Le silence de la mer di Jean-Pierre Melville (1949) Dal libro di Vercors, Sceneggiatura di Jean-Pierre Melville, Vercors Con Howard Vernon, Nicole Stéphane, Jean-Marie Robain, Ami Aaroe, Georges Patrix, Denis Sadier Musica: Edgar Bischoff Fotografia: Henri Decae (88 minuti) Rating IMDb: 8.0
Gabrilu sul suo blog NonSoloProust
A volte, le storie della nascita di un libro e di un film sono altrettanto avvincenti di quelle da essi raccontati e si intrecciano o vanno in parallelo con altre storie. Di altri libri ed altri autori.
Seconda Guerra mondiale. 1942. Nella Francia occupata dai nazisti viene stampato e diffuso clandestinamente dalla Resistenza un lungo racconto intitolato Le silence de la mer (Il silenzio del mare). Il racconto è firmato Vercors e narra di un ufficiale tedesco di nome Werner von Ebrennac che si insedia nella casa di un anziano signore francese e della sua giovane nipote.
Von Ebrennac, che nella sua vita "normale" è un musicista e parla perfettamente il francese, è un grande conoscitore ed ammiratore della Francia, della sua cultura e della sua arte e tenta in ogni modo -- ma invano -- di conquistarsi la simpatia di zio e nipote i quali, durante i sei mesi di permanenza dell'ufficiale in casa loro non rispondono mai nemmeno con una parola ai suoi lunghi monologhi.
Da parte sua, von Ebrennac non cerca mai di forzare la situazione, è addolorato dal loro silenzio ma non pretende risposte ai suoi discorsi.
Attraverso una scrittura fatta di pause ed uno stile sommesso, il lettore a poco a poco comprende che nel gioco di silenzi, di sguardi, di non detto qualcosa sta avvenendo, nella relazione fra i tre personaggi, e che al di là dei ruoli e della drammatica situazione storica in cui si trovano (occupanti e occupati, dominatori e dominati) che non consente loro un avvicinamento, si fa strada la complessità di una relazione tra "persone".
La giovane nipote e suo zio però non cederanno e quando von Ebrennac comunicherà loro, sconvolto, di essere venuto a conoscenza delle reali intenzioni del Governo tedesco nei confronti della Francia e avere per questo domandato e ottenuto di essere inviato sul fronte russo lo lasceranno partire senza --- nemmeno in quel tragico momento -- pronunciare una sola parola.
Terminata la guerra, i francesi scoprono che dietro lo pseudonimo di Vercors si nascondeva il noto ingegnere-disegnatore-illustratore Jean Bruller, nato nel 1902 da padre ungherese e madre francese che allo scoppio della guerra, entrato in contatto con la Resistenza aveva fondato la casa editrice clandestina Les Editions de Minuit per promuovere la resistenza civile.
Vercors-Bruller scopre, da parte sua, di essere diventato talmente famoso da essere ormai considerato un vero e proprio simbolo della Resistenza intellettuale e vede pioversi addosso molte richieste di autorizzazione a trasporre Le silence de la mer in teatro, al cinema e di farne persino un balletto.
Tra coloro che chiedono a Vercors l'autorizzazione per la realizzazione di un film c'è anche il trentenne Jean-Pierre Melville, alla sua prima esperienza cinematografica. Ha letto il racconto a Londra e ne è rimasto sconvolto. Vercors non dà l'autorizzazione ma Melville comincia egualmente a girare il film clandestinamente e con un budget modestissimo.
Per convincere Vercors, ad un certo punto va a trovarlo e stipula con lui un accordo. Si impegna cioè a mostrare il suo film ad un gruppo di ex membri della Resistenza scelti da Vercors e a distruggere la pellicola se la maggioranza di essi esprimerà un giudizio sfavorevole. Il film viene girato in appena 27 giorni. Il gruppo designato da Vercors ne è entusiasta. Soltanto allora Vercors si decide a concedere i diritti.
Il racconto di Vercors fu pubblicato in Italia da Einaudi nel 1945. La traduzione, affidata a Natalia Ginzburg riesce a rendere magnificamente lo stile rarefatto eppure fiero del testo originale. Il libro è tuttora in catalogo Einaudi.
Andiamo adesso al film di Melville, secondo me uno di quei rarissimi miracoli che qualche volta avvengono di perfetta empatia-sintonia tra film e testo originario. Non a caso Jean Cocteau se ne entusiasmò al punto tale che dopo averlo visto chiese a Melville di dirigere un film tratto dal suo romanzo Les enfants terribles in cui la bravissima Nicole Stéphane -- che ne Le silence de la mer interpretava la nipote --- ricoprirà il ruolo di Elisabeth.
Ho avuto la fortuna di poter vedere questo film in televisione (la televisione di una volta, prima che venisse ridotta alla discarica di immondizia che è oggi) per ben due volte e ne ho un ricordo vivissimo. Un film molto difficile da realizzare ed interpretare; tutto fatto di sfumature, di particolari, di sguardi, di quasi impercettibili mutamenti nell'espressione dei volti.
Un film in cui la musica gioca un ruolo fondamentale. Perchè tutta la musica che si ascolta nel film (molto Brahms, molto Beethoven), questa musica amata e capita da tutti e tre i personaggi è... tedesca.
La musica viene utilizzata da Melville non solo come linguaggio al posto delle parole che non vengono pronunciate (non è stato Thomas Mann a dire che la musica "Tutto dice, senza mai nulla nominare"?), ma rappresenta anche e soprattutto un legame che unisce i due francesi e il tedesco, una allegoria della migliore Germania, di quella Germania dolorosamente rimpianta ed esaltata in alcune delle più belle pagine del Doktor Faustus di Thomas Mann.
In rete ho trovato soltanto, su Amazon, una VHS in francese con i sottotitoli in inglese. Ma mi pare di capire che stiano rieditando i migliori film di Melville in DVD, ed allora io spero che, prima o poi potrò averlo e rivederlo, questo film. Apprendo da imdb e da YouTube che nel 2004 è stato fatto un remake per la TV belga di cui però non so dir nulla.
Ma questa storia fatta di intrecci di storie e di coincidenze non finisce qui.
Il racconto di Vercors venne scritto nella clandestinità nel 1941.
Proprio nel 1941 nel piccolo paesino francese di Issy-l'Évêque, una giovane scrittrice, ebrea francese di origini russe e madre di due figlie scriveva --- con la frenesia di chi sa di avere i giorni contati --- la seconda parte di quello splendido libro che oggi noi conosciamo con il titolo di Suite francese.
Questa giovane donna, che nel 1942 verrà deportata e morirà ad Auschwitz si chiamava Irène Némirovsky.
Le analogie del suo racconto Dolce con Le silence de la mer di Vercors mi hanno molto impressionata.
Anche qui, un ufficiale tedesco, il tenente Bruno von Falk ("giovane, magro, con belle mani") va ad alloggiare in una casa francese abitata da due persone: le signore Angellier --- madre e moglie di Gaston Angellier prigioniero in Germania --. Anche il tenente Von Falk è un musicista (nella vita civile è un pianista professionista). Anche qui la musica che viene suonata e di cui si parla è musica tedesca. Anche qui, alla gentilezza, alla cultura, all'amore per la Francia professato dal tedesco le due donne oppongono il silenzio. Anche qui, una giovane donna comincia piano piano a vedere nell'ufficiale non solo il nemico in divisa ma anche l'uomo.
Anche qui, il racconto si chiude con la partenza di Von Falk per il fronte russo. Vercors e Irène Némirovsky non si sono mai conosciuti, mai incontrati. Eppure, e praticamente in contemporanea, hanno scritto lo stesso racconto.
Gabriella, quando abbiamo sentito cha avresti scritto nel tuo blog riguardo "Il silenzio del mare", io e Giuliano ci siamo detti: "Dovremmo parlarne anche noi".
RispondiEliminaDirei proprio che col tuo post, più esauriente di quello che si potesse immaginare, ci hai tolto l'incombenza. Cosa possiamo dire di più?
Solo una cosa: vorremmo che questo film fosse disponibile in DVD, mentre attualmente non lo è.
grazie e saludos
Solimano
P.S. L'etichetta, oltre che a Vercors, va a Némirovsky, ci sembra moralmente doveroso.
Ho trovato un personaggio per alcuni aspetti simile in "Foto di gruppo con signora" di Böll: è il giovane russo prigioniero di guerra che sa tutto sulla cultura tedesca, mentre i tedeschi veri ignorano i nomi di Trakl, Hölderlin... Lo stile di Böll è diversissimo da quello di Vercors, e anche il racconto è molto diverso, però mi è piaciuto cogliere l'analogia tra i due personaggi.
RispondiEliminaGrazie ancora a Gabriella.
Ma che bel modo di iniziare la giornata, trovare il mio post su Abbracci e Pop Corn! E finalmente con le tre foto in tutto il loro splendore.. perchè sono belli loro e bellissime le foto! Ora me lo puoi dire, Solimano: dove caspita le hai trovate? Ce l'avevi in qualche libro di cinema, non è vero?
RispondiEliminaGiuliano, quando si comincia con le associazioni non si finisce più... A me allora viene in mente quello che racconta l'ungherese Marai nel suo libro autobiografico "Terra! Terra!" e cioè che all'arrivo dei russi a Budapest lui gli parlava dei loro più grandi scrittori russi e quelli conoscevano solo ed esclusivamente Puskin...
In ogni caso, teniamo presente però -- tornando al Silenzio del mare -- che zio e nipote sono persone molto colte, conoscono l'arte, la letteratura, la musica tedesca...
Nulla sapevo di ciò, ma leggo ammirato il tutto.
RispondiEliminaIncredibile l'analogia tra i due libri, evidentemente quella storia è un archetipo dei rapporti francia/germania. Fu Bertrand Russell a dire che non si capacitava come la cultura tedesca, che era ai vertici supremi ai primi del '900, dopo pochi lustri potesse essersi sprofondata così a fondo. E personaggi di cultura come l'ufficiale tedesco in crisi qui descritto sono credibilissimi.
Penso che la cosa dipenda dal fatto che francesi e tedeschi si confrontino e si combattano anche culturalmente "alla pari". Ricordiamoci il mano nella mano tra Mitterrand e Kohl.
Diversissima è la situazione dei rapporti italia/germania: come dice il proverbio, L'italiano stima il la germania ma non la ama, il tedesco ama l'Italia ma non la stima. Una situazione come quella descritta ne "Il silenzio del mare", in una casa di Padova o di Arezzo o di Genova sarebbe impossibile e inimmaginabile.
Brianzolitudine
Gabriella, per le immagini ti scriverò in posta privata.
RispondiEliminaSulla conoscenza culturale degli abitanti dei singoli paesi a me ne successe una bella.
La prima volta che vidi Parigi (su l'ultima hanno fatto un film) mi trovai a parlare di cinema col figlio della padrona di casa, gli dicevo Truffaut di qua, Malle di là e Clair e Renoir. Lui mi guardava sbalordito poi disse serio, non mi ricordo le parole in francese, "Sì, ma vuoi mettere Eddie Constantine!" Concluse il suo dire colla consueta pernacchietta che a Parigi fanno tutte, comprese le ragazze, che non sta bene.
saludos
Solimano
Brianzolitudine, alla faccenda dell'archetipo ho pensato anch'io. Aggiungerei però anche un'altra considerazione che è la seguente: gli ufficiali tedeschi di Vercors e della Némirovsky sono ufficiali della Wermacht, che era tutt'altra cosa dalla Gestapo e dalle SS (e di questo si tenne conto anche a Norimberga). Molti di loro, fino ad un certo punto, erano veramente in buona fede ed i migliori, quando scoprirono tutto l'orrore che significava e che portava il Reich ne furono traumatizzati, sconvolti. Von Ebrennac e von Falk vanno al fronte russo sapendo di andare a morire, è come un suicidio annunciato. Hanno orrore di quello che sta facendo "il Reich" ma non se la sentono di tradire "la Germania".
RispondiEliminaDi tragedie come la loro ce ne furono un sacco
Brian, il discorso che fai riguardo i rapprti italo-francesi ed italo-tedeschi può avere una componente di senso comune, ma ha una verità di fondo.
RispondiEliminaHo avuto modo di lavorare con tedeschi e francesi, e mi sono trovato molto meglio coi tedeschi, non solo si lavora seriamente, ma pure in allegria. Con i francesi è più difficile: sanno di esserci parenti e gli secca. C'è una componente di fondo di insicurezza che si tramuta in gallorìa.
Anche sulla riviera romagnola è sempre stato così, i tedeschi sono i clienti migliori.
Per i francesi va fatta una distinzione di fondo: una cosa è Parigi, un'altra cosa è la Francia.
E comunque, quando tornavo a Linate dopo essere stato una settimana al Cebit di Hannover, era molto triste riprendere il contatto con le nostre tante e gravi inefficienze.
Oggi, viaggiano per il mondo fra Mauritius e Maldive e Guadalupa: vadano prima a vedere come vivono in certi paesi europei, compresa anche la Spagna.
saludos e bentornato
Solimano
P.S. Ci possono essere degli sviluppi positivi per i blog in MonzaLaCittà, ti scrivo allo scrivimi del tuo blog, sarà il caso che ci vediamo, prima o poi.
E così, Solimano, mi hai fregato! Questo bellissimo post di Gabrilu volevo portarmelo io su Nonblog. Competition is competition e tu sei stato più veloce di me... pazienza; riconosco sportivamente che sta benissimimo qui. Mai nominare in un blog le parole film o cinema se c'è Solimano, in giro. Ormai lo sappiamo, non può resistere alla tentazione di ghermire il post in questione e farlo suo. ;-)
RispondiEliminahabanera