martedì 2 ottobre 2007

Il giorno della civetta

Il giorno della civetta, di Damiano Damiani (1968) Dal romanzo di Leonardo Sciascia, Scenggiatura di Damiano Damiani, Ugo Pirro Con Claudia Cardinale, Franco Nero, Lee J. Cobb, Tano Cimarosa, Nehemia Persoff, Ennio Balbo, Ugo D'Alessio, Serge Reggiani Musica: Giovanni Fusco Fotografia: Tonino Delli Colli (112 minuti) Rating IMDb: 7.2
Ottavio
Qualche giorno fa ho rivisto “Le mani sulla città”, il bel film di denuncia di Francesco Rosi del 1963. La proiezione si svolgeva nella sede di un’associazione ambientalista e lo scopo era di ricordare ai cittadini il rischio che le città corrono di fronte agli speculatori immobiliari (nel nostro comune è in discussione il Piano di Gestione del Territorio, l’evoluzione di quello che era il Piano Regolatore, che contrasta le mire di un noto immobiliarista!). L’interprete principale era Rod Steiger, nella parte del palazzinaro napoletano che briga per farsi nominare assessore all’Urbanistica (la classica volpe nel pollaio!) e ci riesce. Singolare che Rosi scegliesse un attore straniero, pur bravo, per rappresentare un personaggio tipicamente italiano.
Non è stato il solo. Molti film italiani di quegli anni e degli anni seguenti hanno visto la partecipazione di attori di Hollywood, qualche volta chiamati semplicemente per ragioni di cassetta, altre per una precisa scelta del regista.
Quest’ultimo mi sembra il caso di Damiano Damiani ne “Il giorno della civetta”, tratto dal bel racconto di Leonardo Sciascia, quando, fissati gli interpreti principali in Franco Nero e Claudia Cardinale, allora in auge, scelse due attori americani non di primissimo piano, Lee J. Cobb e Nehemiah Persoff, per due parti “non protagoniste”.
Ma andiamo con ordine.
Il film racconta una vicenda di mafia, ambientata in una cittadina della Sicilia e nelle sue campagne. Un piccolo imprenditore edile estraneo alla cosca mafiosa del paese viene assassinato perché con la sua indipendenza disturba l’assegnazione degli appalti gestita dalla cosca. Un involontario testimone assiste all’omicidio e viene anche lui eliminato. Attraverso il confidente del paese (Serge Reggiani) e le dichiarazioni della moglie del testimone fatto sparire, Rosa, (Claudia Cardinale), il capitano dei Carabinieri Bellodi (Franco Nero) riesce ad “incastrare”, per fasi successive, i vari livelli della cosca, fino ad arrivare al capomafia locale, Don Mariano. Tutti vengono incarcerati ma non saranno mai sottoposti a giudizio perché i due possibili testimoni a carico verranno l’uno assassinato (il confidente) e l’altra “convinta” (Rosa) a ritrattare per le pressioni dei soci di Don Mariano e illusa dall’assicurazione che il marito sia ancora in vita.
Nel frattempo si muovono anche i referenti politici romani che provvedono al trasferimento del capitano Bellodi. Alla fine nel paese è ripristinata la pax mafiosa.
La storia continua… ma torniamo al film.
La critica del tempo lo definisce “robusto, ma rozzo; efficace, ma convenzionale; civilmente impegnato, ma non troppo”. Insomma una mezza stroncatura. Eccessiva, secondo me. Forse ci si poteva aspettare di più da Damiani, regista dell’”impegno civile”, della generazione dei Rosi e dei Petri. Certo, portare sullo schermo un racconto “geometrico” come quello di Sciascia con un occhio alla fedeltà al testo e l’altro agli interessi del produttore non era facile. A me comunque è piaciuto.
Continua la critica: “Meglio i caratteristi (specialmente Cimarosa, nella parte del sicario, ndr) che i due protagonisti, divi un po' stinti”. Qui sono decisamente d’accordo: gli interpreti di contorno sono molto più convincenti e l’efficacia del film è soprattutto merito loro. Ne voglio citare due, tornando al discorso iniziale.

Don Mariano è Lee J. Cobb. Grande attore (Fronte del porto. La parola ai giurati etc), conferisce al personaggio un’immagine di autorità mista ad una certa nobiltà, da cui discende un naturale ascendente verso i soci mafiosi e la cittadinanza tutta (niente di più lontano dall’immagine degli ultimi veri capi mafiosi “assicurati alla giustizia”, Totò Riina e Bernardo Provenzano, che sembrano dei modesti e tranquilli pensionati). C’era qualche attore italiano del tempo in grado di dare lo stesso effetto alla parte? Francamente non mi viene in mente nessuno.

Altro personaggio è Pizzuco, tracotante capocantiere dei mafiosi, interpretato da un sorprendente Nehemiah Persoff (anche lui Fronte del porto, che combinazione, oltre a numerosi film di gangster anni ’40 e ’50). Come avrà fatto Damiani a pescarlo non riesco ad immaginarlo, e forse la sua parte poteva trovare più facilmente un interprete di casa nostra. Però Persoff è efficacissimo e quindi va bene così.
Ultima notazione: quando il film uscì fu vietato ai minori di 18 anni: nella commissione di revisione (leggi: censura) c'era qualche amico degli amici o fu soltanto un eccesso di prudenza?

5 commenti:

  1. Anch'io concordo che la stroncatura de "il giorno della civetta" sia un po' esagerata. Non era facile rendere bene il libro di Sciascia. Giulia

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  2. Ottavio, a me quel personaggio di capo mafioso fatto da Lee J. Cobb non ha mai convinto molto, sia nel romanzo di Sciascia sia nel film. Difatti lì ci vedo le radici delle posizioni che assunse Sciasca negli ultimi anni, con la famosa polemica sui "professionisti dell'antimafia". E mi meraviglio ancora oggi che si sia continuato a far finta di niente su un tema del genere, quasi che certi mafiosi fossero delle brave persone che sbagliano.
    Capisco che letterariamente un personaggio così renda di più, come al cinema rende di più uno come Vito Corleone, ma stiamo attenti a non confondere la finzione letteraria o filmica, con la realtà, che si manifestò ferocemente dopo questo film, e dopo la polemica sui "professionisti dell'antimafia".

    saludos
    Solimano

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  3. Sugli attacchi di Sciascia a chi la mafia la combatteva davvero è scesa una coltre di silenzio. Chi ne parla (io lo facevo ma ho smesso di farlo da un pezzo) si trova davanti ad un muro di gomma di quelli che manco le trombe di Gerico ci possono.
    Forse nessuno ne vuole parlare perchè tutti gli uomini che S. attaccava parlando di loro --- sprezzantemente --- come di "professionisti dell'antimafia" morirono --- guarda un po' --- ammazzati dalla mafia e lui invece no (cosa di cui siamo tutti ovviamente ben lieti, però questo non vuol dire dimenticare quello che invece c'è da ricordare).

    Sciascia. Non ne ho un buon ricordo.
    Ma questo con il film non c'entra, e mi scuso per l'OT.

    Non riesco ad essere serena, a proposito dei suoi libri, perciò in genere lascio che lo facciano altri

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  4. Ho visto il film ma si è sciolto nei meandri della memoria e lo dovrei rivedere per dire qualcosa. Invece su Sciascia la penso come Gabriella. Per quanto mi riguarda Sciascia porta delle responsabilità grandissime e non posso dimenticare le parole sui professionisti dell'antimafia e quelle "ne con lo stato ne con le BR".
    Ciao.
    lodes

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  5. Gabriella, riguardo a Sciascia scrittore, mi pare che l'ammirazione di cui è stato fatto oggetto per anni si sia piuttosto attenuata: per me è un ottimo autore di piccolilibri che non ho voglia di rileggere.

    saludos
    Solimano

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