Solimano
Nel film Senso di Luchino Visconti c'è la Venezia notturna, quella al teatro La Fenice per la rappresentazione del Trovatore, e quella della passeggiata di Livia e Franz, che comincia una sera e finisce il mattino dopo all'alba. Ma c'è anche la Venezia diurna, quella in cui, quattro giorni dopo, Livia (Alida Valli) cammina, anzi corre da Franz (Farley Granger) per diventarne l'amante.
Quando in quella notte si sono fermati vicino alla vera da pozzo, Livia ha appreso dove abita Franz, in una casa proprio su quel grande campo, che riattraversa di furia da sola fra la meraviglia di alcuni soldati austriaci. Altre volte Livia la si vede - sempre sola - aggirarsi per Venezia, percorrendo ponti e piazze, per andare al comando austriaco a favore del cugino Roberto (Massimo Girotti), o per cercare qualche notizia di Franz, che è sparito e non si fa più sentire. Emblematica l'immagine in cui Livia, delusa, si allontana dal comando. Nell'immagine la fa da padrone l'acciottolato bagnato dalla pioggia, e la piccola figura di Livia che si allontana su quella pavimentazione, è in perfetta coerenza col suo stato d'animo.
Se si potesse fissare una priorità psicologica, diremmo che Luchino Visconti prima scegliesse il teatro La Fenice e che Venezia venisse di conseguenza. Non è la Venezia delle arti che interessa a Visconti in Senso: non ci sono le grandi chiese, i palazzi splendidi, i luoghi immediatamente riconoscibili. Gli interessa la quotidianità sia diurna che notturna, le persone che svolgono una attività lavorativa la mattina presto, l'ufficialità della amministrazione austriaca, il tran tran degli ufficiali che non hanno molto da fare e che sono in attesa della guerra. Per contrasto, Livia Serpieri passa di fretta, ormai ossessionata da Franz, senza interesse per quelli che incontra lungo la strada, che la guardano stupiti.
Con Senso, occorre evitare il coinvolgimento emotivo nell'amore tutto melodrammatico di Livia per Franz. E' qualcosa al di fuori della storia, in cui non escono bene né gli austriaci, né gli italiani austriacanti come il marito di Livia, né il cugino Ussoni con i suoi comitati patriottici. Solo in un momento si avverte a chi va la simpatia del regista: quando, nel loggione, c'è il traffico dei volantini bianchi, rossi e verdi, che saranno gettati in platea alla fine della romanza. Lì vedi i loggionisti di allora, che come gerarchia sociale obbedivano a Roberto Ussoni e agli altri aristocratici, che comunque se ne stavano in platea.
Come è la Venezia di Visconti? Benché l'azione si svolga a Venezia nella tarda primavera del 1866 (la battaglia di Custoza si svolgerà il 24 giugno), a me vengono in mente i versi di Vincenzo Cardarelli nella poesia Autunno a Venezia:
...
Morto è il silenzio dei canali fetidi,
sotto la luna acquosa,
in ciascuno dei quali
par che dorma il cadavere d'Ofelia:
tombe sparse di fiori
marci e d'altre immondizie vegetali,
dove passa sciacquando
il fantasma del gondoliere.
O notti veneziane,
senza canto di galli,
senza voci di fontane,
tetre notti lagunari
cui nessun tenero bisbiglio anima,
case torve, gelose,
a picco sui canali,
dormenti senza respiro,
io v'ho sul cuore adesso più che mai.
...
Non una Venezia turistica ma una città dove è pericoloso camminare per le strette e buie calli maleodoranti, dove il largo campo è deserto di notte e poco affollato di giorno, dove le attività lavorative si svolgono fin da mattino presto, ed in cui comunque ognuno va in giro con uno scopo pratico. Quello di Visconti è uno sguardo critico: la grande storia di Venezia è ormai alle spalle, ed ora si tratta di o di venire a patti con gli austriaci o di darsi da fare per un mito venuto da fuori: l'unità d'Italia, in cui l'egemonia sarà sempre di quelli che ce l'avevano prima. La sconfitta di Custoza è il suggello di questa indipendenza su cui si fa molta retorica, ma la situazione sul campo era diversa: pochi decenni fa parlavano un dialetto diverso da un sestiere all'altro.
Quindi, quelli che proprio a Venezia negarono il Leon d'oro al film di Visconti, a loro modo avevano perfettamente capito cosa il regista avesse inteso fare, cioè raccontare una rivoluzione che aveva in sé molto di posticcio, e di usare come espressione proprio un finto amore nato in teatro, durante la rappresentazione di un melodramma.
Ma questo atteggiamento non toglie nulla alla bellezza della Venezia di Visconti, semmai toglie ogni sospetto di letterarietà, rischio che sembrava inevitabile, visti i tanti poeti, scrittori, pittori e musicisti che si erano ispirati a Venezia, che nel film è una città vera, non il monumento a sé stessa.
Sono convinto che una Venezia del genere esista ancora, malgrado tutti i discorsi che si fanno sulla impossibilità di girare per Venezia un po' tranquilli e non nel pigia pigia. Basta fare due cose. La prima è semplicissima: camminare per dieci minuti, massimo un quarto d'ora allontanandosi da San Marco e dal Palazzo Ducale. Come dappertutto, sembra che la gente, più che camminare, si giri attorno restando sempre più o meno dov'è. Già a Santa Maria dei Miracoli o dall'altra parte a San Sebastiano si trova un afflusso ridotto, così a San Giorgio degli Albanesi e persino alla grande chiesa di San Zanipolo. Alla Giudecca, dove ci sono chiese bellissime, si va tranquilli dove si vuole.
La seconda cosa è di andarci completamente fuori stagione. L'abbiamo fatto per quattro anni attorno all'Immacolata, in un gruppo numeroso di quattro famiglie. L'unico inconveniente, a parte il freddo - ma bastava coprirsi - era che veniva buio presto, ma invece che stare nella hall a guardarsi in faccia, bastava camminare a gruppetti senza meta ben precisa e si passavano ore di chiacchiere, con ogni dieci minuti la sorpresa di una visione inaspettata: un palazzo, una chiesa, una calle, un ponte. Mi piace, nel film di Visconti, rivedere questa Venezia apparentemente anonima , ma sempre unica. Una città anche segnata dal tempo, come si vede nel portici, nell'acciottolato, nelle finestre. Film in cui compare Venezia ce ne sono altri, qualcuno l'ho già individuato, e comincio la faticosa ma gratificante caccia alle immagini.
Bene. A questo punto, caro sciur Primo, 'spetémo "Morte a Venezia"...
RispondiElimina"Tempo d'estate" con Katharine Hepburn e Rossano Brazzi. Vidi questo film a dodici anni, mi rimase impresso il negozio dell'antiquario e il saliscendi della città, tra callie ponti.
RispondiEliminaUn caro saluto
Laura
Giuliano e Laura, le idee ci sono, perché a Venezia sono ambientati molti film, il punto è che io sono sfizioso perché vorrei due cose:
RispondiElimina1)Che ci fosse una Venezia non da cartolina, non con i soliti posti.
2)Che in qualche modo Venezia partecipi alla storia del film, non sia soltanto un pretesto.
"Tempo d'estate" suggerito da Laura andrebbe bene, occorrerà cercare le immagini, cosa non facile. Ma mi piace provarci, sia per Venezia che per Roma, ed ho in mente anche altre città, ma devo stare attento a non disperdermi troppo.
saludos
Solimano
Ho visto per caso in tv delle sequenze di quel film dove Mastroianni fa il prete e la Loren lo insidia: anche lì ci sono delle vedute di Venezia veramente belle e insolite.
RispondiElimina(il titolo non me lo ricordo, sorry)