Roby
Non so bene se in questo blog si possa parlare, oltre che dei film "amici", anche di quelli "indigesti", che magari ci sono riusciti antipatici fin dalla prima visione e che continuano ad infastidirci ad ogni passaggio in TV. Nel mio caso, potrei citare "E.T. l'extraterrestre" di Steven Spielberg, da taluni magnificato come geniale e poetica fantafavola per i bambini del 2000 (benchè sia del 1982), inno alla fratellanza cosmica e celebrazione dell'amicizia oltre ogni confine, compresi quelli del sistema solare. Le mie sorelle, all'epoca, andarono a vederlo prima di me, e subito si precipitarono a sollecitarmi: "Vacci, vacci, è troooooppo bello! Vedessi il bambino, checcariiino, e vedessi la sorellina, checcariiiina, e vedessi l'extraterrestre, checcariii..." No, un momento; aspettate un momento: E.T. "CARINO"??? Carino, con il corpo asimmetrico e rugoso di una tartaruga centenaria? Carino, con quella voce roca da telefonista di hot-line? Carino, con quel dito indice che si illumina come la lucetta di un televisore in stand-by? Quel ditino "acceso" mi ricorda tanto il raccontino edificante della mia nonna materna, la quale, quando lasciavo qualcosa nel piatto, mi ammoniva: "Lo sai che, se non finisci tutto, quando sarai in Purgatorio andrai in giro con il mignolo acceso come un fiammifero, in cerca del cibo che adesso sprechi?". Raro esempio di involontario humor nero, dalle origini per me tuttora incerte. Ma tornando a bomba: perchè il bimbetto biondo made in USA non si prende più cura della sorella, invece di raccattare il primo animaletto marziano che gli capita, col rischio magari di beccarsi un bel virus letale? E che dire della scena della notte di Halloween, quando i bambini portano in giro indisturbati E.T. fingendo che sia un coetaneo mascherato? "Ma tu guarda che razza di festa CRETINA è questa" ho pensato, vedendo il film per la prima volta "con 'sti bimbi che vanno di casa in casa a rompere le scatole al prossimo con la scusa di dolcetto-scherzetto??? Certo, noi italiani siamo troppo intelligenti: un'idiozia simile NON potrà MAI attecchire da noi!!!". Le-ultime-parole-eccetera-eccetera. Nel finale, poi, il volo dei ragazzini sullo sfondo della luna piena, lungi dall'emozionarmi, mi ha ricordato piuttosto "Miracolo a Milano" di De Sica, con i poveri che decollano da piazza del Duomo a cavallo delle scope strappate ai netturbini. Quella sì, che è una sequenza da riempirsi gli OCCHI! Io, della fantascienza finto-fiabesca, buonista, caramellosa, tranquillizzante e soporifera del pluri-premiato-campione-di-incassi E.T. ne ho piene semplicemente le SCATOLE.
Roby, hai fatto benissimo a cantargliene quattro all'Extraterrestre e mo' ti dico un mio perché. Sul lavoro c'era un collega che non guardava in faccia a nessuno, l'unica cosa che esistesse per lui era la sua opportunità del momento, passava sopra a tutto e a tutti senza farsi nessun problema. Con una naturalezza coerentissima, con una aridità sistematica. Un giorno, in ufficio, ci racconta che era stato con la moglie e con i due figli a vedere l'Extraterrestre. Gli era piaciuto molto, lo raccontava avendo quasi le lacrime agli occhi, emozionato, quasi commosso.
RispondiEliminaFu in quel momento che decisi di non andarlo a vedere, l'Extraterrestre, perché se era piaciuto ad uno così arido, così completamente privo di gratuita generosità, voleva dire che era un film falso. Il meccanismo è semplice: le persone cattive (che esistono)hanno in sé un mondo emozionale, come tutti. Solo che invece di essere persone di sentimento, preferiscono diventare dei sentimentali, che è tutta un'altra cosa. Non costa nulla commuoversi su un pupazzo, brutto per giunta, e farlo con la famiglia. Ti senti buono a gratis, salvo il costo del biglietto, quattro soldi. Ti riconfermi nelle tue scelte di vita (?) e continui tranquillamente a camminare sulle persone e lo fai sentendoti pure buono, perché hai pianto su un pupazzo. Conclusione: occhio ai sentimentali, sono cattivi e pericolosi, se ci stiamo attenti sapremo distinguerli dalle persone di sentimento, che magari si adirano, parlano fuori dalle righe, si adombrano, sono permalose ma quando si viene al dunque te le trovi vicine perchè capiscono con intelletto d'amore.
E i sentimentali? No, in quel momento non ci saranno: saranno andati a vedere qualche altra frescaccia per TV o al cinema in modo da rafforzare il loro sentirsi buoni. Gli serve, perché così possono fregarti meglio.
saludos
Solimano
Spielberg è bravissimo, ma gli manca sempre qualcosa; e io trovo benvenuto il tuo sfogo. Personalmente, più che ET trovo insopportabile “Incontri ravvicinati”, ma non so se si può dire in giro: questo film ha più fans di Claudio Baglioni, tutti permalosissimi. Anche “Schindler’s list” è un film benemerito, e sono contento che sia stato girato, ma c’è sempre qualcosa che mi rende estranei i film di Spielberg. A dire il vero, di lui mi è piaciuto molto – dal principio alla fine - solo “Duel”; però ci sono molti momenti che ricordo con piacere, come nello “Squalo”, quando i tre uomini sulla barca fanno l’elenco delle loro ferite. Forse si può dire che Spielberg dà il meglio quando si diverte anche lui, come con Indiana Jones. Quanto a “ET”, la cosa che mi dispiace di più è che quando è uscito io non avevo più cinque anni...
RispondiEliminaSecondo me date giudizi troppo severi. E.T. è una favola (esattamente come Vacanze romane!), e ha tutti gli ingredienti delle favole: il bambino che si identifica con l'eroe e salva la bella in pericolo (anche se la bella in questo caso è un brutto extraterrestre), l'antagonista, che in questo caso (ma forse anche in tutti gli altri casi) è il mondo degli adulti, l'avventura, ecc. Non a caso il "brutto" E.T. è di una bruttezza che suscita tenerezza, proprio come certi orridi pupazzi di pelouche che i nostri figli si sono portati a letto per anni. Ed è una storia ben confezionata, come tutti i film di Spielberg. Certo, non è il film che mi porterei su Orione, ma a mio parere è un ottimo film commerciale. Forse questo è il suo grande peccato. E forse il suo secondo grande peccato è di rivolgersi non ai raffinati cinefili, ma a chi sa godere della propria parte infantile. Le favole cambiano solo di ambientazione ma rimangono tali: perché allora Vacanze romane e Il buono il brutto e il cattivo vanno bene e E.T. e Harry Potter no?
RispondiEliminaBeh, io non ho parlato così male di ET: l'invidia per i bambini di 5 anni è autentica... Comunque la differenza tra i film che cita Manuela è una questione di stile e di tecnica: Wyler ha molta più personalità di Spielberg, e così anche Leone ha molta più tecnica e fantasia, proprio nelle immagini, cioè nel cinema (però poi io mi sento libero di dire che tra Indiana Jones e Vacanze romane scelgo dieci volte su dieci Indiana Jones!)
RispondiEliminaGiuliano
Ma certo che è questione di tecnica e di stile, e anche, lasciamelo dire, di gusti personali e di età. Volevo solo spezzare una lancia a favore di buoni prodotti commerciali, spesso disprezzati perché sono tali.
RispondiEliminaHo molto rispetto per i prodotti cosiddetti commerciali e ritengo che molti film che non ha visto nessuno meritassero la loro sorte, appunto di non essere visti da nessuno. E più facile tirarsela facendo il sofistico non riconosciuto (ce ne sono fra i registi eccome) che fare un buon prodotto commerciale che serve ad esempio a far passare due ore di sano svago a centinaia di migliaia di persone. Ogni gusto poi merita rispetto, e dipende da tante cose, io ad esempio Vacanze Romane come film oggi non lo rivedrei... ma Audrey Hepburn giovanissima... ebbene sì... Vostro Onore! Per quello che riguarda i miei film, io cerco di alternare film che amo e che so che non ha visto nessuno, tipo Amori in Corso e Cuori al verde, a film che tutti hanno visto, tipo Amici miei e Questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo. Ma non è che ami un film perché l'hanno visto in pochi o in molti, me ne frego, l'importante è che piaccia a me! Cerco di aiutare i meno conosciuti inserendo critiche nei commenti, scegliendo però critiche coi piedi per terra, non di maestrini con la penna rossa o azzurra. Credo infine che il gioco sia bello perché ognuno ha il suo modo ed ha i suoi film, ve la immaginate la noia se la pensassimo tutti alla stessa maniera?
RispondiEliminagood evening
Solimano
Oddiomio, non credevo di suscitare tanti commenti parlando -male, per giunta- di ET !!! Torno sull'argomento solo per precisare che di Spielberg amo tante altre cose, compresi i 3 "Indiana Jones", specialmente il terzo, quello con Sean Connery che fa il padre di Harrison Ford: due delle mie icone di virilità preferite! Mi garberebbe parlarne qui sopra, di questa come di altre pellicole del genere "avventura", per me estremamente rilassanti...
RispondiEliminaOgnuno di noi guarda un film o un altro secondo il suo stato d'animo, c'è la volta che va bene una avventura, c'è quella della storia d'amore, quella del film politico o del film comico. Anche -perché no - se c'è una attrice o un attore che ci attrae. O una epoca storica. O un film che fa pensare alla religione, alla condizione di vita, ai contrasti, ecco, un film senza contrasti non lo andrebbe a vedere nessuno. Se si segue il proprio piacere in genere non si sbaglia. Magari si è anche curiosi di piaceri nuovi, la curiosità è una forza che fa vivere meglio e sbadigliare di meno. Leggo con interesse reale ciò che scrive ognuno dei partecipanti al nostro multiblog, i motivi sono due: imparo cose che possono farmi cambiare idea e conosco meglio la persona che scrive. Perché, con l'impostazione non da critici ma da spettatori, finisce che uno parla anche di sé. L'impostazione dei critici è importante, perchè sapere di più è meglio, ma se si esagera finisce che diventa come leggere un libro pretendendo di leggere solo le note, o l'introduzione. Credo che le note si apprezzino più dopo aver visto il film, non prima. Difatti a Milano ci sono stati film che hanno avuto un successo imprevisto, tipo Il Gusto degli Altri o In the Mood for Love, che sono rimasti nello stesso cinema anche per tre mesi, e prima nessuno ne sapeva niente. Perchè si è verificato questo? Per le critiche buone? No, per il passaparola. Lo trovo bello, il passaparola, vuol dire contatto e fiducia fra persone.
RispondiEliminabuona notte
Solimano
A me il film è piaciuto. Intendiamoci, è una favola come dice Manuela e come tale va visto. Spielberg è uno che ci sa fare a fare film di intrattenimento e su questo penso si possa essere tutti d'accordo. Bene ha fatto Roby a stroncarlo. Vuol dire che a lei non è congeniale e non hanno importanza i motivi che l'hanno portata a quel giudizio.
RispondiEliminaA me, che ho fantasticato a base di western, di pirati, di tigrotti di Monpracen è chiaro che in un film che favoleggia di un E.T. mi ci sono ritrovato, anche se l'ho visto da persona più che matura. D'altro canto la fantascienza è stata anch'essa una "frontiera" da conquistare, dove combattere contro gli indiani/marziani. E come gli indiani del tramonto dei western sono diventati "uomini" "persone" e non nemici, anche nello spazio E.T. non è più un nemico da comattere ma un "altro" da noi che vuole solo tornare a "casa".
Buon cinema a tutti.
Però quest’idea dell’età a cui si vedono i film, o si leggono i libri, è qualcosa che meriterebbe un bel discorso. Per esempio, il Don Chisciotte lo si può veramente capire dopo i 40 anni, quando anche noi abbiamo preso un bel po’ di bastonate e abbiamo lottato contro qualche mulino a vento: prima, non ero mai riuscito a leggerlo per intero. L’inverso accade con Harry Potter: mi sono divertito molto a vedere i tre film, ma ad ogni scena sapevo già cosa sarebbe successo dopo. L’autrice di Harry Potter ha fatto un bel lavoro, ma per chi ha letto un po’ di libri è evidente che si tratta di un lavoro di montaggio di storie già scritte da altri. Non è necessariamente un difetto e non è solo il caso della Rowlings, s’intende: ma certo leggere o vedere le avventure del maghetto a sette anni è molto ma molto meglio che a quaranta o cinquanta! Anche quando ho guardato il Signore degli Anelli mi sono divertito molto, ma un divertimento ancora maggiore è stato pensare a quante cose Tolkien ha preso da Wagner (tantissime) e da Jung, o dal Mahabharata... ET è un altro di questi “pasticci” su cose preesistenti, come il glorioso “Ultimatum alla Terra”; e la sequenza finale, come ricorda giustamente Roby, è una citazione esplicita di “Miracolo a Milano”, sicuramente voluta perché Spielberg ha una grande cultura cinematografica e gusti molto raffinati.
RispondiEliminasaludos (a proposito, chi si prende “Klatù barada nikto”?)
Giuliano
Ho trovato in rete un brano che la scrittrice Paola Tarino ha dedicato a E.T. L'Extraterrestre e mi è sembrato interessante perché guarda il film da un punto di vista diverso dal nostro. Lo inserisco qui:
RispondiElimina"La favola spaziale creata, vent'anni or sono, dalla fantasia immaginifica di Steven Spielberg racconta la storia di un'amicizia particolare, di una solidarietà istintiva che viene a stabilirsi tra un gruppo di ragazzini (non esenti da problemi familiari) e una creatura aliena, abitante extra-comunitario, abbandonato casualmente dalla sua gente.
Si tratta di un malinconico ritorno a richiami adolescenziali, influenzati dalla sindrome di Peter Pan con inevitabile finale consolatorio. Non a caso nel film si sceglie di far leggere alla madre proprio questa fiaba, per ribadire come l'infanzia sia un'età dell'oro: condizione ottimale non solo per credere ai sogni, ma per far nascere solidarietà tra diversi per cultura, lingua e provenienza; tutti accomunati dal bisogno di trovare affetto e protezione di fronte all'indifferenza e all'egoismo degli adulti.
ET, "un attore elettronico o robot espressivo" (come ama definirlo il creatore dei suoi effetti speciali Carlo Rambaldi, che ha pochi giorni fa deciso di regalare il suo prototipo, dotato di ben 85 punti di movimento, alla Cittadella del Cinema di Giffoni Valle Piana), non è un semplice pupazzo, ma il risultato di combinazioni meccaniche ed elettroniche, azionate dalla creatività umana. Questa creatura di gomma misura sessanta centimetri, ha una testolina a forma di lucertola, la faccia rugosa, i grandi occhi, il naso schiacciato, il collo giraffesco e retrattile, il corpo rattrappito, le braccia lunghe, un dito luminoso come una lampadina, mentre il suo cuore pulsa nel petto, lanciando segnali rossi ad intermittenza. Al suo interno contiene tutto un intrico di strutture metalliche, cavi e circuiti elettronici comandati da un computer; solo per le scene in campo lungo è stato utilizzato un attore nano, mentre per la sequenza dell'ubriacatura si è fatto ricorso ad un bambino focomelico di 12 anni, che ha accettato di svolgere questo ruolo, siglato da un regolare contratto di lavoro, con la supervisione di un'Associazione che si occupa dell'inserimento di handicappati nel mondo del cinema.
Di fronte alla solitudine di quello strano "giocattolo spaziale", smarrito e abbandonato in un ambiente ostile, spaventato ed incapace all'inizio di adattarsi alle abitudini umane, scatta nei ragazzini un sentimento di fraternità reciproca: non solo tentano di insegnargli a dare un nome alle cose, ma vogliono stabilire un contatto, fatto di comunicazione dapprima gestuale-fisica e in seguito verbale, per conoscere l'alieno, poterlo aiutare, inserendolo, seppur clandestinamente nella propria casa e tra i propri affetti domestici. In particolare il legame telepatico che si instaura tra ET e Elliott, il protagonista che lo trova per primo e che ritiene pertanto di "avere potere assoluto" in fatto di decisioni rispetto ai fratelli, è risolto dalla regia in maniera brillante: uno splendido montaggio parallelo mostra l'alieno che si ubriaca in casa ed il ragazzino che entra in stato di ebbrezza a scuola. La simbiosi si completa gradualmente con la capacità di intercettare non solo i reciproci pensieri, ma addirittura i comportamenti ed i sentimenti: la purezza di cuore rappresenta l'unica possibilità di speranza nei confronti del futuro.
Chi arriva dallo spazio o comunque da un mondo alieno non giunge con intenti bellicosi, ma è portavoce di un messaggio di bontà: infatti, se lasciato da solo, non riesce a sopravvivere o rischia addirittura di morire. La scena della "resurrezione" di ET, ritrovato in fin di vita sulle rive del fiume, pur essendo estremamente commovente e a tratti cristologica, mantiene intatta la sua carica emotiva: il bambino sa che l'alieno sente la sua presenza, ma ci tiene a ribadirglielo: "Io sarò sempre qui", per testimoniare affetto ed amicizia.
La scelta ottimistica di salvare ET, per quanto consolatoria, ha il pregio di salvaguardare l'innocenza infantile di fronte al mondo grottesco degli adulti: ritratti spesso come nemici (i poliziotti, i parascienziati, i medici), oppure indifferenti e anch'essi chiusi nella propria solitudine (la madre, l'unica in casa a non notare mai la presenza dell'extraterrestre, nemmeno quando avrebbe la possibilità di farlo). Si salvano solo il padre, ritenuto adatto dal figlio a capire il suo stato d'animo, ma è una figura assente (ha appena abbandonato la famiglia per andarsene in New Mexico con un'altra donna), e lo scienziato sensibile, non esente da sindrome di Peter Pan, che nel finale dice ad Elliott: "Che lui sia qui è un miracolo. Hai fatto il meglio che tu potessi fare, sono felice abbia trovato te!".
ET si rifugia nel ripostiglio, un magazzino che comprende tutto l'immaginario infantile, dove può confondersi molto bene in mezzo agli altri peluches agli occhi della madre.
La sua soggettiva permette anche allo spettatore di trovarsi all'interno dell'immaginario del bambino e quindi dell'extraterrestre, mentre gli adulti sono collocati dall'altra parte della porta che separa i due mondi (dove sta la madre). In realtà si tratta di una falsa soggettiva, perché dalla figura materna, senza stacco e attraverso una breve panoramica, si va a scoprire l'alieno, simulacro in mezzo agli altri pupazzi.
L'approccio serve a legittimare la simbiosi che verrà illustrata nella sequenza successiva: attraverso lo sguardo dello spettatore comincia ad esserci una mediazione tra l'evento che si sta svolgendo nello sgabuzzino ed il bambino, il cui immaginario è emanazione di quella situazione.
Il montaggio parallelo s'inizia introducendo un terzo elemento: l'attività di laboratorio dedicata all'atroce dissezione di una rana viva. Alla lenta panoramica si sostituisce una altrettanto lenta carrellata a seguire i passi dell'insegnante; il ritmo aumenta gradualmente il climax, cadenzando anche la lunghezza di ogni singola inquadratura, sempre più ristretta e attenta a creare parallelismi simbiotici tra le situazioni esperite da Elliott e da ET.
Intanto quest'ultimo, in compagnia del cane, perlustra la cucina: il suo approccio è quello di chi si aggira in un ambiente nuovo mosso da profonda curiosità, portando anche lo spettatore ad un livello di conoscenza elementare del mondo che lo circonda, proprio attraverso l'invito al recupero degli oggetti, evitando lo sguardo distratto simboleggiato dalla madre che, nella stessa cucina, non riuscirà più tardi a notarlo in preda ad automatismi incoscienti.
La funzione di ET è quella di ricondurre ad una dimensione di coscienza fenomenologica del mondo circostante e forse questo spiega la preminenza del mondo animale (il cane - la rana), egli ha un'attenzione particolare nei confronti degli oggetti che pretendono una loro centralità. Per accentuare quest'aspetto "non comune" della percezione del mondo, Spielberg si spinge al massimo della sua possibile trasgressione: fa ubriacare il bambino tramite l'alieno a partire dal rutto, conseguenza della birra bevuta nella dimensione parallela, per arrivare alle escandescenze gioiose che produce la liberazione delle rane, badando ad inquadrare sempre il viso della ragazzina, che piace ad Elliott, di certo per scopi prolettici, ovvero per preparare la scena del bacio che concluderà il montaggio parallelo. É attraverso la trasgressione che Elliott trova il coraggio di agire, sia nei confronti dei piccoli animaletti da liberare, sia nei riguardi della ragazza che desidera baciare.
Il recupero della realtà è in contrasto con quello che sta spiegando il maestro: "Tra le altre cose che dovrete fare nel corso della dissezione è localizzare il cuore e osservare se sta ancora pulsando"; spiegazione a tal punto atroce che si preferisce glissare attraverso l'espediente dell'ubriachezza, scatenando poi il sabba della liberazione delle rane, che diventa più evidente proprio se messo a paragone con la supina accettazione della classe di ragazzini umani, ascrivendo la ribellione di Elliott all'influenza condizionante dell'alieno, che in questo frangente assume un carattere di messaggio salvifico e non violento.
La sequenza è ricca perché contiene tutti gli spunti del film, infatti la lezione del maestro è volta a mettere a confronto la similarità biologica degli organismi dei batraci con gli umani: immediatamente si coglie l'analogia tra umani ed alieni. Dunque il gran calderone comprensivo di animali, uomini ed extraterrestri finisce con l'azzerare il criterio di diversità, che comporta razzismo ed emarginazione. La classe stessa è composita: un bambino costantemente in campo è di origine asiatica, il posto alle spalle di Elliott è occupato da un afroamericano.
Il materiale affastellato dalla lunga sequenza comprende anche spezzoni televisivi, giochini interattivi ed un fumetto di genere fantascientifico, che completano l'indagine di ET (indizi non riferiti al mondo della realtà, ma su come l'uomo immagina gli esseri diversi da sé), fino ad introdurre l'idea di voler comunicare con i suoi simili, ovvero la scoperta del telefono, che darà luogo alla battuta classica: "ET, telefono, casa …". Un'estrema assimilazione tra le due situazioni è offerta dalla sovrapposizione del fumetto (che preconizza la salvezza dell'alieno) con l'unione del destino di ET a quello della rana, ambedue simili all'uomo. Dunque l'alieno suggerisce al bambino in comunicazione telepatica: "Salvala!". Da quel momento in poi tutti gli sforzi di Elliott saranno volti alla salvezza dell'extraterrestre. "Torna al tuo fiume … Hai il dovere [ndr. morale] di salvarla".
AIUTO!!! Mi si stanno incrociando gli occhi!!! Però mi sto anche divertendo da matti.... Dunque, ho letto attentamente il brano postato da solimano sull'"interpretazione" di ET come una via di mezzo tra Gesù Cristo, Martin Luther King e Sigmund Freud, e la prima domanda che mi faccio è: MA COM'E'POSSIBILE CHE SIA STATO PERMESSO AD UN BAMBINO FOCOMELICO DI 12 ANNI di FARE LA PARTE di UN PUPAZZO in un FILM, sia pure sotto la supervisione di organizzazioni di tutela e garanzia????? La seconda invece è: MA SPIELBERG AVRA' VOLUTO DAVVERO SIGNIFICARE TUTTA QUELLA ROBA LI'?????? L'articolo della dotta scrittrice mi ricorda una puntata di Superquark di qualche anno fa, dove Alberto Angela spiegava come sia relativamente FACILE trovare in qualsiasi cosa la conferma delle più astruse teorie, portando l'esempio di una cabina telefonica di quelle comuni in Inghilterra, rosse e con la scritta TELEPHONE. Ebbene, attraverso una serie di concatenazioni che ora non ricordo -ma che mi piacerebbe ricostruire- si otteneva il seguente sorprendente risultato: la cabina era la geniale opera di una mente aliena che basandosi su antichi documenti fenici aveva creato la macchina del tempo, o roba del genere...
RispondiElimina(to be continued...o no?)
Ognuno mette in gioco sé stesso e ci trova quello che - consciamente od inconsciamente - gli pare. Credo che Spielberg sia tutt'altro che ingenuo e che certe cose le abbia messe con molta attenzione, esattamente come notava Nicola che a mettere su il baraccone del Grande Fratello et similia ci vuole molta professionalità, perché è difficile inventare la carta per avvolgerci il nulla. Lasciala dire, Roby, la collega scrittrice - scrittori siamo pure noi, Scrittori e Spettatori. Hai visto che ti ho cambiato l'immagine? Ne ho trovato una che mi piaceva di più e ce l'ho messa. Le immagini sono una lotta: per certi film le trovi a decine, per certi altri l'è dura: Le Grandi Manovre mi hanno fatto diventare matto. Però, ogni tanto, riesco a fare qualche bel colpo, hai visto cosa succede cliccando sopra Citizen Kane? E continuerò così, i post che escono dalla prima pagina non li abbandono, né come testo né come immagini.
RispondiEliminasaludos
Solimano
Non so bene cosa dire della lunga esegesi che paragona ET a tante cose, però sono sicuro di due cose: 1) preferisco Roby, non perché ET sia da buttare, ma perché ha scritto una cosa viva e non un mappazzone; 2) la signora in questione non ha mai visto in faccia una lucertola.
RispondiEliminasaludos
Giuliano
Giuliano chiedi troppo, noi lo sappiamo molto bene che per guardare veramente in faccia una lucertola ci vuole un coraggio quasi disumano, non possiamo chiederlo a tutti, men che meno ad una signora, per di più scrittrice.
RispondiEliminaSul resto, confermo le ragioni per cui io non andai a vedere E.T., che certamente sarà stata una operazione ben condotta da Spielberg per portare la generalità degli spettatori a sbocchi emozionali assai comodi.
Sulla scrittrice, a mio avviso dice anche cose sensate, a cui magari Spielberg ha veramente pensato, resta il fatto che i letterati usano spesso una specie di violenza sui film che vedono, applicando categorie a loro usuali.
Succede come quelli che scrivono di musica descrittivamente, che infine portano fuori strada. Quelli che non rispettano lo specifico della musica, del cinema, della pittura farebbero meglio a raccontare la loro emozione, più che imbraghettonare in loro schemi (nati in altri contesti) quel film.
Mentre ho molto rispetto per chi opera sul piano stretamente informativo, anche perché ci sono ancora carenze enormi in rete, salvo alcune bellissime eccezioni che sto scoprendo giorno per giorno.
saludos
Solimano
Cara Manuela, la tua sottile minaccia non funziona! I film piacciono o non piacciono e non basta alludere alla torre d'avorio per farli piacere. ET non l'ho visto, quindi ne taccio, ma il rimanente Spielberg che m'è capitato sotto mano l'ho trovato quasi tutto insopportabilmente bilanciato a tavolino per piacere a tutti (politically correct in senso stretto). Quindi noioso e inutilmente predicatorio. (Indiana Jones era carino, ma troppo artificiale: almeno non aveva la morale).
RispondiEliminaM'era piaciuto Duel e anche Sugarland Express (una favola americana). Dopo quelli, solo alcuni frammenti. Lo sbarco in Normandia del soldato Ryan, che è cinema-cinema, la parte iniziale di Schindler's, frammenti spiritosi di Incontri Ravvicinati.
Il cinema commerciale mi piace quando ha meno pretese.
Ciao, Nicola
Mhm...
RispondiEliminacommenti di 14anni fa...