Giuliano
Anche nel Mahabharata, come nell’Odissea, gli dèi passeggiano e vivono in mezzo a noi, come comuni mortali. Nel grande poema indiano è soprattutto Krishna a interpretare questo ruolo.
Krishna è l’ottavo avatar di Vishnu: cioè la sua ottava incarnazione su questa terra. E’ molto amato, si ricorre alla sua saggezza per consigli e sostegno, ed è temuto per la sua potenza; ma ha anche molti tratti in comune con Mercurio, o con il Loki della mitologia nordica: i trucchi, le astuzie, e perfino gli inganni sono parte integrante, e non secondaria, del suo agire. Nel Mahabharata si mostra come uomo, e come uomo agisce anche se tutti lo riconoscono come dio; si mostra in tutto il suo splendore una sola volta, quando è il re cieco Dhritarashtra a chiederglielo. Krishna ha un ruolo fondamentale, anche se marginale, in uno degli episodi più importanti del Mahabharata, che è anche uno dei momenti più sconcertanti per noi occidentali abituati alla razionalità: la scena della Partita a Dadi.
Nel palazzo del re Dhritarashtra sono cresciuti i due rami della famiglia: i cinque fratelli Pandavas, orfani di padre (era il fratello di Dhritarashtra, e re prima di lui) e i loro cugini, figli dell’attuale re. Su tutti governa l’autorità morale di Bhishma, il valoroso guerriero che avrebbe dovuto essere re ma ha ceduto il trono a causa di un complesso voto ascetico. Dhritharashtra è cieco: non avrebbe potuto essere re, ma il fratello Pandu è morto e lui ha dovuto prenderne il posto.
Tra i cugini nasce presto una grande rivalità, anche se condividono gli stessi maestri e la stessa educazione; e un giorno, quando essi sono ormai adulti, giunge alla reggia Shakuni, fratello della moglie di Dhritarashtra ed esperto giocatore d’azzardo. Shakuni propone all’impaziente nipote Duryodhana, il maggiore dei figli del re, un metodo per prendersi tutto il regno senza spargimento di sangue: si farà perno sulla passione per il gioco di Yudhìshtira, il maggiore dei cugini. Yudhishtira ama il gioco ma non sa giocare, e perderà tutto.
Il re cieco è molto perplesso; ma Shakuni gli dice: «Gli dei crearono il mondo come un gioco. Gli insetti oggi giocano con i fiori, le stelle intrecciano nel cielo i loro segreti motivi; perché devi sempre disapprovare il piacere?».
La notizia della sfida arriva anche a Bhishma, che ha l’autorità per fermare questo gioco d’azzardo. Ma è proprio Krishna che chiede a Bhishma di lasciar giocare e di non interrompere mai il gioco, qualsiasi cosa succeda. Questo può significare la catastrofe, ma così bisogna fare. A volte, è necessario distruggere per salvare il dharma. Bhishma è molto preoccupato, ma acconsente.
Shakuni si presenta a Yudhishtira, prima di iniziare la partita; ma il giovane si aspettava di dover giocare con il cugino, ed è sorpreso:
- Shakùni, sarai tu a giocare?
- Sì, al posto di mio nipote.
- Tu passi la tua vita a giocare. C’è chi ti ha visto fare trucchi incredibili: ma tu sai che barare è un delitto.
- Il buon giocatore sa come giocare, e riflette con calma. Non pensa nemmeno a barare. Qui non c’è posto per il delitto ma per il gioco, solo per il gioco. Il giocatore esperto che affronta un esordiente secondo te bara? La sapienza non è truffa. Si inizia una partita con il desiderio di vincere, è come nella vita. Un maestro non verrà mai sopraffatto dalla tentazione di barare: ritirati dalla partita, se hai paura.
La partita inizia, e Yudhishtira perderà tutto: le sue terre, i suoi schiavi, le sue ricchezze, i suoi fratelli, se stesso, tutto. Alla fine, istigato da Shakuni, giocherà anche la moglie: perderà anche lei. Invano il re chiede a Bhishma di fermare la partita: fedele al giuramento fatto a Krishna, non può che assistere agli eventi senza intervenire.
Alla fine è Dràupadi, moglie di Yudhìshtira, a salvare almeno in parte la partita: “Mio marito mi ha persa prima di perdere se stesso, o dopo?”. Colpito dalla dignità di Dràupadi, anche dopo le gravi offese da lei ricevute, il re le concede di chiedere quello che vuole. Dràupadi otterrà per lei e per i cinque fratelli l’esilio invece della schiavitù; e per 12 anni i Pandavas dovranno stare lontani dal regno e vivere poveramente. E così succede; allo scadere dei 12 anni inizieranno i preparativi per la terribile battaglia di Kurukshetra, che vedrà opposte le due parti della stessa famiglia.
Nel film di Peter Brook, la scena della partita a dadi è una di quelle più impressionanti, resa con grande attenzione e sobrietà ma anche con notevole tensione. Lo zio Shakuni, che appare solo qui (ed è davvero una di quelle interpretazioni che rimangono nella memoria), è interpretato dall’attore turco Tuncel Kurtiz. Bruce Myers è Krishna, Sotigui Kouyaté è Bhishma, Riszard Cieslak è il re cieco, i due cugini rivali sono il polacco Andrzej Seweryn e il greco Georges Corraface, e Draupadi è impersonata da Mallika Sarabhai, unica indiana del cast.
Anche nel Mahabharata, come nell’Odissea, gli dèi passeggiano e vivono in mezzo a noi, come comuni mortali. Nel grande poema indiano è soprattutto Krishna a interpretare questo ruolo.
Krishna è l’ottavo avatar di Vishnu: cioè la sua ottava incarnazione su questa terra. E’ molto amato, si ricorre alla sua saggezza per consigli e sostegno, ed è temuto per la sua potenza; ma ha anche molti tratti in comune con Mercurio, o con il Loki della mitologia nordica: i trucchi, le astuzie, e perfino gli inganni sono parte integrante, e non secondaria, del suo agire. Nel Mahabharata si mostra come uomo, e come uomo agisce anche se tutti lo riconoscono come dio; si mostra in tutto il suo splendore una sola volta, quando è il re cieco Dhritarashtra a chiederglielo. Krishna ha un ruolo fondamentale, anche se marginale, in uno degli episodi più importanti del Mahabharata, che è anche uno dei momenti più sconcertanti per noi occidentali abituati alla razionalità: la scena della Partita a Dadi.
Nel palazzo del re Dhritarashtra sono cresciuti i due rami della famiglia: i cinque fratelli Pandavas, orfani di padre (era il fratello di Dhritarashtra, e re prima di lui) e i loro cugini, figli dell’attuale re. Su tutti governa l’autorità morale di Bhishma, il valoroso guerriero che avrebbe dovuto essere re ma ha ceduto il trono a causa di un complesso voto ascetico. Dhritharashtra è cieco: non avrebbe potuto essere re, ma il fratello Pandu è morto e lui ha dovuto prenderne il posto.
Tra i cugini nasce presto una grande rivalità, anche se condividono gli stessi maestri e la stessa educazione; e un giorno, quando essi sono ormai adulti, giunge alla reggia Shakuni, fratello della moglie di Dhritarashtra ed esperto giocatore d’azzardo. Shakuni propone all’impaziente nipote Duryodhana, il maggiore dei figli del re, un metodo per prendersi tutto il regno senza spargimento di sangue: si farà perno sulla passione per il gioco di Yudhìshtira, il maggiore dei cugini. Yudhishtira ama il gioco ma non sa giocare, e perderà tutto.
Il re cieco è molto perplesso; ma Shakuni gli dice: «Gli dei crearono il mondo come un gioco. Gli insetti oggi giocano con i fiori, le stelle intrecciano nel cielo i loro segreti motivi; perché devi sempre disapprovare il piacere?».
La notizia della sfida arriva anche a Bhishma, che ha l’autorità per fermare questo gioco d’azzardo. Ma è proprio Krishna che chiede a Bhishma di lasciar giocare e di non interrompere mai il gioco, qualsiasi cosa succeda. Questo può significare la catastrofe, ma così bisogna fare. A volte, è necessario distruggere per salvare il dharma. Bhishma è molto preoccupato, ma acconsente.
Shakuni si presenta a Yudhishtira, prima di iniziare la partita; ma il giovane si aspettava di dover giocare con il cugino, ed è sorpreso:
- Shakùni, sarai tu a giocare?
- Sì, al posto di mio nipote.
- Tu passi la tua vita a giocare. C’è chi ti ha visto fare trucchi incredibili: ma tu sai che barare è un delitto.
- Il buon giocatore sa come giocare, e riflette con calma. Non pensa nemmeno a barare. Qui non c’è posto per il delitto ma per il gioco, solo per il gioco. Il giocatore esperto che affronta un esordiente secondo te bara? La sapienza non è truffa. Si inizia una partita con il desiderio di vincere, è come nella vita. Un maestro non verrà mai sopraffatto dalla tentazione di barare: ritirati dalla partita, se hai paura.
La partita inizia, e Yudhishtira perderà tutto: le sue terre, i suoi schiavi, le sue ricchezze, i suoi fratelli, se stesso, tutto. Alla fine, istigato da Shakuni, giocherà anche la moglie: perderà anche lei. Invano il re chiede a Bhishma di fermare la partita: fedele al giuramento fatto a Krishna, non può che assistere agli eventi senza intervenire.
Alla fine è Dràupadi, moglie di Yudhìshtira, a salvare almeno in parte la partita: “Mio marito mi ha persa prima di perdere se stesso, o dopo?”. Colpito dalla dignità di Dràupadi, anche dopo le gravi offese da lei ricevute, il re le concede di chiedere quello che vuole. Dràupadi otterrà per lei e per i cinque fratelli l’esilio invece della schiavitù; e per 12 anni i Pandavas dovranno stare lontani dal regno e vivere poveramente. E così succede; allo scadere dei 12 anni inizieranno i preparativi per la terribile battaglia di Kurukshetra, che vedrà opposte le due parti della stessa famiglia.
Nel film di Peter Brook, la scena della partita a dadi è una di quelle più impressionanti, resa con grande attenzione e sobrietà ma anche con notevole tensione. Lo zio Shakuni, che appare solo qui (ed è davvero una di quelle interpretazioni che rimangono nella memoria), è interpretato dall’attore turco Tuncel Kurtiz. Bruce Myers è Krishna, Sotigui Kouyaté è Bhishma, Riszard Cieslak è il re cieco, i due cugini rivali sono il polacco Andrzej Seweryn e il greco Georges Corraface, e Draupadi è impersonata da Mallika Sarabhai, unica indiana del cast.
Ecco il discorso di Shakuni così come viene riassunto dallo scrittore indiano R.K.Narayan:
RispondiElimina« In una partita come questa non può esservi alcun inganno », replicò Shakuni. « Basta sapere come maneggiare i dadi e come lasciarli cadere. Chiunque abbia queste nozioni merita di vincere. Non vi è motivo di considerarlo un truffatore. Chi conosce i suoi dadi infonde loro la vita, ed essi rispondono ai suoi ordini. Come puoi parlare d'inganno? Un simile inganno non esiste. Il male sta nella puntata. Commette peccato chi scommette alla cieca, in modo irresponsabile. In ogni tenzone, delle armi, dello spirito, dell'erudizione, l'esperto si sforza di sconfiggere l'incompetente; e in ciò non vi è davvero nulla di riprovevole. Se nutri timori o perplessità, non ci resta che rinunciare. Noi siamo pronti a ritirarci. »
« Ho accettato la sfida, e non intendo ritirarmi », rispose Yudhishthira. (...)
(dal Mahabharata nel riassunto di R.K.Narayan, ed. Guanda)
Grazie, Giuliano
RispondiEliminaCaro Maz, ci sono altre 4 puntate... non so se mi ringrazierai ancora, alla fine.
RispondiEliminamasarakumandi il blog tuo
Giuliano
(no, non è sanscrito: per informazioni e o traduzioni puoi chiedere anche a Brianzolitudine)
(è cacciviense: "mi raccomando")
Che la vita sia una partita a dadi truccata l'ho pensato spesso (basta pensare, senza volare troppo alto o essere troppo profondi)a cosa succede con la Borsa, con l'Informazione, con la politica.
RispondiEliminaMa, ovviamente qui si parla d'altro, e il discorso ci riguarda profondamente, uno per uno.