalla ricostruzione e il governo era ancora contrario a rinvangare il passato mentre le ferite cominciavano a rimarginarsi. “Bisogna sapere che le sentenze del “tribunale del popolo” nazista sono state dichiarate illegali, e crimini, soltanto nel 1985. Dopodiché è arrivata la riunificazione qualcosa che di nuovo ci ha distratti dalla conoscenza e dalla riflessione sul passato. Ora invece c’è una generazione che è interessata alla nostra storia, che ha pienamente superato la coscienza sporca e i sensi di colpa che facevano tacere i nostri nonni, e al contempo la mia è l’ultima generazione che ha la possibilità di porre domande dirette ai testimoni ancora in vita. E sentiamo di avere una responsabilità”.
Il fatto che le scene degli interrogatori di Mohr a Sophie riproducono fedelmente quelli veri ed il bello del film è proprio questo: è in scena la realtà. Una ragazza giovane, inesperta, guidata solo dalla sua coscienza, di fronte ad un colosso enorme, un gigante: la macchina burocratica del nazismo.
Di fronte a questa ragazza, interrogandola, chi rimarrà sconcertato e turbato sarà proprio il poliziotto gia di lungo corso: un acritico servitore dello stato e della legge che ritiene un meccanico dovere applicarla e che non si ritiene responsabile di quello che sta accadendo. Proprio quella mancanza di responsabilità di cui parla spesso la Arendt che ci può fare diventare fedeli servitori della “banalità del male”.
Il senso di responsabilità di questa ragazza metterà un in crisi questo uomo che offre a Sophie una scappatoia - denunciare gli altri per salvare se stessa - che lei rifiuta.
A questo film fa da specchio il documentario sulla segretaria di Hitler, Traudl Junge che è stata la segretaria di Hitler dal 1942 fino al crollo del regime nazista.Ha lavorato con lui seguendolo ovunque, anche nel bunker dove si rifugiò e dove trovò la morte. Fu a lei che il fuhrer dettò il suo testamento. Prima che morisse nel 2002 Andre Heller la convinse a raccontare la sua incredibile storia. Traudl Junge rievoca il suo passato con un senso di rammarico per l'ingenuità con cui da ragazza accettò quel lavoro. Pur non avendo capito la follia criminale di Hitler e lo sterminio cui aveva condannato il popolo ebraico, ella si è sempre sentita colpevole per non essersi opposta al regime nazionalsocialista. In fondo, altre giovani ragazze avevano preferito morire, piuttosto che accettare il regime supinamente.
Nella battuta finale del documentario afferma: «avevo 21 anni e credevo che la mia giovane età giustificasse la mia insensibilità e la mia frivolezza davanti ai responsabili delle grandi tragedie della storia, finché non scoprii la lapide in omaggio a Sophia Scholl che, alla stessa età sapeva e reagiva».
Due giovani donne, due scelte molto diverse, in una c'è il senso di responsabilità, quella capacità che ci pone sempre in modo critico, ma anche attivo di fronte alla vita e alla società, l'altra che sceglie di seguire senza porsi nessuna domanda.
Traudl Junge si sente in colpa di fronte ad una ragazza che all''uomo della Gestapo che che le chiede: "Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?", le sa rispondere: "No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!"»
In Sophie l'impulso alla vita è forte: toccanti sono le scene in cui dalle finestre della cella scruta il suo quadrato di cielo, sicura che forse è per l'ultima volta. Poco prima di essere ghigliottinata, nei minuti dell'ultima sigaretta tra lei, Hans e Christoph, alle 17 del 22 febbraio, pronuncerà una frase di speranza: "Guardate, c'è ancora il sole!" e il cielo è il suo punto di riferimento, la sua forza per tutto il tempo che trascorrerà affrontando gli interrogatori e aspettando la morte .
Ho provveduto ad inserire nel nostro blog il film su cui Giulia ha scritto qualche giorno fa sul suo blog Pensare in un'altra luce.
RispondiEliminaSono favorevole a queste operazioni in cui, oltre tutto, la convenienza è comune. Naturamente non sarà mai un fatto automatico e di routine, ma una occasione di sinergia fra blog che si stimano.
grazie Giulia ed alla prossima!
Solimano
La stima è davvero reciproca e vi ringrazio, Giulia
RispondiEliminaCara Giulia, questi sono film necessari, e se sono belli è meglio (è necessario che siano belli).
RispondiEliminaPurtroppo, per ogni film come questo ci sono dieci persone, anche importanti, che alzano le spalle e sbuffano (eufemismo).
Speriamo che qualcosa cambi...
Hai avuto un'ottima idea, Solimano, a riportare qui il bel post di Giulia. Lo avevo letto giorni fa sul suo blog ed avevo pensato subito che sarebbe stato benissimo anche su Abbracci e pop corn. L'argomento è di quelli che non andrebbero mai tralasciati e tocca alla nostra generazione tenere viva la memoria per le generazioni che verranno.
RispondiEliminaUn caro abbraccio a tutti
H.
Bel film e bel post, Giulia.
RispondiEliminaTi ho letto con piacere!
Un caro saluto
Laura
Ricordate? Come Sophie, anche Anna Frank, nella sua soffitta/prigione, scriveva pressappoco così: "Quando guardo il CIELO azzurro ed il SOLE penso che non tutto è perduto, ed ho ancora fiducia negli uomini".
RispondiEliminaGrazie, Giulia: bel post, bellissime riflessioni!!!
Roby
Bravissimo Solimano, a pubblicare il bel post di Giulia. Attuale più che mai, e per tanti motivi. L'avevo già apprezzato nel suo blog, lo riapprezzo di nuovo qui.
RispondiEliminaRoby beh... visto che provochi... (smile) , ci sarebbe anche quel "... mamma, dammi il sole" nel gran finale de Gli spettri di Ibsen, ma lì la frase ha un senso ovviamente diverso.
Il fatto è, probabilmente, che quando si ha la consapevolezza di essere a rischio di vita (malattia, persecuzione o altro) il sole e la luna diventano improvvisamente importanti.
La condizione primaria però perchè tali storiche frasi possan esser pronunciate è che sole, luna e stelle siano visibili.
Io mi chiedo: che frase storica e degna d'esser tramandata e immortalata potrà esser pronunciata da persone appartenenti ormai ad una generazione che, tra monnezze varie ed inquinamenti assortiti è da mo' che ha difficoltà "a riveder le stelle"?
Dubito che un Cavaradossi potrebbe oggi, sui bastioni d Castel Sant'Angelo, farsi venire l'estro di gorgheggiar un "... e lucean le stelle".
I miei rispettosi ossequi
Rapìan gli amici una favilla al Sole
RispondiEliminaa illuminar la sotterranea notte, perché gli occhi dell'uom cercan morendo
il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Il che, ben prima che poetico, è umano e naturale, visto che dentro sappiano che senza sole non ci saremmo. Poi ci si gira attorno, ma sempre lì si torna.
saludos
Solimano