Anonimo veneziano, di Enrico Maria Salerno (1970) Sceneggiatura di Giuseppe Berto ed Enrico Maria Salerno Con Tony Musante, Florinda Bolkan, Toti Dal Monte, Brizio Montinaro Fotografia di Marcello Gatti Musiche originali di Stelvio Cipriani Musiche settecentesche di Alessandro e Benedetto Marcello trascritte da Giorgio Gaslini (91 minuti) Rating IMDb: 6,6
RobySono del parere -ma qui scopro senz'altro l'acqua calda- che le sensazioni trasmesse da un film cambino con il progredire dell'età di chi lo vede, un po' come succede quando, dopo aver odiato I Promessi sposi o Il Gattopardo imposti sui banchi di scuola, da adulti si finisce per apprezzarli. La mia prima visione di Anonimo veneziano, storia drammatica di un amore finito e di una morte annunciata, avvenne nell'estate successiva alla sua uscita, in un cinema all'aperto di Forte dei Marmi del quale ho dimenticato il nome e che del resto, adesso, probabilmente non esiste più. Di quella serata, in compagnia di sorella, cugina e zia, ricordo una certa qualche emozione iniziale, dovuta al fatto che avevo compiuto non da molto i 14 anni necessari allora alla visione, e che il divieto lasciava intravedere chissà quali contenuti proibiti. Poi, via via che la pellicola scorreva, l'impressione fu quella di una noia diffusa, ravvivata qua e là da ingenua indignazione (per la facilità con cui il protagonista maschile racconta di aver portato a letto, al primo incontro, la bella studentessa dagli occhi scuri) e da notevole imbarazzo (per la foga disperata con cui lui e lei si amano, molto fisicamente, poco prima di lasciarsi per sempre). E neppure avevo, nel 1971, la minima idea di cosa significasse veder morire una persona cara senza poter far nulla, solo aspettando che tutto lentamente finisca.
Certo, la Venezia che faceva da scenario alla storia mi piacque, e non poco: ripensandoci, dove poteva essere ambientata, se non fra calli e piazzette assediate dall'erosione dell'acqua, una vicenda che ha il suo centro nel disfacimento fisico e relazionale del protagonista? Anche la musica non era male, così coinvolgente e suggestiva. Nel complesso, malgrado la lungaggine, molto meglio di quella scemenza di Love story in contemporanea sugli schermi di quell'anno...
Ho rivisto Anonimo veneziano una ventina d'anni più tardi, con uno spirito diverso, una maturità più avanzata ed una compagnia meglio assortita (mio marito). E' stato come vederlo per la prima volta, o come rivedere la versione doppiata in italiano di una pellicola sud-coreana vista in lingua originale. Non dico che mi sia piaciuto alla follia, ma almeno ho capito quel che il regista (lo stupefacente Enrico M. Salerno, noto a me bambina come il papà della televisiva Famiglia Benvenuti) cercava di dire. Una storia semplice, se vogliamo, quasi lineare, che ha il suo punto di forza nell'interpretazione misurata dei due protagonisti, capaci di non scadere mai, o quasi, nella lacrimosità alla Maria De Filippi che oggi ben conosciamo per vederla quasi quotidianamente rappresentata sul piccolo schermo. Una colonna sonora divenuta un classico, con il suono dell'oboe che si perde fra ponti e campielli. Una location d'infallibile successo, come già il Visconti di Senso insegnava. E una battuta, fra tutte, rimastami impressa: quando Tony Musante, quasi alla fine, accompagna Florinda Bolkan in un atelier d'alta moda e dice "Portate una donna a provarsi un vestito e la vedrete dimenticare per un attimo qualsiasi dolore, anche il più grande". Forse qualcuno la troverà un'affermazione un po' maschilista, ma io -che l'ho sperimentata, ahimè, più volte in prima persona- la trovo semplicemente realistica.
Colonna sonora indimenticabile. E anche per i vestiti donneschi, hai proprio ragione. :)
RispondiEliminaConfesso di non averlo visto. Era il medesimo periodo di Love story e mi portarono a vedere quest'ultimo. Se non rammento male ci fu anche una diatriba sulle somiglianze tra le due colonne sonore. Riguardo ai vestiti, credo proprio sia così...ci si incanta di fronte a un bell'abito, anche se magari per pochi istanti. Buona domenica. Annarita ;-)
RispondiEliminaCara Roby, molto bello il ricordo di questo film, ne ho sentito parlare tanto ma non l’ho mai visto, e poi mi è sempre piaciuto Enrico Maria Salerno. Aggiungo solo che:
RispondiEliminaAlessandro e Benedetto Marcello erano due fratelli, nativi di Venezia: Benedetto nasce nel 1686 e muore nel 1739, Alessandro era maggiore di due anni e morirà nel 1750 (sei anni prima della nascita di Mozart, che è del ’56 ).
Sono contemporanei di Vivaldi (1678-1741), e hanno scritto musica meravigliosa (le incisioni recenti della loro musica, come quelle eseguite dal “Giardino Armonico” dirette da Giovanni Antonini, sono molto belle e ve le consiglio).
E’ facile far bella figura copiando o riscrivendo i grandi musicisti... C’è chi lo fa apertamente, come nel caso di Anonimo Veneziano e come Michael Nyman (Lezioni di piano e i film di Greenaway), e merita rispetto; c’è chi si sente dire bravo da una vita (anche tra i cantanti e i cantautori) e in realtà ha solo rifatto pezzettini di grandi maestri, perché bastano poche righe (a volte due battute) di Bach o di Couperin per fare una canzone di successo...
A Monza, abito in una fra le vie dei musicisti. Ogni mattina, per andare a piedi all'edicola, prendo Via Claudio Monteverdi, poi vado a destra per Via Gaetano Donizetti, poi a sinistra per via Benedetto Marcello, ancora a sinistra per via Amilcare Ponchielli, e arrivo all'edicola, prima però debbo attraversare via Vincenzo Bellini. C'è solo un infiltrato, fra i più di trenta musicisti che stanno qui intorno, c'è via Giacomo Leopardi, chissà perché, però mi piace che ci sia.
RispondiEliminasaludos
Solimano
Cari tutti, mi fa piacere che il post vi abbia interessato. Consiglio il film a chi non l'ha visto, malgrado ritenga un po' eccessiva la definizione di capolavoro datagli. Certo, per essere un'opera prima, Enrico Maria se l'è cavata alla grande!!!
RispondiEliminaSOLIMANO, riguardo ai nomi di strade, io invece vivo fra i pittori minori del Trecento: Masolino, Maso di Banco, Alesso Baldovinetti, il Cronaca, il Caparra.... con alcune infiltrazioni toponomastiche (via Pisana, via di Scandicci, ecc.).
[:->>>]
Roby
Beh, io vivo in via Bernardino Luini, scusate se è poco. (la via non è un gran che, il pittore ve lo consiglio anche perché di questi Grandi Lombardi si parla sempre troppo poco: o che non ci son mica solo i fiorentini, anche qui miha siamo bischeri!!) (però dietro a Luini e a Gaudenzio Ferrari un Fiorentino c'è...)
RispondiEliminaA Benedetto Marcello mi lega un bel ricordo: tanti anni fa prendevo lezioni di musica, e tra le poche cose che son riuscito a finire c'è una sua Sonata, tre pagine che si trovano sulla "Raccolta di clavicembalisti italiani" a cura di A. Longo, editore Curci.
(però sono dieci anni che non tocco una tastiera, non mi ricordo nemmeno più dove sono le note)
“Hai tanta paura del passato?”
RispondiElimina“Non si tratta del passato. È che non posso più tollerare l’odore di questa città. Muore, torna ad essere fango. Ma è proprio questo che la fa bella: muore.”
tratto da Anonimo veneziano di Giuseppe Berto.
A me capitò di leggere prima il libro e poi di vedere il film. All'epoca avevo diciotto anni e ricordo di aver pensato che era molto meglio il primo del secondo. Il libro mi aveva gettato nella storia di questi due, il film no. Ma questa riflessione appartiene ai miei diciotto anni, al cuore e alla testa che avevo allora, quindi oggi non saprei. Si tratta di bagliori. Ringrazio però Roby, perché m'ero scordata del libro e del film. Eh, succede.
Un caro saluto
Laura
Di Giuseppe Berto oggi non parla nesuno, ma scrisse alcuni libri importanti. Poi, per carattere, per problemi personali, per libertà (non si arruffianava), fu emarginato, e ci si incaponì sopra, peggiorando la situazione.
RispondiEliminaNon è che oggi sia molto meglio, ma allora, se non piacevi a quei tre o quattro, stavi fuori al freddo. Cercarono di emarginare persino Gadda! A fronte di gloriuzze temporanee, basta leggere con attenzione i nomi dei vincitori dei Premi Strega o del Campiello.
good night
Solimano