sabato 16 febbraio 2008

Il lavoro nel cinema: Riso amaro (1)

Riso amaro, di Giuseppe De Santis (1949) Testo e sceneggiatura di Corrado Alvaro, Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Franco Monicelli, Carlo Musso, Ivo Perilli, Gianni Puccini Con Vittorio Gassman, Doris Dowling, Silvana Mangano, Raf Vallone, Checco Rissone, Nico Pepe, Adriana Sivieri, Lia Corelli, Maria Grazia Francia, Dedi Ristori, Anna Maestri, Maria Capuzzo, Isabella Zennaro, Carlo Mazzarella, Lidia Simoneschi doppia Silvana Mangano, Andreina Pagnani doppia Doris Dowling Musica: Goffredo Petrassi, Armando Trovajoli Fotografia: Otello Nartelli (108 minuti) Rating IMDb: 7.7
Solimano
Commento brevemente le immagini, che parlano abbastanza da sole.
Sopra il post c'è una immagine della distribuzione dei cappelli di paglia. E' una scena anche drammatica: le cosiddette crumire, guidate da Francesca (Doris Dowling) cercano di impossessarsi anche loro dei cappelli, ma i soprastanti glieli tolgono.

Le mondine viaggiavano in treno verso la stazione ferroviaria più vicina alla risaia. Erano in folti gruppi, ma l'organizzazione non era una sola: si andava dal caporalato, che ingaggiandole lucrava sul loro lavoro, cosa già vietata allora ma largamente diffusa, alle parrocchie. Nel film si vede un prete che ha accompagnato le sue parrocchiane nel viaggio e che torna alla parrocchia non senza aver dato molte raccomandazioni alle ragazze, una è molto bella: "State insieme!" Il film non dice tutta la verità, perché fa viaggiare le mondine in carrozze di terza classe. Ho visto con i miei occhi di bambino, quando abitavo nel casello di Parma, fermarsi al semaforo un treno merci pieno di donne, di cui diverse viaggiavano sedute a portellone aperto con le gambe che prendevano aria.


Dalla stazione ferroviaria, dei camion aperti portavano le mondine nel posto dove avrebbero mangiato e dormito. Si trattava di capannoni o stanzoni agricoli o di vere e proprie stalle vicinissime alle risaie. Nel film si sceglie la soluzione di una caserma dismessa, che viene lasciata dai militari il giorno stesso dell'arrivo delle mondine.

Le mondine trovavano delle balle di fieno con cui riempire i sacchi che divenivano così i pagliericci su cui dormire. Il sergente Marco (Raf Vallone) le avverte che in quegli stanzoni ci sono le cimici. Ogni mondina si organizza per sé, ma dormono e mangiano tutte insieme, anche se ognuna -magari con due o tre amiche- provvede a prepararsi il mangiare.

Nelle zone delle risaie chiaramente l'acqua non mancava, erano percorse da canali in parte ancora esistenti. Qui le mondine si avviano al lavoro costeggiando un canale correntemente usato per lavarsi. Per la nostra mentalità e per le nostre abitudini avrebbe costituito un problema la presenza delle bisce d'acqua, che sono nere e lunghe anche più di un metro. Ma mia nonna, che ha fatto la mondina negli anni Trenta, quindi ben prima del film, mi raccontava che quando ne vedevano una, la afferravano per la coda, la facevano girare vorticosamente attorno alla testa, e la tiravano sul gruppo vicino, che faceva la stessa cosa finché la povera biscia riusciva a sottrarsi.



Metto tre immagini di lavoro in risaia, prese a distanza diversa. Come si vede, si tratta al tempo stesso di un lavoro individuale e fatto in gruppi, come ad esempio si faceva dovunque per la falciatura in spazi vasti, di cui la descrizione più bella e più vera (si capisce che l'aveva fatto) è quella di Tolstoj in Anna Karenina. La fatica grande della mondina non era nella manualità, ma nel dovere stare in piedi nell'acqua e soprattutto nel dover lavorare a schiena china. In più, il sole cocente e le punture degli insetti.

Qui sotto c'è l'immagine di Silvana (Silvana Mangano) che non si capisce bene se grida o canta. Tutte e due, è un grido cantato o un canto gridato. La nonna mi ha raccontato come facevano. Senza organizzazione preliminare, una si rizzava in mezzo alla risaia e cantava da sola; sapevano tutte qual era il momento in cui avrebbe smesso e tutte le avrebbero risposto cantando in coro. Ma era anche un grido, perché così sfogavano la lontananza da casa, la sottomissione sul lavoro, le rivalità reciproche. Paradossalmente, i soprastanti ne erano contenti, perché dalla gioia-rabbia del canto il lavoro veniva accelerato.

Sul canto delle mondine, un notevole lavoro di ricerca e di esecuzione musicale è stato condotto per anni da Giovanna Marini. Nel 2003 assistetti ad un suo bel concerto a Monza e scrissi di getto un breve articolo che trovate qui. Metto in chiusura del post una foto di Giovanna Marini e del suo gruppo di allora: Francesca Breschi, Patrizia Bovi e Patrizia Nasini.

8 commenti:

  1. Aspettavo questo sequel con una certa impazienza, dato che l'immagine delle mondine mi era rimasta in gola senza scendere né salire.
    Letto anche l'articolo,Solimano, lo consiglio perché è un post nel post e le scatoline cinesi rapiscono sempre.
    Un caro saluto
    Laura

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  2. Un post che aspettavo anch'io, uno dei migliori masterpiece del cinema italiano.

    Sono appena reduce da un recente intervento di lavoro in risaia. Il vecchio padrone mi ha detto che le mondine ormai non ci sono più. Purtroppo, ha aggiunto ammiccando. Il che fa capire che girone dell'inferno diurno e notturno fosse, il lavoro della mondina.

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  3. Giovanna Marini non ha bisogno di presentazione; delle altre cantanti conosco bene Patrizia Bovi, che viene dall'Umbria dell'Ensemble Micrologus e che canta in maniera meravigliosa il repertorio antico.

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  4. Vi segnalo un film documentario sulle mondine che è in fase di realizzazione, a questo indirizzo le notizie e gli appuntamenti attorno al mondo delle mondine.ciao
    Freddy

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  5. patrizia bovi oltre ad essere una grande artista è anche una GRANDE PERSONA.
    Soprattutto è una persona anche se di sè LEi stessa ha detto " prima che donna, musicista ".
    Ma Patrizia Bovi è artista e persona.
    Con un cuore dentro al petto.
    Fenomeno abbastanza raro.

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