The ninth gate, di Roman Polanski (1999) Racconto di Arturo Pérez Reverte, Sceneggiatura di John Brownjohn, Enrique Urbizu, Roman Polanski Con Johnny Depp, Frank Langella, Lena Olin, Emmanuelle Seigner, Barbara Jefford, Jack Taylor, José Lopez Rodero, Tony Amoni, James Russo Musica: Wojciech Kilar Fotografia: Darius Khondji (133 minuti) Rating IMDb: 6.5
Giuliano
Ho trovato questo film molto divertente, e penso che anche Polanski si sia divertito. Il soggetto viene da un romanzo di Arturo Perez Reverte, “Il club Dumas”, ed è una fantasia sul tema dell’amore per i libri (quelli antichi, soprattutto), mascherata sotto l’aspetto di un thriller con risvolti demoniaci.
Johnny Depp, un tantino improbabile ma come al solito bravissimo, è un libraio antiquario dai metodi un po’ sbrigativi, che si muove al confine tra il legale e l’illegale, tra la truffa e l’agire onesto. Ha una competenza sbalorditiva, ed è per questo che lo giudico un po’ improbabile: troppo giovane, e troppo atletico...
Riceve un compito impegnativo, da un cliente ricchissimo: al mondo esistono tre sole copie di un libro che permette di evocare il demonio, e lui le dovrà controllare tutte (il problema è che mai nessuno ci è riuscito...).
Nel libro ci sono delle immagini misteriose, qualcosa come dei rebus, delle incisioni che Polanski ha fatto disegnare molto bene e che si direbbero ispirate al più famoso dei libri antichi a stampa, la “Hypnoerotomachia Poliphili” che fino a qualche anno fa era riservato agli eruditi facoltosi, e che oggi è invece fortunatamente accessibile a tutti (pubblicato da Adelphi, è un librone costoso ma si può sbirciare in libreria prima di comperarlo).
Non racconto nulla di più perché – anche se non c’è nulla di davvero sconvolgente – questo è pur sempre un thriller e come un thriller va seguito. Dirò solo che mi dispiace molto che vadano persi e bruciati tutti quei libri, nei frequenti roghi che costellano il film; ma si vede subito che è tutto uno scherzo, diavolacci compresi, anche se l’atmosfera è sempre serissima. Noto ancora che Polanski rifà la scena dell’orgia di “Eyes wide shut”: gli viene meglio che a Kubrick, ma lo fa divertendosi, con un finale calcio in culo e un fuggi fuggi generale di gente biotta. Bravissime e bellissime Lena Olin ed Emmanuelle Seigner, molto bravo Depp; ma per il ruolo del cattivo non ci siamo: qui ci voleva qualcuno come l’Orson Welles di “Mr.Arkadin”, e non Frank Langella, bravo ma un po’ troppo anonimo.
PS: C’è un altro film dove i libri preziosi fanno una brutta fine (ma almeno non bruciano) ed è “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano”, diretto da François Dupeyron. Ne ho parlato qualche tempo fa, ed è qui in archivio: ovviamente, è un film diversissimo da questo di Polanski, ma questo particolare in comune un po’ mi inquieta.
Non l'ho visto, ma mi hai incuriosita. Come mi è sfuggito? Giulia
RispondiEliminaCara Giulia, probabilmente avrai letto qualche riassunto sui giornali... Io ci sono arrivato perché so che Perez Reverte è un ottimo scrittore, e per via di Polanski. Se leggo di film su vampiri streghe e satanismo, non perdo tempo a guardarli, ma con Polanski si può fare.
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