giovedì 14 maggio 2009

La scuola: Essere e avere (2)

Essere e avere (Être et avoir) di Nicolas Philibert, Georges Lopez (Il maestro); Alizè, Axel, Guillame, Jessie, Jojo, Johann, Jonathan, Julien, Laura, Létitia, Marie-Elisabeth, Nathalie, Olivier (Gli alunni della classe); Chanimbaud, Dujardin, Garrido, Jeune, Lacombe, Olléon, Ponte, Rochés, Thouvenin (Le famiglie). Francia, 2002 Durata: 104' IMDb: 7.9/10

Giulia


La scuola ha finalmente inizio. I bambini appaiono ora seduti a lavorare. Il maestro li segue con lo sguardo e guida chi è più in difficoltà, dicendo passo per passo cosa deve fare.

La macchina da presa mette sempre a fuoco i bambini, si sente fuori campo la voce del maestro e lo si vede in viso quando si siede vicino. I più piccoli stanno imparando a scrivere la parola "maman" e il maestro spiega loro come devono guidare la mano, come devono tenere il foglio: la voce è calma, distesa e rassicurante. Capiamo fin dalle prime battute che è Jojo il bambino che ha più bisogno di attenzione, perchè tende a distrarsi facilmente. Il maestro è dietro di lui e gli parla dandogli istruzioni su come deve muovere la penna.
Il maestro si sposta, ma, mentre segue gli altri, si rivolge anche a lui e finalmente anche Jojo finisce di scrivere "maman".

L'insegnante chiede a tutti cosa ne pensano di ogni lavoro, se è stato eseguito bene, cosa c'è di sbagliato.

Jojo ha un dubbio: "Maestro è mattino o pomeriggio?" . Il maestro risponde con un'altra domanda "Cosa si fa prima del pomeriggio?" Lui risponde: "si mangia". "Tu hai mangiato?" "No" "E allora?", il bambino sorridendo risponde "E' mattino". Brevi conversazioni che nella loro semplicità per un bambino non hanno nulla di scontato.

Jojo va a sitemare un cartellone nella bacheca. E' tutto concentrato: sale sulla sedia per appenderlo anche se sembra più grande di lui, con tenacia lo fissa alla parete aiutato dalla mano di una compagna.

Finito il lavoro con i più piccoli, l'insegnante va dai più grandi e detta un brano. Detta con calma e guarda intanto chi sbaglia invitandoli a correggere.

Tutto avviene con semplicità e serenità. Ogni bambino sembra saper lavorare in buona parte in modo autonomo, mentre il maesto si aggira nell'aula ora ad insegnare agli uni ora agli altri.
E davvero non si ha mai l'impressione della fretta. Il maestro ha due doti che sembrano a molti in contrasto fra di loro e invece sono assolutamente complementari: è paziente e gentile, ma nello stesso tempo è autorevole. I bambini lo rispettano proprio perchè sa stare loro accanto, sa guidarli e al momento opportuno essere esigente, ad ognuno chiede che dia quello che è in grado di dare nulla di più, ma nulla di meno. Pretende, inoltre, il rispetto delle regole. Lo fa, però, senza mai umiliarli, senza urlare o aggredirli, ma con fermezza sapendo che proprio in questo modo crede in loro e nelle loro possibilità.

Mentre lavora con i più grandi non smette di seguire i più piccoli che stanno adesso colorando un disegno. Si rivolge di nuovo a Jojo che vede lavorare con troppa lentezza.
"Hai voglia di lavorare?" gli chiede.
"Sì"
"Scusa?" dice il maestro
"Sì" ripete lui
"Scusa?" ribadisce.
Il bambino finalmente capisce cosa il maestro vuole da lui e dice "Sì, maestro".

Jojo deve colorare dei disegni e lo fa molto lentamente, guarda gli altri e si perde. Il maestro, che sta insegnando le frazioni ai più grandi, continua a tenerlo d'occhio.
"Cosa stai colorando Jojo?" gli chiede e lui fa vedere.
"Stai finendo?"
"No, devo colorare il pesce."
"Allora coloralo senza fermarti" poi gli dà un tempo:
"Se non hai finito, non potrai fare la ricreazione".

Ed ecco che il maestro segue la lettura di un altro bambino. Anche lui ogni tanto si imbambola e guarda qualche compagno.


Il maestro lo riprende e gli chiede "Dov'è il libro?", lui sorride un po' imbarazzato: "Qua" e riprende a leggere.


"Di cosa si parla in questa lettura?"

"Si parla di incubi".
"Sai che cosa vuol dire?"
"Sono i sogni brutti."
"E tu ne fai di sogni brutti?"
"Sogno i fantasmi"
Un'altra bambina interviene: "I fantasmi non esistono" dice un po' saccente e l'insegnante la riprende con fermezza: "Gli lasciamo raccontare a lui i suoi incubi?"
Si rivolge di nuovo al bambino "Com'erano vestititi i fantasmi?"
"Di bianco."
"Dove si svolgeva il sogno?"
"In camera mia, di notte".
Attraverso la lettura e le domande del maestro il bambino comincia a parlare di sè delle sue paure. La lettura non è un semplice esercizio, ma anche un momento in cui ogni bambino può riflettere su se stesso. Tutti i bambini parlerebbero volentieri se sentissero orecchie che li ascoltano anche se all'inizio con un po' di vergogna.

Arrivata l'ora della ricreazione, Jojo esce con gli altri, ma viene richiamato:
"Dove sei rimasto con il pesce?"
"Lo finisco dopo la ricreazione"
"Non eravamo d’accordo così.. Lo finisci adesso" .

Il maestro appare enorme agli occhi del bambino. E' per questo che si siede accanto a lui e lo aiuta a mantenere il suo impegno. Poi gli chiede:
"Perchè viene a scuola?"
"Perchè vuole mio papà e mia mamma"
risponde il bambino in modo sincero. Il maestro parla un po' con lui e alla fine Jojo conviene che la scuola è utile anche a se stesso.

Ma la scuola è scuola anche nei momenti liberi dall'apprendimento. I ragazzi imparano insieme a cimentarsi nella cucina.

Ed è l'ora di cimentarsi nel girare la frittata.

Poi si va tutti insieme in slitta sulla neve.

L'aula rimarrà alla sera di nuovo vuota, ma ricca dentro di segni lasciati dal lavoro dei bambini.

E alla sera il maestro si trova solo a lavorare, a pensare alla sua giornata, a guardare i compiti, a pensare come lavorerà il giorno dopo. E' un momento importante questo per chi voglia fare davvero l'insegnante il momento della riflessione, dello studio per capire come affrontare le sfide che i bambini ti pongono ogni giorno.


6 commenti:

  1. Jojo, ecco come si chiama quel simpaticissimo bambino dalla forte personalità. Ora sarà grande, chissà com'è. Sai cosa mi piace soprattutto, del tuo post, Giulia? Quella serie di foto di primi piani di bambini; bellissime come tutti i visi dei bambini. Non è melensaggine, è vero: i visi e le espressioni dei bambini sono la cosa più bella che c'è al mondo. Ed io sono fortunata a fare la maestra, anche se so di non essere forte e paziente come il maestro di questo film straordinario.
    Ermione (il mio nuovo nick, se sarà possibile...)

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  2. Elena cara, io ho insegnato alle medie per tanti anni e so che questo film è vero, autentico, come autentici sono i volti di questi bambini, per questo ho voluto dedicargli più post. Ho fatto fatica a scegliere le fotografie perchè le loro espressioni sono stupende. I bambini non sono solo cervello, le loro emozioni vanno lette nei loro visi, non hanno parole per esrpimerle, ma il corpo, il viso, gli occhi parlano per loro.
    Anche io avrei voluto insegnare alle elemntari, ma non era possibile perchè non avevo il diploma di maestra.

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  3. Rimpiango ancora di aver lasciato il mio lavoro di insegnante, tanti anni fa. C'erano esigenze diverse, la famiglia per me era più importante, però ho perso il treno e non ho più riguadagnato terreno rispetto alle colleghe più giovani. Credo sia anche per non lasciare del tutto il mondo della scuola che mi sono ritrovata in segreteria. Però vedo le mille difficoltà tecniche, pratiche e burocratiche in cui si dibattono oggi gli insegnanti e provo tanta tristezza, soprattutto perché il futuro si fa sempre più incerto. Salutissimi, Annarita.

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  4. E la scena in cui un bambino faceva i compiti di matematica e tutta la famiglia gli stava dietro senza capire un'acca...delizioso questo documentario!

    sabrinamanca

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  5. L'abbinamento di autorità ed autorevolezza è importante, anche se alle elementari l'autorità è nel fatto stesso che i bambini sono piccoli. Non credo che sia possibile che l'autorità sia sentita non come un peso ma come una necessità se non procede fianco a fianco con l'autorevolezza che vedo soprattutto come capacità di insegnare ad imparare. Se ne accorgono, che fanno meno fatica. Il resto segue, comme l'intendance. Ma la domanda è questa: sono in grado facilmente, oggi, gli insegnanti di avere quella armonia interiore che è indispensabile? Secondo me è difficile che lo siano: le frustrazioni sono molte, specie la mancanza di condivisione e a volte anche di rispetto da parte dei genitori. I bambini questo lo avvertono in casa loro, e questo rende tutto più difficile.
    Di per sé le difficoltà sono anche utili: Giorgia Melchiorri, la mia insegnante di italiano al liceo, ci raccontò l'errore sella Montessori, che voleva la scuola costruita a portata di bambino, con le porticine, le manigliette etc etc... Bisogna anche attrezzarsi, altrimenti ci si trova indifesi di fronte alla vita, e qual'è il porto? Il cinismo, ecco. Non è un gran bel porto.

    grazie Giulia e saludos
    Solimano
    P.S. A parte tutto, hai fatto uno splendido lavoro con le immagini. So la fatica, il tempo, la passione e l'attenzione che ci vuole per fare così.

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