Romeo and Juliet, di Franco Zeffirelli (1968) Dalla tragedia di William Shakespeare, sceneggiatura di Franco Brusati, Masolino D'Amico, Franco Zeffirelli Con Leonard Whiting, Olivia Hussey, John McEnery, Milo O'Shea, Pat Heywood, Robert Stephens, Michael York Musica: Nino Rota Fotografia: Pasqualino De Santis Costumi: Danilo Donati (138 minuti) Rating IMDb: 7.7
Solimano
Una sera, ingegneri e militari a Roma, in cinque andammo al Quirino a vedere il "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli, e all'ingresso capitò una cosa che mi diverte ancora, e sì che del tempo ne è passato. Qui riporto alcune righe tratte dalla piccola serie "Civiltà degli scherzi":
"Tappati con le divise da militari di truppa (non eravamo ancora ufficiali), il cui primo effetto era una gran voglia di grattarsi da tutte le parti, entrammo in cinque in uno dei meglio teatri della Roma di allora, forse il meglio in assoluto.
Una giovane donna, molto solerte, si precipitò verso di noi. Era una delle maschere, non era usuale vedere lì dei militari, e ci disse: “Guardate che qui i posti sono assegnati: fatemi vedere i vostri biglietti”. “Come, come? Posti assegnati? Che vuol dire?” disse Giulio, uno di noi. L'importante, negli scherzi, è che il gruppo colga subito l'innesco, se lo scherzo non è stato programmato prima.
Così fu. La bella giovine si trovò circondata da noi cinque: chi chiedeva il rimborso del biglietto, chi diceva che ci sentiva poco dall'orecchio sinistro e quindi voleva essere spostato, chi la buttava in politica, dicendo che il cinema era più democratico del teatro. Quando Beppe chiese dove era lo schermo e perché c'era quel tendone rosso, la ragazza capì. Ci mandò gentilmente al diavolo e lasciò che noi trovassimo da soli i nostri posti. Ma voltandomi poco dopo, vidi che ogni tanto ci guardava di sottecchi e sorrideva. Ragazza di spirito.
Ci mettemmo a guardare il “Romeo e Giulietta” con due giovani protagonisti di cui tutta Roma parlava: Giancarlo Giannini ed Anna Maria Guarnieri, di cui mi innamorai senza speranza all'inizio del secondo atto".
Di qui parto, dallo splendido Romeo e Giulietta teatrale, che Zeffirelli aveva fatto all'Old Vic di Londra nel 1960, e che anni dopo continuava a girare con grande successo per tutta Italia, ma credo anche in altri paesi. Un critico inglese, forse esagerando un po', parlò di "rivoluzione e rivelazione", ma la sensazione era proprio quella di William Shakespeare nostro contemporaneo, solo molto più sveglio di tutti noi. C'era sì, il discorso dei protagonisti giovani (ma i giovani Giannini e Guarnieri avevano maturità interpretativa), c'erano ancor più i giovani che volevano affermare le loro ragioni di vita e che si trovavano in conflitto con i vecchi, detentori del potere.
Il film del 1968 - che allora mi piacque molto - fu il fastoso corollario dello spettacolo teatrale, con l'arricchimento distraente di movimenti, scontri, costumi, palazzi, vie e piazze. In teatro, le parole di Shakespeare erano invece in primo piano. La mia conoscenza di Shakespeare era allora con vaste zone di scopertura, per un motivo strano: le prime letture che avevo fatto riguardavano le "storie inglesi" (Riccardo III, Enrico IV eccetera), proprio le opere di Shakespeare che in genere sono meno lette. Non per snobismo giovanile, ma perché davvero mi divertivano le storie: i Lancaster contro gli York, le ribellioni, i vari schieramenti dei nobili, i tradimenti, le battaglie, i personaggi. Le lessi tutte seguendo la cronologia, non della composizione da parte di Shakespeare ma proprio quella storica: cominciai col Re Giovanni e finii con l'Enrico VIII. Quindi del Romeo e Giulietta conoscevo poco, ma anche dopo averlo letto a me non interessavano tanto Romeo e Giulietta (a parte la Guarnieri...) quanto un personaggio: Mercuzio. Prendevo in mano il libretto della BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) solo per leggere alcune delle magnifiche tirate di Mercuzio e i suoi dialoghi con Romeo, con la nutrice di Giulietta, con Tebaldo.
Ho rivisto il film di recente, e mi ha fatto pensare a quanto io sia cambiato nel tempo. La pittura, ad esempio. Ora mi sono più chiare le scelte di Zeffirelli, che per i costumi e le scene non sceglie un modo genericamente fra Quattrocento e Cinquecento, ma ha in mente alcuni pittori più di altri: più Gozzoli, Ghirlandaio e Pinturicchio che i ferraresi di Schifanoia o il Mantegna di Mantova. E' una scelta, per seguire il magno Bernard Berenson, più di illustrazione e decorazione che di valori tattili, al di là della fisicità molto mossa, e dei movimenti in frenesia: si fermassero un po' questi perdigiorno veronesi! Sempre a sfottersi così, per il gusto di farlo - Montecchi e Capuleti sono una scusa - salvo che le beffe e le risate possono mutarsi in tragedia: la morte di Mercuzio. E' qui la mia riserva di fondo: Mercuzio è il personaggio centrale, l'occhio e la voce che giudica, pur essendo anche lui coinvolto. Mercuzio è Shakespeare uomo, o più probabilmente un amico a lui molto caro. L'interpretazione del film è di uno strambo fannullone - però coraggioso - che tiene allegra la compagnia pur disprezzandola. Sì, la scena di Mercuzio con la nutrice di Giulietta è coloratissima, vivace, mosse e mossette a non finire, però di superficie. Mentre Mercuzio è un modello di vita, sempre coinvolto sempre disattaccato, un malinconico che sfotte anche la propria malinconia, una vitalità così esuberante - soprattutto di testa e di fantasia - che per contrappeso occorre la casuale spada di Tebaldo per farlo smettere. E' lì che cambia tutto, nel "Romeo and Juliet", prima era una commedia di sentimenti profondi sì, ma anche lievi, dopo è una tragedia. L'innesco è l'equivoco in cui cade Mercuzio, che si ribella all'atteggiamento pacificante di Romeo verso Tebaldo, lo prende come vigliaccheria di un amico, perché Mercuzio vuol bene a Romeo, e ci si aspetta che gli amici siano come li immaginiamo. Romeo ha il suo motivo, per fare così: Giulietta, noi lo sappiamo, Mercuzio no.
I due giovani interpreti di Zeffirelli sono credibili, specie Olivia Hussey, scelta felicissima, mentre i personaggi di contorno vogliono piacerci troppo, specie la nutrice, e negli anni ci siamo abituati diversamente, il non detto e non esibito arriva meglio a segno.
Ma sui film in costume ce ne sarebbe da dire, a parte che "In the mood for love" o "Una giornata particolare" o "La ciociara" sono film in costume, proprio come "Tom Jones" o "Il paziente inglese". Su questo punto è il caso di riflettere, ad esempio un film che mi è molto caro, proprio "In the mood for love" è stato a volte mal compreso perché non ci si rende conto che il regista racconta, da tutti i punti di vista, una storia di trent'anni prima.
Il "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli va rivisto, magari per prenderne meglio le distanze. Per i film l'operazione di recupero oggi è possibile e si sta facendo, ma, come osservava Giuliano, certi spettacoli teatrali sono del tutto irrecuperabili. Mi piacerebbe ad esempio che così non fosse per il "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli con Giannini e Guarnieri, ma credo che non ci sia niente da fare. La dolorosa bellezza del grande teatro è anche in questo: c'è la sera in cui tutte le duemila persone presenti sono con te, grande interprete-personaggio, siete una persona sola, ma di questo non resterà traccia, se non nella memoria di chi era presente.
Mi sono divertito a fare una piccola ricerca anagrafica in IMDb, eccone il risultato:
1936: "Romeo and Juliet" di Cukor con Leslie Howard (43 anni) e Norma Shearer (34 anni).
1954: "Giulietta e Romeo" di Castellani con Laurence Harvey (27 anni) e Susan Shentall (20 anni).
1961: "West Side Story" di Robbins e Wise, con Natalie Wood (23 anni) e Richard Beymer (23 anni).
1966: "Romeo and Juliet" di Czinner (film-balletto), con Margot Fontayn (47 anni) e Rudolph Nureyev (28 anni).
1968: "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli, con Olivia Hussey (17 anni) e Leonard Whithing (18 anni).
1996: "Romeo and Juliet" di Luhrmann con Leonardo Di Caprio (22 anni) e Claire Danes (17 anni).
Solimano, aggiungo alla lista "Romeo+Juliet" di Baz Luhrmann (1996) con Di Caprio (22 anni) e Claire Danes (17).
RispondiElimina[:->>>]
R.
PS: certo che eravate proprio degli zuzzurelloni, da ragazzi...
Solimano! Incredibile! Leggo "In the mood for love" nel tuo post (uno dei film che amo di più) e io sto ascoltando proprio adesso Yumeji's Theme della colonna sonora di Michael Galasso!
RispondiEliminaLe coincidenze...
Laura
Roby, qui non si dorme! Ho provveduto ad aggiornare il post con la tua preziosa segnalazione. Il signor Di Caprio sarà contento.
RispondiEliminaLaura, non dubito che tu ami molto "In the mood for love", non credo però che tu lo ami più di me. Mi commuovo ancora, quando lo vedo, e l'ho visto diverse volte. Maggie Cheung poi... ma lasciamo stare... adesso fa la testimonial per Hermès!
good night
Solimano
Caro Solimano, ognuno di noi ha un proprio, profondo motivo per incatenarsi a un film perché in qualche parte di esso c'è l'unica chiave che libera il lucchetto. Quindi intuisco, e mi fido dell'intuizione, che sì, sicuramente tu lo ami più di me.
RispondiEliminaUn caro saluto
Laura
romeo e giulietta è una storia fantastica vorrei rivivere quei tempi,grazie william per questa storia d'amore e di passione che ha riempito i nostri cuori d'amore e che con il film ci ha fatto versare lacrime di gioia....
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