Giuliano
Caino coltiva la terra. Vorrebbe donare grandi cose al Signore, ma non gli è possibile: c’è la grandine, la siccità, il lavoro del contadino è molto duro. Per Abele le cose sono un po’ più facili: alleva pecore, le può spostare, mettere al riparo, basta un po’ di attenzione e può offrire in sacrificio al Signore magnifici agnelli e montoni. Ma quando le cose stanno finalmente andando bene a Caino, ecco che proprio le pecore rompono il recinto e calpestano e mangiano tutto.
Detto così può sembrare un po’ riduttivo, ma il conflitto tra agricoltura e pastorizia è antico come l’umanità: è anche il tema di tanti film western. L’allevatore (il nomade) non capisce perché si debbano mettere paletti e confini; il contadino (stanziale) non capirà mai il mondo del nomade. E’ questa la chiave di lettura che sceglie Ermanno Olmi per narrare il libro della Genesi; ed è anche uno degli oggetti principali della sua poetica, la rottura che c’è stata tra la modernità del Novecento e l’antico ed eterno mondo contadino.
Fa parte di un ciclo di film televisivi, un progetto che prevedeva di portare in tv l’intera Bibbia; non so che fine abbia fatto, ho visto qualche pezzetto degli altri film e li ho trovati dozzinali. Perché il Maestro ha girato solo questo film, il primo: tutti gli altri sono stati affidati a bravi professionisti della “fiction” tv. Sui quali non dò nessun giudizio ma, come conseguenza, penso, potrebbe magari arrivare qui sul blog un messaggino delle case di produzione che mi spiega nel dettaglio come il film di Olmi sia stato il meno visto della serie, e sicuramente il meno apprezzato. “Noioso”, sarà il gentile eufemismo tipico di questi casi, e che nasconde parole ed espressioni del volto e delle mani ben più espressive – ma io il mio vecchio pastore bergamasco me lo tengo ben stretto.
A proposito, quando si parla della pena di morte e salta fuori l’espressione “Nessuno tocchi Caino”, non avete idea di quanta gente non sa che è una frase della Bibbia, proprio del “Genesi”; e che a pronunciarla non è – scusate l’espressione – il primo pirla che passa; e neanche il secondo né il terzo. Ma qui il discorso mi si allarga spaventosamente, passo e chiudo e non sto lì a dire di guardare Olmi: se i sedicenti cristiani non leggono la Bibbia, non dico tutte le tremilasettecento pagine ma nemmeno le prime dieci, figuriamoci se hanno tempo da perdere con queste storie di Abele e di suo fratello, con tutto il tempo che è passato.
Detto così può sembrare un po’ riduttivo, ma il conflitto tra agricoltura e pastorizia è antico come l’umanità: è anche il tema di tanti film western. L’allevatore (il nomade) non capisce perché si debbano mettere paletti e confini; il contadino (stanziale) non capirà mai il mondo del nomade. E’ questa la chiave di lettura che sceglie Ermanno Olmi per narrare il libro della Genesi; ed è anche uno degli oggetti principali della sua poetica, la rottura che c’è stata tra la modernità del Novecento e l’antico ed eterno mondo contadino.
Fa parte di un ciclo di film televisivi, un progetto che prevedeva di portare in tv l’intera Bibbia; non so che fine abbia fatto, ho visto qualche pezzetto degli altri film e li ho trovati dozzinali. Perché il Maestro ha girato solo questo film, il primo: tutti gli altri sono stati affidati a bravi professionisti della “fiction” tv. Sui quali non dò nessun giudizio ma, come conseguenza, penso, potrebbe magari arrivare qui sul blog un messaggino delle case di produzione che mi spiega nel dettaglio come il film di Olmi sia stato il meno visto della serie, e sicuramente il meno apprezzato. “Noioso”, sarà il gentile eufemismo tipico di questi casi, e che nasconde parole ed espressioni del volto e delle mani ben più espressive – ma io il mio vecchio pastore bergamasco me lo tengo ben stretto.
A proposito, quando si parla della pena di morte e salta fuori l’espressione “Nessuno tocchi Caino”, non avete idea di quanta gente non sa che è una frase della Bibbia, proprio del “Genesi”; e che a pronunciarla non è – scusate l’espressione – il primo pirla che passa; e neanche il secondo né il terzo. Ma qui il discorso mi si allarga spaventosamente, passo e chiudo e non sto lì a dire di guardare Olmi: se i sedicenti cristiani non leggono la Bibbia, non dico tutte le tremilasettecento pagine ma nemmeno le prime dieci, figuriamoci se hanno tempo da perdere con queste storie di Abele e di suo fratello, con tutto il tempo che è passato.
P.S. In assenza di immagini del film, inserisco "Il sacrificio di Abele e Caino" e "L'uccisione di Abele" di Lorenzo Ghiberti dalla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze.
La lotta fra cacciatori, pastori e contadini la si vede bene nella storia greca, e nella conseguente (o precedente?) mitologia. Poi si inserirono altre due variabili: la polis e il mare, che furono all'origine fra l'altro della democrazia ateniese. E' interessante il fatto che nella Bibbia il mare non ci sia, credo spieghi molte cose dell'ebraismo e dei conseguenti cristianesimo ed islamismo. Non cose vecchie, cose di oggi, tipo il modo stesso di affrontare i problemi ponendo come prima cosa delle palizzate, cosa che un marinaio non fa né può non dico fare, ma pensare.
RispondiEliminaEra ora che entrasse Olmi, Giuliano, e hai perfettamente ragione a chiamarlo Maestro. Non amo tutto di lui, ma la profondità, la cultura e la serietà sono esemplari, quanto di più diverso da quello che passa in genere il convento italico. Mi ha fatto ridere il tuo citare i professionisti delle fiction che hanno realizzato gli episodi successivi: era più serio di loro persino Anton Giulio Majano, che, dovendo fare un romanzo sceneggiato su un'opera di Dostoevskij si lagnò, asserendo che durante la sceneggiatura aveva dovuto fare una fatica boia per togliere tutti quei discorsi psicologici che rallentavano l'azione.
saludos
Solimano
Rivedendo il film, mi sono accorto che non è affatto girato per la tv. Olmi gira per il cinema, e la prima immagine è il buio: dal buio sorge la voce di un bambino, e la sua prima parola è “mamma”.
RispondiEliminaNon c’è niente di meno televisivo del buio: invece al cinema una scena così è suggestiva, viene benissimo; e associare l’idea della Creazione alla nascita, all’inizio della vita, è un’idea semplice ma piena di significato. ( M’immagino la disperazione dei funzionari tv: buio, immagini poetiche, tramonti? Ma dove siamo? Ma è matto questo? Non c’è nemmeno lo spazio per gli spot, ma dove ha imparato a lavorare questo qua??)