lunedì 1 ottobre 2007

Dove va il cinema


L’eroe di Sparta (The 300 Spartans)
di Rudolph Matè
con Richard Egan (Leonida) , Ralph Richardson (Temistocle), Diane Baker Barry Coe,David Farrar
(1962)
Rating IMDb 6.7/10
300
di Zack Snayder
con Gerard Butler, Lena Headey, Domic West, David Wenhan
(2006)
Rating IMDb 8.0/10
Lodes
In una calda sera di agosto siamo usciti per un giro in bicicletta tra le stradine del centro e siamo capitati davanti ad un ex convento ora adibito a mostre e ad iniziative di culturali. Quella sera in una saletta stavano per proiettare L’eroe di Sparta. Un film del ’62, di produzione americana del filone mitologico. Proprio in quei giorni, parlando di cinema con le nostre bimbe, ci avevano elencato alcuni film meritevoli fra cui “I trecento”. Non c’è voluto molto per decidere che era il caso di entrare con l’obiettivo poi di andare poi a vedere anche I Trecento. Ecco alcune sere abbiamo chiuso il cerchio, guardando l’ultimo nato della saga delle Termopoli.
Il mio non è, quindi, un consueto commento ad un film, ma un raffronto e una riflessione sulla evoluzione del cinema. Gli spunti di riflessione sono tanti e voglio cominciare dalla tecnica. Nel senso che nel primo film la spettacolarità era affidata alle immagini in cinemascope, mentre nel secondo entra in campo con forza la tecnica digitale. Se nel primo caso la tecnica consentiva di mettere in risalto le scene di massa e di movimento all’interno di una storia, nel secondo le parti si invertono: è la storia ad essere al servizio della tecnica. Anzi forse è meglio dire che la tecnica di elaborazioni delle immagini fa la storia. Perché senza la possibilità di costruire figure umane, di smontarle per mostrare corpi martoriati, amputati, decapitati, non ci sarebbe la storia. Come non ci sarebbe la storia senza la possibilità di “creare” comparse, animali, scenari tutti virtuali. E’ di pochi giorni fa la notizia che in Inghilterra è finito il lavoro delle comparse, nel senso, appunto, che la tecnica digitale permette di fare film con comparse virtuali. La tecnologia dunque trasforma non solo il modo di fare film, ma crea la storia. D’altro canto questo film è una trasposizione di un fumetto che a fine anni ’90 ha avuto molto successo. Il sacrificio dei Trecento è solo uno spunto che perde la sua originalità perché con il fumetto prima e con il “videogames” dopo non si vuole raccontare una storia, si vuole dare emozioni tramite immagini che restituiscono allo spettatore l’impossibile in tutte le salse: dall’acrobatico dei duelli al truculento e alla violenza rappresentati in mille modi. Immagini forti, appunto, che sono tanto più belle tanto più mostrano la capacità della tecnica di fare ciò che nella realtà non è possibile fare. Ecco allora le scene di battaglie dove gli spartani sono capaci di gesti iperbolici. Il gioco è assicurato. Alle immagini poi si un unisce una colonna sonora (?) che getta suoni altrettanto iperbolici sullo spettatore. Anche in questo mix suoni e immagini c’è tutta l’attualità dei videogames
Per quanto riguarda la trama nell’edizione del ’62 il fatto delle Termopoli è raccontato per esaltare i “valori” della patria e dell’onore, dell’eroismo, della fedeltà al ruolo che è imposto agli uomini: essere guerrieri che vivono sapendo che li aspetta il supremo sacrificio purchè compiuto in battaglia con al braccio il proprio scudo. Se c’è un filo che lega i due film è il ruolo (o forse è meglio dire l’immagine) delle donne. In entrambe i casi esse sono solo fattrici di guerrieri che devono difendere Sparta perchè a essa appartengono e pur sapendo che i propri figli, mariti sono destinati alla morte sono appagate perché solo le donne spartane possono partorire dei guerrieri e degli eroi.
L’eroe di Sparta tutto sommato rientra in quel filone americano, un po’ fascista, che sarebbe stato cancellato da lì a poco, con la guerra in Vietnam e i fermenti giovanili che in quegli anni iniziavano a scompigliare gli States.
Viceversa in Trecento l’onore, l’eroismo che pure sono citati, non hanno nessun significato. Tanto è iperbolica ogni scena del film che fa perdere di vista quei valori di destra che l’Eroe di Sparta apertamente esaltava. Come detto, anche in Trecento si usano, negli scarsi dialoghi, gli stessi riferimenti che però vengono velocemente dimenticati e il videogames prende il sopravento. Se ne rendono conto anche gli autori, infatti, costruiscono una sceneggiatura dove le parole sono scarse ed irrilevanti e tanto più sono enfatiche tanto più si comprende che ciò che conta per gli autori è stupire lo spettatore che a sua volta si lascia trasportare nel gioco. Anche il modo in cui hanno caratterizzato i protagonisti ci dice che non c’era nessun interesse per loro, anzi. Gli autori hanno giocato sul paradossale. Serse trasformato in una macchietta: un gigante gay alto tre metri. Leonida in un muscoloso guerriero che pensa solo a farsi ammazzare e pensa agli ateniesi come “filosofi effeminati”.
Tutto questo però scivola via velocemente, l’importante è far vedere i corpi scultorei dei trecento che uccidono una marea montante di nemici. I trecento sono un corpo unico e assieme lottano, colpiscono e alla fine muoiono. Se nel film del 62 si capisce, almeno, che quel sacrificio ha avuto una motivazione nella salvezza della Grecia, nel film di oggi non c’è neppure questo, tutto sparisce con la scena finale del corpo di Leonida ormai morto.
Non mi sento di esprimere un giudizio di valore. E’ vero che non mi è piaciuto, però credo che sia troppo lontano da me, sia dal punto di vista generazionale che da quello dei gusti che in me sono consolidati. Tuttavia credo che il film ci interroghi sulla evoluzione del cinema.
E' per questo che voglio concludere con una riflessione su questo aspetto che è di stretta attualità, non è un caso, infatti, che si parli della crisi del cinema.
Guardando il film e valutando la novità che la tecnica digitale introduce, penso 300 sia la metafora di ciò che oggi è il cinema. Superata l’età adulta del cinema esso sta ritornando all’inizio della propria storia, quando attraverso macchine a manovella si stupiva il pubblico. Emblematica la scena del treno che sembrava investire gli spettatori: emozioni forti per dei spettatori che si avvicinavano a questo prodigio della tecnica. Da allora ci vollero molti anni perché il cinema diventasse adulto, capace cioè non solo di meravigliare, ma di essere la “settima arte”. A me sembra che con l’utilizzo del live action e della computer graphic sia in atto una rivoluzione che, necessariamente, ora, come allora, si serve della tecnica per “meravigliare” il pubblico, ma che domani porterà ad utilizzare i nuovi linguaggi che la tecnica introduce, le nuove opportunità di un mondo che è sempre più vasto, pieno di relazioni e di interazioni. Gli autori di videogames sono l’avanguardia, arriveranno anche registi che sapranno darci emozioni che non siano solo quella di meravigliarci per scene che nella realtà non possono esistere.
Buon cinema a tutti.
lodes


1 commento:

  1. Caro Lodes, grazie per la nota ottimista! La penso anch’io come te, e – lo ripeto ormai da così tanto tempo che magari comincio ad annoiare – se vediamo brutti film e brutta tv la colpa è quasi tutta della “cultura dello spot” che imperversa da un quarto di secolo in qua (e che in Italia ha un nome preciso, un nome di persona, che ha portato avanti con decisione e con forza questo progetto al ribasso).
    Sto appunto leggendo un libro di interviste a Stanley Kubrick: già nel 1969 diceva che non è più così difficile fare i film, dal punto di vista tecnico, e che si aspettava grandi capolavori a basso costo. In parte sono arrivati, in parte no; però oggi fare un film ha davvero costi irrisori, forse possiamo cominciare a pensare di essere liberi dalla schiavitù delle tv commerciali. Quello che nascerà sarà per forza di cose diverso dal cinema a cui siamo abituati, ma se i nuovi film makers saranno lasciati liberi, i grandi talenti riusciranno di nuovo ad esprimersi: come è sempre stato.
    Quindi speriamo, incrociamo le dita, magari facciamo qualcosa in più (chi può e chi ci è portato...) e vediamo cosa succede.

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