mercoledì 14 ottobre 2009

I triangoli nel cinema: Teresa Venerdì (1)

Vittorio De Sica e Anna Magnani in "Teresa Venerdì" (1941)

Teresa Venerdì di Vittorio De Sica (1941) Da un racconto di Rezsö Török, Sceneggiatura di Aldo De Benedetti, Vittorio De Sica, Gherardo Gherardi, Margherita Maglione, Franco Riganti, Cesare Zavattini Con Vittorio De Sica (Il dottore Pietro Vignali), Adriana Benetti (Teresa Venerdì), Irasema Dilián (Lilli Passalacqua), Guglielmo Barnabò (Agostino Passalacqua), Olga Vittoria Gentilli (Rosa Passalacqua), Anna Magnani (Loletta Prima), Elvira Betrone (La direttrice dell'orfanotrofio), Giuditta Rissone (L'istitutrice Anna), Virgilio Riento (Antonio), Annibale Betrone ( Umberto Vignali), Nico Pepe (Il dottore Pasquale Grosso), Federico Collino (Vittorio, il regista di varietà ) Musica: Renzo Rossellini Fotografia: Vincenzo Seratrice (92 minuti) Rating IMDb: 7.0

Solimano

All'inizio del film "Teresa Venerdì" (1941) di Vittorio De Sica, il dottor Pietro Vignali (Vittorio De Sica) viene sorpreso quasi nell'intimità (immagine di apertura del post).
Non nascondiamoci dietro zoppicanti ipocrisie: l'abbigliamento del dottore (vestaglia da camera) attesta inequivocabilmente che con la signora presente il rapporto non è da conversazione salottiera. Fra quei due c'è qualcosa, fuor di ogni dubbio. Non facciamo scandali, però: che il bel dottore Pietro e la popolare soubrette Loletta Prima (Anna Magnani) abbiano una relazione vivace, diciamo così, è del tutto normale. Un fuoco gagliardo ma certamente passeggero. Naturalmente con tutti i risvolti di litigi e gelosie, che aggiungono legna al camino.


Più tardi, nella stessa giornata, il dottor Pietro Vignali entra nell'orfanotrofio di Santa Chiara, benemerita istituzione. Qui conosciamo altri risvolti della sua interessante personalità. Anzitutto: perché entra nell'orfanotrofio? Perché il padre, grazie alle sue aderenze, gli ha trovato un posto da ispettore sanitario. L'impegno non è gravoso e un po' si guadagna. Il padre di Pietro è ricco, ma lo tiene a stecchetto. Pietro, distratto da tante incombenze (fra cui Loletta Prima) non è riuscito a farsi una clientela come pediatra e il padre lo aiuta procurandogli del lavoro, non dandogli dei soldi. Sarebbe la soluzione più facile, ma si sa che fine fanno i soldi messi in mano a Pietro. Malgrado i suoi difetti, Pietro piace alle donne di ogni età: l'alta statura, la bella figura, i capelli lunghi e imbrillantinati, lo sguardo, il sorriso (soprattutto il sorriso...) suscitano spontanea simpatia nel sesso femmineo. Vediamo Pietro come fronteggia per le scale la corsa in discesa delle orfanelle più grandi e vediamo come lo accompagnano in visita le istitutrici del benemerito istituto, più premurose che contegnose. Fatto sta che ci sono tutte.


Nella camerata lo attendono schierate tutte le orfanelle, ognuna vicina alla sua casta branda. Composte ma anch'esse benevolmente propense verso Pietro, che le passa in rivista tutte (sempre scortato dalle istitutrici), facendo domande brevi e cortesi a qualche orfanella. Va sottolineato un dettaglio di qualche peso: il precedente ispettore era il settantaquattrenne dottor Paoloni, che ha dato le dimissioni perché si è sposato.



Non tutto va liscio, durante la prima visita di Pietro. Entrando nell'infermeria, si imbatte in un'orfanella che fa le capriole fra i letti. Si chiama Teresa Venerdì (Adriana Benetti). Figlia di nessuno, è stata allevata da due teatranti, ed è nell'orfanotrofio da una decina d'anni. Adesso è diciottenne. La sua grande aspirazione è di divenire un giorno l'infermiera dell'istituto. Ha anche un'altra aspirazione: quella di recitare Giulietta e Romeo. Lo fa di nascosto avendo come platea le orfanelle più giovani, ma ha un'amica cattiva che cerca di metterla in cattiva luce. Comunque Pietro si comporta in modo cortese con Teresa, malgrado le disdicevoli capriole. Però, conoscendolo bene, certamente preferirebbe, per le sue iniziative galanti, una con l'aspetto dell'amica cattiva di Teresa.



Con un volo pindarico - che troverà una sua giustificazione - il film ci porta nella splendida dimora del ricchissimo industriale materassaio Agostino Passalacqua (Guglielmo Barnabò). Qui lo vediamo a tavola con la simpatica moglie Rosa (Olga Vittoria Gentilli). Li sta servendo Luigi, il cameriere (Carlo Simoneschi), che è coltissimo. Non gliene perdona una né come grammatica né come sintassi né come pittura (i materassai cadono a volte in qualche perdonabile errore). La figlia ed unica erede dei Passalacqua si chiama Lilli (Irasema Dilián). Il raffronto fra l'immagine della sfolgorante Lilli e quella di Teresa, l'aspirante infermiera sorpresa mentre rigoverna in cucina, è del tutto a favore di Lilli, che si picca anche di parlare naturalmente in poesia. I versi le escono di bocca così, uno appresso all'altro. Ogni tanto il cameriere Luigi osa correggerne qualcuno, ma la quantità di versi che produce Lilli (senza scriverli) è imbattibile.


Vengo al perché del volo pindarico. Pietro ha un amico, medico come lui, il dottor Pasquale Grosso (Nico Pepe). Cercano entrambi di farsi strada nella vita, perché non si va molto avanti con i soldi che pagano gli orfanotrofi (benché isituti benemeriti). Pasquale dice a Pietro che conosce l'influente famiglia Passalacqua e fa in modo che Pietro sia invitato da loro. Pietro arriva al cancello di casa Passalacqua, ma non trova il campanello. Vede che nel cortile c'è una giovane che spazza per terra e la prende per una serva di casa. Noi sappiamo, guardandola, che è Lilli (in vena di arcadiche pastorellerie), ma Pietro non lo sa e neppure Lilli conosce Pietro. Insomma, i personaggi non sanno quello che sappiamo noi. Si muovono a tentoni, i personaggi, mentre noi spesso capiamo come andrà a finire.


Quindi, quando il cancello finalmente si apre, Pietro mette in secondo piano il dover andare dalla famiglia Passalacqua e (come suo deplorevole costume) si mette a corteggiare quella che lui crede sia una servetta. Lilli si diverte per l'equivoco e sta al gioco. Però a certi giochi bisogna stare attenti...


Difatti finisce (o comincia?) con un bacio. Lilli si volta maliziosamente verso il cancello, perché intanto sono arrivati mammà e papà che guardano sbalorditi la loro figlia unica nonché erede baciata in giardino da uno sconosciuto. Ma inevitabilmente c'è l'agnizione (parola che sicuramente il cameriere Luigi conosce, i Passalacqua non credo). Insomma: Pietro si trova di botto a diventare il fidanzato ufficiale di Lilli Passalacqua. D'altra parte non poteva finire altrimenti: l'ha compromessa con quel bacio in giardino, in compenso è un medico laureato ed ai Passalacqua va bene così, i soldi li possono mettere loro, visto che i due giovani di amano. Ma si amano veramente?



Pietro dovrebbe essere l'uomo più felice del mondo. C'è il problema di avvertire la soubrette Loletta Prima che si infurierà di sicuro. Ma si potrebbe anche non avvertirla, per il momento, continuando a fruire del bel rapporto con la vivace soubrette. La famiglia Passalacqua, papà, mammà e figlia lo porta in palma di mano. Inoltre, con i soldi che arrivano, Pietro può sottrarsi dalle pressioni di suo padre , che gli ha trovato un posto a Teramo (figurarsi come Pietro vede il doversi trasferire da Roma a Teramo).
Pasquale, il suo amico, aspirava alla mano di Lilli e c'è rimasto male, ma ubi maior minor cessat e si è rassegnato. Che c'è che non va? Non sarà per quella poveretta che vuol fare l'infermiera all'orfanotrofio e che ispira a Pietro sentimenti di generosa compassione? Ma no, Pietro non ci si vede proprio, ad illudere una che si chiama Teresa Venerdì. Forse è Lilli ad essere il problema, che sarà bella, elegante, ricca, ma ogni tanto sbotta con quei versi e con quei toni al tempo stesso saccenti e infantili. Difatti, nell'immagine di chiusura del post si vede come rimangono con le tazzine del caffé a mezzavia sia Pietro che Pasquale, all'ennesimo exploit di Lilli.
(continua)

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