Les Diaboliques, di Henry-Georges Clouzot (1955) Dal romanzo "Celle qui n'était plus" di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, Sceneggiatura di Jérome Géronimi, Henry-Georges Clouzot, Frédéric Grendel, René Masson Con Simone Signoret, Véra Clouzot, Paul Meurisse, Charles Vanel, Jean Brochard, Pierre Larquey, Michel Serrault, Thérèse Dorny, Noel Roquevert Musica: Georges Van Parys Fotografia: Armand Thirard (114 minuti) Rating IMDb: 8.3
Solimano
I categoristi asseriscono che questo film è uno dei più tipici noir. Io, che categorista non sono, per una volta sono d'accordo: per nero è nero. Nero è l'inizio, in cui piove a nuvole basse, quelle giornate che sembrano tutte un crepuscolo. Si vedono le gocce fitte sulle pozzanghere, si vede anche uno stagno, peggio, una marcita con erbe guaste (si scoprirà poi che è una piscina a manutenzione carente). Nero è anche l'ambiente all'interno dell'edificio: si tratta di una scuola privata piuttosto maltenuta, come corridoi, aule, dormitorio e refettorio. Nere le persone, persino i ragazzi che frequentano la scuola sono più succubi che ribelli, poi c'è il corpo insegnante, dominato dal direttore, Michel Delassalle (Paule Meurisse), un uomo violento di pensieri, di parole e di mani, che schiaccia la moglie Christina (Véra Clouzot) che è la proprietaria della scuola (Delassalle l'ha sposata per i soldi). Poi c'è la professoressa Nicole Horner (Simone Signoret), che è al tempo stesso l'amante picchiata di Delassalle e l'amica e confidente di Christina. Squallidi gli altri che siedono con loro al tavolo nel refettorio, il professor Drain (Pierre Larquey) che sa di latino, ma non di umanità, e il sorvegliante Raymond (Michel Serrault), appiattito su qualsiasi decisione che prenda Delassalle.
C'è un pranzo, che è una delle scene più crudeli mai viste al cinema: servono del pesce marcio (Delassalle taglia le spese da ogni parte), Christina, che è debole di carattere e sofferente di cuore, non vorrebbe mangiarne, Delassalle la costringe ad inghiottire boccone dopo boccone. Christina e Nicole, pur tra mille esitazioni (Christina è religiosa) decidono che è ora di finirla, col loro persecutore Delassalle. Si fanno un piano per cui andranno a Niort, nella casa di Nicole, durante un fine settimana. Lì le raggiungerà Delassalle fuori di sé, perché le due donne sono partite di nascosto, lì loro gli faranno bere del vino drogato e lo immergeranno in una vasca da bagno. Una volta esanime, lo caricheranno nell'auto e tornaranno alla scuola, per buttare il corpo nascostamente nella piscina.
Il piano riesce, e lì finisce la prima parte del film. La seconda parte non la racconto, per rispetto a chi il film non l'ha visto, ed è una parte in cui il pubblico faceva di tutto: abbassava lo sguardo, si metteva le mani sugli occhi, abbrancava i braccioli delle sedie. Quando il film uscì, non si poteva entrare durante la proiezione, ma solo prima, con caldi inviti al pubblico uscente di non svelare il finale al pubblico entrante. Sono passati più di cinquant'anni, e di finestre che si socchiudono, di mani sui pomelli delle porte, di corridoi in penombra, di colpi di scena ne abbiamo visti tanti, e quasi tutti hanno imparato da "I diabolici", quindi, a parte che si sa come va a finire, questi strumenti per creare tensione li conosciamo prima che vengano usati. Ma ancora oggi il colpo di scena del ticchettìo sulla macchina per scrivere, e Christina che va a vedere chi c'è: non c'è nessuno, ma si trova di fronte alla macchina che ha un foglio inserito in cui è stato appena scritto diverse volte "Michel Delassalle", e sui tasti della macchina trova i guanti di Delassalle, questa è ancora oggi una scena da cuore in gola.
Ma perché rivederlo oggi, questo film, al di là del meccanismo oliatissimo ma che sa un po' di déja vu? Perché è un grande film, con una visione nerissima delle persone: uomini, donne, ragazzi, delle cose: strade, case, stanze, persino della natura. Il film è praticamente privo di musica, c'è solo alla fine dei titoli di testa e prima dei titoli di coda, un caso raro od unico. Fra le persone, si salva il commissario in pensione Alfred Fichet (Charles Vanel) che arriva a capire il perché e il percome, ma ormai a cose fatte.
C'è chi dice che, siccome questo è un film che non utilizza i mezzucci del paranormale, uno spettatore accorto avrebbe potuto individuare l'unica soluzione possibile. Una cosa giusta, ma il film non va più visto come noir, ma come esemplare rappresentazione di come i rapporti fra persone possano essere crudeli, di una crudeltà in cui lo schiaffo in faccia è la cosa minore. Una immersione in un inferno dei sentimenti che è il caso di fare, perché l'inferno dei sentimenti esiste, e qualche volta bisogna farci i conti.
Gran pezzo di critica, Solimano. E spero che alla fine (se mai ci sarà una fine di questo blog) ci caverete anche un libro-monumento sul cinema di tutti i tempi, da questo popò di materiale che avete messo insieme. Come lo sfoglierei con goduria, in tutte le sere d'inverno!
RispondiEliminaBrian
Qualche sera fa in tv hanno fatto il remake con Sharon Stone e Isabelle Adjani. Se non ci fosse stato il precedente sarebbe stato un film senza infamia e senza lode, ma avendo bene in mente questo capolavoro di Clouzot risultava inguardabile (infatti non ho retto ed ho spento dopo mezzora. Le due attrici non si comportavano male, ma era l'impianto complessivo che era disastroso.
RispondiEliminaQualcuno di voi mi sa dare una spiegazione del come e qualmente ci sia chi sente il bisogno di buttar tempo, denaro e fatica per fare remakes di capolavori? Per me è l'ennesimo mistero di Fatima. Non riesco a darmi un perchè.
Cara Gabriella, la spiegazione c'è: non l'ho data io, ma ci sono molte interviste di addetti ai lavori che la riportano.
RispondiEliminaEd è questa: quando non ci sono più idee, o non c'è più la voglia di rischiare, si fanno i remake.
Mai visti tanti remake come negli ultimi 5-10 anni.
Giuliano quella della carenza di idee ovviamente è la prima spiegazione che viene in mente, ma credo che da sola non basti. Rischia di risultare troppo autolesionista. Perchè o sei talmente sicuro di te stesso che sei certo di dare un'interpretazione ("interpretazione", bada, non "versione") da risultare talmente nuova, originale ed interessante da far si che il tuo prodotto sia considerato almeno alla pari con l'originale, e che se pure discutibile lo sia in modo da suscitare un interessante dibattito, oppure ti condanni da te stesso ad essere etichettato a vita come un autore di serie "D".
RispondiEliminaDunque il tutto continua ad apparirmi oscuro.
Un'altra spiegazione è questa: al cinema vanno soprattutto gli adolescenti. E a 12-14 anni tutte le storie sono nuove, e anche le canzoni sembrano nuove... (l'heavy metal è identico a quello di trent'anni fa...)
RispondiEliminaMah! Comunque anch'io rimango stupito. Forse la vera risposta è che oggi si fanno film solo per gli spot, e chi non ragiona così è tagliato fuori. Mi rifiuto di credere che non siano nati dei nuovi Kubrick, Fellini, Kurosawa, Bergman... Il ricambio c'è sempre stato, se oggi non ci sono idee nuove è perché le idee nuove vengono strozzate sul nascere.
(chiedo scusa, ogni tanto sono troppo drastico!)
Grazie per il tuo blog.
Brian, per il libro vale il discorso che hai sempre fatto nel tuo blog riguardo quello che scrivi tu, che è più facile che ci leggano in rete che su carta.
RispondiEliminaPerò mai dire mai, la vita è sempre sorprendente... per chi ama essere sorpreso! E ci dobbiamo rivedere, ho un po' di film da darti, tipo "La lectrice" e "les Enfants du Paradis", magari ti porterò anche qualche VHS che non ti aspetti.
Gabriella e Giuliano la regola, come sempre, è che non ci sono regole. Non è detto che il remake sia sempre peggio.
Ho da poco introdotto, fra l'altro volutamente, tre film che a mio avviso sono persino meglio degli originali: "Audace colpo dei soliti ignoti", "Pane amore e gelosia" e "Brancaleone alle crociate". Anche il secondo "Amici miei" è molto buono, il calo fu col successivo.
Sul remake in questione avete ragione, fra l'altro il regista non è neanche capace di mostrare Adjani e Stone come dovrebbe, ma rimangono le uniche due ragioni per vedere quel film.
Ma quanti remake non ufficiali si sono fatti! Nei film western ci sono quattro o cinque filiere che non finiscono mai.
Anche la commedia all'italiana non scherza.
Conclusione, secondo me sono sempre stati i produttori, che volevano andare sul sicuro, ma un remake a distanza di un anno tira su dei soldi per definizione, mentre non capisco i remake a venti anni di distanza.
saludos
Solimano
Che bel film, l'ho visto l'anno scorso, stilisticamente perfetto, il finale, veramente diabolico sì quello, lo si poteva immaginare perché molto imitato, ,a ciò toglie poco al suo fascino.... :)
RispondiEliminaC'e' il remake e c'e' il sequel (non abbiamo una traduzione in italiano? sfruttiamo la potenza del blog per imporla: rifaciture e seguiti?). Ci sono poi diversi film tratti dallo stesso libro: a volte si tratta di remake, a volte sono film del tutto nuovi (i diversi "postini" che suonano tre volte: il primo e' quello di Visconti in Ossessione).
RispondiEliminaI grandi cicli affrescati con le storie del Nuovo Testamento sono remake uno dell'altro, anche se lo scopo della rifacitura era diverso.
Una delle ragioni per cui Hollywood fa i remake e' che il pubblico americano di massa odia i sottotitoli e i doppiaggi. Cosi' la Femme Nikita e' stato rifatto per il grande pubblico, dopo che il piccolo pubblico degli eurofili lo aveva visto sottotitolato. In sede di rifacimento, come spesso accade, al film vennero imposti alcuni stilemi tipicamente americani. Nulla deve essere dato per scontato, per esempio: il finale del remake e' quanto di meno misterioso ci possa essere, lontanissimo dall'originale francese, che era freddo, ma compatto.
Alle volte, invece, il remake serve a ringiovanire una storia del passato, magari "attualizzandola".
In entrambi i casi il remake e' del tutto simile alla traduzione, piu' specificatamente alla traduzione poetica. C'e' dietro tutto un ottimismo molto illuminista sul predominio del contenuto sulla forma, cio' che e' assai americano.
I sequel rovesciano a volte le carte in tavola. Ricordo dall'infanzia alcuni film catastrofici giapponesi: Godzilla e King Kong (a sua volta remake di) erano cattivissimi, ma in Godzilla contro King Kong il primate diventava un eroe positivo (contiguita' genetica?). Terminator presenta uno Schwarzenegger addirittura perfido, ma in Terminator II l'androide e' diventato buono, forse perche' il faccione di Schwarzy non poteva essere troppo a lungo associato a un personaggio negativo, visto che le attese dei teenager sono diverse.
In entrambi i casi, e ce ne sono altri, il sequel perde la carica innovativa o di sorpresa del primo prodotto nella serie, scivolando in una foschia cinematografica dove tutte le vacche sono grigie.
Il sequel o il remake "invecchiano peggio" dei loro antecedenti: ci paiono spesso piu' datati, anche se sono piu' recenti (magari molto piu' recenti). Anche questo effetto, curiosamente, e' condiviso dalle traduzioni poetiche e letterarie.
Avsalud,
Maz
PS Grazie per la bellissima recensione di questo bellissimo film.