Dance of the Vampire, di Roman Polanski (1967) Sceneggiatura di Gérard Brach, Roman Polanski Con Jack MacGowran, Roman Polanski, Alfie Bass, Jessie Robbins, Sharon Tate, Ferdy Mayne, Iain Quarrier, Terry Downes, Fiona Lewis, Ronald Lacey, Sydney Brombley Musica: Krzystof Komeda Fotografia: Douglas Slocombe (108 minuti) Rating IMDb: 7.1
Solimano
"Commedia fantastica", questo è il termine con cui è stato giustamente definito questo film, che non prende sul serio i vampiri, ma non è nemmeno una parodia. Una commedia fantastica, una favola, di quelle che non si capiva bene se i bambini ci si divertissero o ne avessero paura. Polanski aveva solo trentaquattro anni, ma non si dimentichi che questo fu il quattordicesimo film, ne aveva girati molti prima di lasciare la Polonia, e negli ultimi due anni aveva fatto Repulsion e Cul-de-sac. Quindi non stava cercando la sua strada, decise di fare una favola più nera che bianca, l'anno dopo ci sarebbe stato il film che lo rese notissimo, Rosemary's baby.
Non si ride, guardando questo film, si sorride lievemente, il sorriso della intelligenza quando viene sorpresa, ed è uno spirito ebreo-polacco, ammesso che i due termini possano stare insieme, cosa assai difficile.
Mi ha ricordato certi quadri di Chagall, così assurdi e concreti, ma di una levità non superficiale. Difatti il proprietario della pensione si chiama Shagal (Alfie Bass). Ha una moglie, Rebecca (Jessie Robbins) ed una figlia, Sarah (Sharon Tate), e in quella pensione della Transilvania arrivano, la sera di un inverno nevoso, il professor Abronsius (Jack MacGowran) e il suo giovane assistente Alfred (Roman Polanski), che è timido e quasi plagiato dal professore, il tipico scienziato pazzo, a suo modo lucido: ha pubblicato un libro di vampirologia, che ha destato polemiche fra gli addetti ai lavori (la scuola di Konigsberg ce l'ha con lui). Abronsius viene in Transilvania per documentarsi sul campo (dove, se no?) in modo da scrivere un secondo libro che stroncherà i detrattori.
Nella pensione sembra tutto normale, salvo le ghirlande di aglio appese al soffitto. I presenti sono al corrente di qualcosa che si guardano bene dal dire. Succederà che una notte, attraverso un vetro che dà sul tetto, giungerà e rapirà Sarah il Conte von Krolok (Ferdy Mayne) un vampiro molto elegante, con un bellissimo manto alla pipistrello da una parte rosso dall'altra nero. Abronsius e Alfred andranno ad affrontare il vampiro nella sua tana, un castello non lontano: Abronsius è spinto dalla voglia di saperne di più, Alfred dal fatto che si è innamorato di Sarah e vuole salvarla. Il Conte von Krolock simpatizza con Alonsius, che ammira dopo aver letto il suo libro che mostra nella ricca biblioteca del castello. Krolock è un vampiro organizzato, ha già deciso che Alonsius, appena diverrà anche lui un vampiro (previo preliminare e regolamentare morso sul collo), sarà per secoli un suo amico con cui parlare di cose alte e spirituali.
Krolock ha anche un figlio biondo, di nome Herbert, che sembra interessato più ad Alfred che a Sarah, la quale intanto fa frequenti bagnischiuma in una bagnarola di quelle tradizionali da castello, però comoda. Non si capisce bene se Herbert stia dietro ad Alfred per morderlo sul collo o per altri motivi più intimi. Alfred, oltre a seguire, però un po' svogliato, le direttive di Alonsius, ha trovato un libretto nella biblioteca in cui si spiegano le settanta tecniche di accosto alle giovani per cui si prova interesse, se le studia e pensa di sperimentarle con Sarah, che un po' l'ascolta un po' sta sulle sue.
Dopo varie traversie, ci sarà l'annuale Gran Ballo dei Vampiri, che vengono fuori dai cimiteri e che sono ospitati con fermezza cortese da Krolock, conte distintissimo. Abronsius e Alfred si mimetizzano con vesti settecentesche, sono lì per salvare Sarah, la preda agognata da tutti, che comunque partecipa al ballo con un bel vestito rosso fuoco. Tutto sembra svolgersi secondo i piani, salvo che nella sala c'è un enorme specchio, in cui compaiono solo le immagini di Abronsius, Alfred e Sarah: i vampiri non si vedono nello specchio, non lo sapevo, l'ho imparato dal film e ci starò attento in futuro. Quindi è necessaria una frenetica fuga ed allora via nella notte chiara in tre sulla slitta tirata dal cavallo. Riescono anche a sfuggire al terribile e bruttissimo Koukol (Terry Downes), il servo di Krolock, che li insegue su una bara trasformata in slitta. A questo punto mi aspettavo il lieto fine in pochi minuti, col professore che torna trionfante nelle università tedesche e Alfred che sposa Sarah e vanno in viaggio di nozze a Venezia. Solo che non finisce così, e non svelo l'arcano, ma qualcuno ci arriva senza che glielo dica io.
Il paesaggio innevato è bellissimo sia di giorno che di notte, compresi i merli ed i tetti del castello, la decorazione degli interni del castello è tutta su colori inquietanti ma non terrorizzanti, il professor Abronsius è uno di quelli che ha sette vive: gli succede due volte di assiderarsi durante il film , ma rinviene rapidamente. Polanski come attore sembra proprio un giovane timido e buono (secondo me non lo è) e Sharon Tate è spiritosa, un po' taciturna, ma attenta a quello che le capita attorno, incantevole sia nella vasca schiumosa che col vestito rosso. Scomparve dopo pochi mesi, povera ragazza di ventisei anni.
Il paesaggio l'ho riconosciuto benissimo, senza bisogno di scrivere un post sui Luoghi del cinema: il film è stato girato sulle Dolomiti, dirò di più, proprio in mezzo all'alpe di Siusi, che per chi non lo sapesse, è un altopiano fra i 1600 ed i 2400 metri, che conosco d'estate, ma in cui non sono mai andato d'inverno. Si cammina per chilometri e chilometri quasi in piano, sempre avendo di fronte il gruppo del Sassolungo, che sembra a portata di mano. Ai primi di settembre vedevo che in cima si posava la neve, e capivo che era proprio ora di tornare al lavoro. Infine, Polanski non si intromette col chiarore della notte, la luce della luna ed il pulviscolo di stelle, lascia che facciano il loro, bene come sempre.
Era uno dei miei film preferiti, che ritrovavo spesso nei vari cineforum anni '70 della Brianza, Quello di Calolzio, quello di Arcore, o quello mitico di San Zeno.
RispondiEliminaE un bel post sui cineforum fumosi e impegnati di una tempo, caro Solimano, lo dovrai pur fare una volta o l'altra, per rendere completo questo vostro affresco epocale sulla settima arte.
Brian
E' vero: divertente ma strano, spiazzante. L'ho visto a 16-17 anni, ammetto di non averci capito molto. Un po' marionettistico, ma Polanski è fatto anche così.
RispondiEliminaHo adorato questo film... Giulia
RispondiEliminaBrian, mi sembra proprio una ottima idea, quella dell'onvestigazione sui cineforum e sui cinemini d'essai, che adesso son quasi tutti diventati garage.
RispondiEliminaPrima o poi faremo qualcosa.
Giuliano, Polanski ha avuto fin dall'inizio un suo modo piuttosto crudele, che è un po' un filo rosso attraverso tutti i film, fa capolino in modo inaspettato ma c'è quasi sempre. Non è un caso che sia proprio lui a ferire al naso Jack Nicholson in Chinatown...
Giulia, questo film lo vedono come una specie di parentesi, un film sabbatico, per me è un prologo leggero di Rosemary's baby, che non ha niente di scherzoso.
saludos
Solimano
Lo rivedrei molto volentieri.
RispondiEliminaGabriella, farai bene a rivederlo. E' pieno di finezze che la prima volta, presi un po' dal capire cosa succede, si notano di meno.
RispondiEliminasaludos
Solimano