Le Mépris di Jean-Luc Godard (1963) Romanzo di Alberto Moravia, Sceneggiatura di Jean-Luc Godard Con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Giorgia Moll, Fritz Lang Musica: Georges Delerue, Piero Piccioni (nella versione italiana) Fotografia: Raoul Coutard (103 minuti 82 in Italia) Rating IMDb: 7.7
Solimano
Il personaggio di Paul Javal (Michel Piccoli) nel film Il disprezzo di Jean-Luc Godard mi fa irresistibilmente pensare al Tersite dell'Iliade. Così Omero (Iliade II, 212-219) nella versione di Rosa Calzecchi Onesti:
Solo Tersite vociava ancora smodato,
che molte parole sapeva in cuore, ma a caso,
vane, non ordinate, per sparlare dei re:
quello che a lui sembrava che per gli Argivi sarebbe
buffo. Era l'uomo più brutto che venne sotto Ilio.
Era camuso e zoppo d'un piede, le spalle
eran torte, curve e rientranti sul petto; il cranio
aguzzo in cima, e rado il pelo fioriva.
Nella saletta di proiezione, il produttore Prokosch (Jack Palance), il regista Fritz Lang (Fritz Lang) e Paul Javal assistono alla proiezione di poche decine di metri di pellicola del film sull'Odissea che Lang sta girando. Alla fine, Prokosch firma un assegno di 10.000 dollari per Javal sulla schiena della segretaria Francesca Vanini (Giorgia Moll). Sotto lo schermo c'è la profezia sbagliata di Louis Lumière: IL CINEMA E' UN'INVENZIONE SENZA AVVENIRE. Apparentemente, Fritz Lang è stato in buona parte esautorato, ora sarà Javal ad occuparsi della sceneggiatura, inserendo modernismi di ogni tipo (nevrotici, psicoanalitici, politici, erotici) sul testo del vecchio Omero. Prokosch è preoccupato per il botteghino e Javal, scrittore di polizieschi, critico cinematografico e sceneggiatore di un film su Maciste lo tranquillizza. Ma appunto, Javal è come Tersite: molte parole sapeva in cuore, ma a caso, vane, non ordinate. Sarà oggetto del disprezzo di tutti, soprattutto di quello di sua moglie Camille (Brigitte Bardot). Il modo di vedere che inserisco in questo post è quello dell'Odissea di Godard/Lang, appunto quelle poche decine di metri di pellicola. Seguo l'ordine cronologico del film, salvo in un caso.
Dapprima compaiono le divinità, in particolare la Pallade Atena, che protegge Odisseo. Apparentemente, nulla di più datato, per le divinità si scelgono statue, non corpi. Ma queste statue si stagliano contro il cielo e guardando con attenzione si nota che nelle orbite oculari compaiono i colori (rosso, azzurro). Ho trovato questa idea felicissima: la parola classico ha tanti significati, fra cui eccellente, perfetto, modello stilistico. Ognuno di questi significati porta ad un risultato: che classico significa anche essere fuori dalle schematizzazioni temporali, quindi un classico è di per sé attuale, senza nessun bisogno dei modernismi di Paul Javal.
In una discussione proprio su questo tema, Lang dice a Javal che Odisseo non era un moderno nevrastenico, ma un essere umano naturale, semplice, ardito, astuto. E' Paul Javal ad essere un moderno nevrastenico e in modo curioso questo lo isola non solo da Lang e da Camille, ma anche dal prepotente e grossolano Prokosch, che lo paga perché gli serve, ma stima molto di più Lang.
Successivamente compare Poseidone, il dio del mare, nemico di Odisseo, e il colore, oltre che sulle orbite, è anche sulle labbra. Il riferimento iconografico è chiarissimo: si tratta della statua in bronzo di Poseidone che fu recuperata in mare al largo di Capo Artemisio nel 1928 e che è attualmente al Museo Archeologico Nazionale di Atene. Non è del tutto certo che rappresenti Poseidone, c'è chi sostiene che si tratti di Zeus. L'opera è databile attorno al 460 a.C. e la inserisco in apertura del post. Chi ha visto questa statua anche solo una volta, non se la scorda.
Compaiono altre immagini, e l'operazione di Godard/Lang appare sempre più chiara: la loro Odissea è classica e contemporanea; il significato permane, pur nella diversità delle forme in cui si annida. La conferma è nella scelta non certo casuale, di presentare prototipi artistici di varie fasi dell'arte greca, dal periodo arcaico al periodo ellenistico. Che il cromatismo fosse presente regolarmente nella architettura e nella scultura greca è noto a tutti, ed è una meraviglia la finezza dei colori nelle statue delle Korai del Museo dell'Acropoli di Atene.
Poi compare lui, Omero, l'unico in cui i colori non compaiono, però sempre contro l'azzurro del cielo. Il regista Fritz Lang dice che "non sono gli dei ad aver creato gli uomini, ma gli uomini che hanno creato gli dei". Adesso toccherà agli uomini... E invece no!
Con un inatteso e benvenuto scarto, compare una bagnante che nuota nuda, ripresa dall'operatore evidentemente amico. Succederà ancora più tardi nel film, quando Camille si tuffa in mare e Tersite-Javal rimane lì, vestito e rattrappito su di sé come gli succede quasi sempre. Javal parla molto, ma col linguaggio del corpo smntisce ciò che dice. Nel film ci sono delle splendide immagini di Capri: Javal compare ai margini, molto in piccolo, completamente estraneo al luogo dove si trova, alle rocce, al cielo, al mare, alla natura.
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Ecco finalmente Penelope ed Odisseo. Giovani, lieti e con l'azzurro attorno agli occhi.
La freccia scoccata da Odisseo uccide Antinòo, come dovuta ritualità, come obbedienza al Fato più che come dramma. Il sangue compare alla luce del sole.
Alla fine del film stanno girando un'altra scena dell'Odissea: Odisseo ha visto finalmente comparire la sua Itaca ed alza le braccia al cielo. Sul set ci sono sia Lang che Javal (in disparte). C'è anche Jean-Luc Godard che fa l'aiuto regista di Fritz Lang (mi sembra giusto).
In una immagine precedente (che metto in chiusura del post), che ha sullo sfondo i Faraglioni, sembra quasi che Odisseo minacci e sfidi Javal, che evidentemente non capisce, fa l'indifferente. Analogamente, quando sono all'interno della villa, di fronte alla vista del mare, Javal si ritrae, mentre Prokosch ha un atteggimento come se volesse togliere la grande vetrata che si frappone fra lui e il mare. E il disprezzo verso Javal, non è solo quello di Camille, di Prokosch, di Francesca, di Lang, ma è quello di Godard, che in Javal, raffigura l'intellettuale ambizioso che fa discorsi intelligenti, ma che per il successo è disposto a tutto. Quindi, è sordo di fronte alla bellezza.
Ieri sera avevo dato una scorsa veloce a questo post ripromettendomi di tornarci. Rileggendolo oggi, molto più attentamente e con più calma, ne colgo in pieno tutte le sfumature, i suggerimenti, l'eleganza.
RispondiEliminaNiente che bello, che bello! buttato lì (tanto per dire qualcosa) ma un convintissimo, lucidissimo, sentitissimo Bravo! da parte mia.
H.
Il film è singolare, alterna momenti felici ad altri discutibili. Sprattutto, andrebbe visto nella versione francese, perché quella italiana è un massacro per responsabilità del produttore Carlo Ponti. Ho la fortuna di avere la versione francese, compresa la bellissima scena d'amore all'inizio. Molto bravo Michel Piccoli, perché fare una parte sordida come quella di Javal non è da tutti. Ma con questo film non ho ancora finito, ci sarà almeno un altro post.
RispondiEliminaSpero che tu, Habanera, abbia avuto il piacere di vedere il Museo Nazionale di Atene ed anche il Museo dell'Acropoli. Ad Atene c'è un altro museo da visitare, il museo Benaki, curiosissimo per i tessuti, una cosa più in grande rispetto al nostro Poldi Pezzoli che a pianterreno ha delle cassettiere organizzate con tessuti anche molto antichi.
C'è solo una cosa a cui bisogna stare attenti nella visita di Atene: non andarci d'estate, il caldo è infernale complicato dall'inquinamento del traffico.
saludos y besos
Solimano
Non sono mai stata ad Atene ma... mai dire mai.
RispondiEliminaSe mi capitasse di andarci farò sicuramente tesoro di tutti i tuoi consigli, dear Solimano.
C'è un'aggravante, e vivendo a Milano davvero non ho scuse.
Conosco il Poldi Pezzoli ma le cassettiere con i tessuti antichi non le ho mai viste, neanche sapevo che esistessero.
Mi sa proprio che devo tornarci, e al più presto.
Ciao e grazie
H.
Habanera, al Poldi Pezzoli ci sono dei capolavori pittorici (Botticelli, Piero della Francesca, Tura, Pollaiolo etc), ma ciò che lo tende unico è il complesso di oggetti singolari: bronzetti, orologi, astrolabi, tessuti, mobili etc. Poi ha quell'aria di sembrare un appartamento grande (non grandissimo) e bene abitato. Difatti in origine era così. L'opera che amo di più non è notissima: è di Neroccio di Bartolomeo Landi, senese del Quattrocento. Il suo, lo chiamano lo stile biondo, infatti bionda, con i capelli lunghi ed ondulati è la donna del ritratto al Poldi Pezzoli.
RispondiEliminasaludos y besos
Solimano