giovedì 17 maggio 2007

Tom Jones

Tom Jones di Tony Richardson (1963) Dal romanzo di Henry Fielding, Sceneggiatura di John Osborne Con Albert Finney, Susannah York, Hugh Griffith, Diane Cilento, Edith Evans, Joan Greenwood, George Devine, David Tomlinson, Joyce Redman, David Warner Musica: John Addison Fotografia: Walter Lassally (128 minuti) Rating IMDb: 7.2
Solimano
In Tom Jones c’è una scena in cui il protagonista (Albert Finney) cammina precedendo di una decina di metri una bella donna seminuda, la simpatica signora Waters (Joyce Redman). Siccome è incuriosito dalla nudità, ogni tanto si volta per guardare e le sorride, ma si accorge che anche noi spettatori guardiamo e si fa serio perché la cosa non gli piace, poi si leva il cappello di testa e lo mette sulla macchina da presa, e lo schermo diventa buio, a nostro scorno. Una scena così sarebbe impensabile in altri film in costume, come Barry Lyndon di Kubrick o il Casanova di Fellini. Non so se sia meglio o peggio, dico che Tony Richardson vuole che noi entriamo nel film. In un’altra scena in cui sempre Tom sta litigando con una donna ciarliera, si stufa e ci guarda, dicendoci che non sa come fare e invocando la nostra solidarietà. E’ la stessa cosa - al contrario - di quello che avviene ne La rosa purpurea del Cairo. Il risultato che vuole lo ottiene, perché non si può non schierarsi: vedendo Tom Jones si diventa tifosi, perché alcuni ci piacciono e altri no. Stiamo anzitutto con Tom , che è generoso e vivace, ha un bell’aspetto che vorremmo avere anche noi. Tom non è un dongiovanni, semplicemente tutte le donne o quasi cercano di prenderselo, che volete che faccia? Anche se è innamorato di Sophie Western (Susannah York), parrebbe ineducato esimersi, comunque Tom lo fa volentieri, ha un rapporto goloso col sesso. La celebre scena di Tom a tavola con la signora Waters è così ben riuscita non perché lo spolpare il pollo è un simbolo, no, si spolpano il pollo e l’altra roba perché hanno voglia di mangiare, dopo una giornata in cui hanno camminato molto, e la voglia di cibo e la voglia di sesso coincidono: la scena è realistica, altro che simbolica. Poi stiamo con Sophie, l’innamorata di Tom. E’ tutt’altro che esangue, benché bionda con gli occhi azzurri ha preso da quell’animalone moro di suo padre. Lo si vede dalle rughe circolari che le si formano sopra il naso quando si arrabbia, dalla sberla che tira a Tom quando lo sorprende con un’altra, dallo spintone con cui manda nello stagno Blifil (David Warner), che di Tom è l’alter ego, brutto, ipocrita e cattivo.

Ma stiamo anche con le donne di Tom, Molly (Diane Cilento), la figlia del guardiacaccia, che non si risparmia di giorno e di notte, la signora Waters, che ne ha fatto di tutti i colori nella sua vita - non è giovinetta - ma si permette ancora di fare l’ingenua o la cinica allegra, Lady Bellaston (Joan Greenwood) infine, di una bellezza un po’ magra, ma uno stile da gentildonna ed una voglia pazza di Tom, al quale, poveretto, siccome ama Sophie, tocca leggere la lettera di Sophie mentre fa l’amore con la Lady. Tom riesce a leggere senza farsene accorgersene, una vero acrobata. Poi stiamo col signor Alworty (Gorge Devine), brav'uomo, magari un po’ noioso, che si fa menare per il naso da Blifil e dai preti di casa. Stiamo persino col padre di Sophie, il signor Western (Hugh Griffith), sempre a caccia o comunque circondato da cavalli, oche, ma soprattutto da cani, anche da qualche contadina, se c’è un po’ di paglia comoda. Stiamo con lui perché lo capiamo: Tom gli piace, ma sua figlia la sposerà solo se diventa ricco. Siamo invece contro quegli altri che creano rogne alla nostra squadra, specie a Tom. Non c’è un vetro di mezzo fra noi e il film, partecipiamo alla frenetica caccia al cervo, alla notte degli imbrogli e dei sotterfugi - e degli amplessi - nella taverna, alla festa in maschera dei viziosi e delle libertine di Londra. Tony Richardson aveva due formidabili puntelli, oltre agli attori bravi, convinti e che si divertivano, aveva il romanzo di Henry Fielding che ancora a fine Ottocento Jerome (poveretto!) si chiedeva se era il caso di leggere o no, e aveva John Osborne come sceneggiatore, il grande commediografo arrabbiato. Ma la rabbia si converte a tutti - noi compresi- in tifo allegrissimo. Non lasciamoci convincere dai tanti nipotini del Venerabile Jorge, che parlano di film rutilante, picaresco, di cappa e spada, lo fanno per denigrarlo fingendo di parlarne bene. Tom Jones è una meraviglia che è bene rivedere - specie oggi, che i tristi rialzano la testa - non stufa neppure quando lo sappiamo a memoria. Tony Richardson ha fatto solo un altro grande film oltre a questo, più due o tre film buoni, ma noi andiamo al cinema per vedere un film, quel film, non la carriera del regista.

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