Roby
Questo film ha la mia stessa età: siamo diventati amici nell’estate del 1969, aspettando con trepidazione il famoso allunaggio di Neil Armstrong (ricordate? “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità”…ma quanto tempo avrà impiegato per prepararsela, la battuta???). La RAI, per l’occasione, mise in piedi una diretta chilometrica, con Tito Stagno e Ruggero Orlando che si “palleggiavano” il microfono (“Ha toccato, ha toccato!!!” - “No, non ha toccato, mancano ancora 3 metri!!!”), e per riempire i buchi, nei momenti “morti”, venivano trasmessi film e telefilm, in gran parte di fantascienza. Fu così che feci conoscenza con il pianeta Altair, il dottor Morbius, sua figlia Miranda e il robot Robby: si trattò di un vero colpo di fulmine, una di quelle folgorazioni che ti segnano per sempre, e che per sempre influenzeranno i tuoi gusti futuri. Da allora, la fantascienza “classica”, magari un po’ casareccia (si vede benissimo che dentro lo scafandro di Robby c’è un uomo, no???) è stata ed è tuttora uno dei miei rifugi fantastici preferiti. Ho scoperto, attraverso una rapida indagine in rete, che da qui deriva anche la mia passione per la serie di STAR TREK, il cui creatore, Gene Roddenderry, fu dichiaratamente influenzato dal contesto del “Pianeta proibito”. La storia –ammesso che sia importante- è quella di un’astronave che sbarca sul pianeta Altair IV, i cui unici abitanti sono uno scienziato e sua figlia, accuditi da un automa umanoide. Nel sottosuolo si cela una macchina straordinaria, in grado di materializzare gli oggetti “pensati” dagli utenti, ma anche –ahimè- di disintegrare gli utenti stessi. Il capitano della navicella (il Leslie Nielsen futuro attore demenziale della serie “Una pallottola spuntata”) s’innamora della ragazza, ma deve vedersela –e con lui tutto l’equipaggio- con una misteriosa e mostruosa entità, decisa a distruggerli. Quale sia la natura di tale mostro lo si scoprirà solo alla fine: come nella “Tempesta”di Shakespeare, è il dottor Morbius a generarlo con il suo subconscio, nell’inconsapevole desiderio di tenere la figlia tutta per sé. Fin qui, la trama. Ma il pezzo forte sono le singole sequenze, i fondali meticolosamente dipinti, gli effetti speciali ancora ingenui, i momenti più emozionanti sottolineati dalla “novità” della musica elettronica. Ricordo perfettamente la ragazza che chiede alla macchina miracolosa di fabbricarle un vestito particolare per l’appuntamento col bel capitano. L’apparecchio chiede di che tessuto lo preferisca, e lei specifica che dev’essere “impenetrabile”. “Impenetrabile ai raggi gamma?” s’informa la macchina. “Oh no,” replica Miranda “soltanto all’occhio umano!”. Io l’ho vagheggiato a lungo, un elettrodomestico così, nei miei sogni di bambina. In fondo, i telefoni cellulari, dei quali i “comunicatori” del film sono i pro-zii, oggi esistono davvero. Perciò, io ci spero ancora, in un jeansettino creato su misura in quattro e quattr'otto: ben inteso che sia anti-radiazioni, anti-cellullite e magari –hai visto mai?- anche anti-preoccupazioni.
Roby, non ce l'ho fatta! Ti avevo trovato una bella immagine col Robot, gli astronauti etc, ma mi è capitata sott'occhio Anne Francis in una foto di scena: mi ha conquistato la sua aria di esibizionismo timido e composto, in fondo rispettosissimo del padre rompiglione.
RispondiEliminaPersino il Prospero della Tempesta di Shakespeare sarebbe stato contento di una figlia così.
Prometto che fra tre giorni rimetto il Robot, per intanto lasciamo che Anne Francis prenda un po' di aria.
saludos
Solimano
E’ un bel commento, direi perfetto. Visto oggi, il film fa spesso sorridere, è come se fosse il montaggio di due film diversi: una parte di commedia, modellata sui film americani d’ambiente militare, l’altro drammatico e filosofico e ancora molto attuale. L’equipaggio è proprio quella di una nave della marina USA, ci sono gli ufficiali galanti (come nei film di Tognazzi e Vianello), e c’è perfino il cuoco che si ubriaca (un cuoco su un’astronave??). E c’è anche Leslie Nielsen, qui in una parte nobile ed eroica – ma visto oggi non è assolutamente credibile, dopo tutte le parti comiche che ha fatto... Ci sono alcune scene che mi hanno accompagnato per anni: quella finale dei mostri dell’ID, per esempio (impressionante ancora oggi), le grandi scenografie, gli animali meravigliosi, il nome della nave: Bellerofonte. E l’esplorazione delle enormi macchine aliene del pianeta Altair, che assomiglia al camminare di una formica tra i chip di un computer, solo che nel 1956 i computer bisognava immaginarseli, e sono stati immaginati benissimo. E, infine, la scena in cui la ragazza bionda nuota nuda in piscina: ma questa credo di averla notata qualche anno più tardi, forse la prima volta avrò fatto più caso all’enorme tigre che l’accompagnava. Il mio primo contatto in assoluto con questo film fu invece il robot, perché lo avevo trovato in giro per casa: non ricordo se era proprio mio, però era identico, anche nel modo di camminare; si accendevano le lucine e tutto il resto (ma non parlava e non faceva miracoli...).
RispondiEliminaGrande il robot che produceva whisky a gogò. Un film di grande impatto emotivo, mi pare che la gran parte degli attori fossero non professionisti. Il libro tuttavia è ancora meglio, un Urania finito chissà dove che ricordo ancora con tantissimo affetto.
RispondiEliminaE va bene, Solimano, concediamo un po' di spazio ad Anne Francis: che fra l'altro trovo deliziosa, per quanto le BIONDE -si sa- siano per natura molto MA MOLTO più insipide e slavate di NOI (ex)BRUNE... A proposito... quasi quasi... ok, ciao a tutti: HO DA FARE!!!!
RispondiEliminaRoby
Una mia amica mi ha scritto lodando simpaticamente il blog e riscontrando solo un difetto: molti film vecchi.
RispondiEliminaSi può dire che Le Sacre du Printemps, Ossi di Seppia, Guernica, la Cattedrale di Gaudì, Il Partigiano Johnny siano vecchi?
L'affermazione della mia amica attesta quanto è cocciuta la conventio ad excludendum riguardo l'arte cinematografica.
Quella della categorizzazione delle arti è' una storia millenaria, ai primi del Seicento il Caravaggio suscitò scandalo dicendo che era la stessa manifattura fare un quadro di figure o una natura morta, e la Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana attesta quanto avesse ragione.
Però la mia amica è stata gentile: mi ha fornito dieci titoli di film recentissimi che lei ha amato molto, e vedrò di guardarmeli, a meno che non siano parlati in russo con sottotitoli polacchi...
Riguardo a "Il pianeta proibito", IMDb attesta che è un film che stanno vedendo in molti nati dopo che il film fu fatto. Con una differenza: questo film piace ugualmente a femmine e maschi, e il post di Roby ne chiarisce bene i motivi.
saludos
Solimano
Vecchi o nuovi che siano, i film restano impressi per le emozioni che suscitano, anche in relazione alla nostra esistenza. Almeno per me è così. I film contemporanei devono attendere un po' per vedere se superano la prova del tempo che trascorre. Vi sono film molto premiati di cui non si ricorda più nulla, appena dopo la stagione della loro produzione. In arte la stagionatura è un agaranzia.
RispondiEliminaRoby, ho sostituito l'immagine di Anne Francis con un'altra che ho trovato oggi. E' un po' palliduccia, ma dà l'atmosfera un po' fiabesca del film e poi con un click è bella grande. Ma se vuoi la cambio ancora, insistendo le immagini prima o poi vengono fuori...
RispondiEliminasaludos
Solimano
Attendo con ansia la recensione de "L'astronave degli esseri perduti", che non mi fece dormire per mesi. :)
RispondiEliminaIsabella ha detto una cosa giusta: "I film contemporanei devono attendere un po' per vedere se superano la prova del tempo che trascorre".
RispondiEliminaPerò un dei pregi di questo insolito Blog è di essere aperto, c'è spazio per tutto e per tutti, per il vecchio - se vogliamo usare questo temine - come per il nuovo. Immagino lo sia anche per i registi semisconosciuti o per quelli emergenti, sempre che abbiano suscitato in noi una qualche emozione. Perchè è di questo che stiamo parlando, emozioni, ed ogni spettatore ha le sue di emozioni, spesso in barba alla critica ufficiale e seriosa degli addetti ai lavori.
Che ognuno dica la sua, in assoluta libertà, e sarà un piacere per tutti, per chi scrive ed anche per chi si limita a leggere.