La lunga strada azzurra, di Gillo Pontecorvo, Maleno Malenotti (1957) Dal racconto "Squarciò" di Franco Solinas, Sceneggiatura di Ennio De Concini, Gillo Pontecorvo, Franco Solinas Con Yves Montand, Alida Valli, Francisco Rabal, Umberto Spadaro, Peter Carsten, Federica Ranchi, Mario Girotti (Terence Hill), Ronaldo Bonacchi, Giancarlo Soblone Musica: Carlo Franci Fotografia: Mario Montuori (103 minuti) Rating IMDb: 6.9
Ottavio
Un recente articolo di Carlo Petrini (quello di Slowfood) sulla pesca illegale che massacra il nostro mare mi ha ricordato il vecchio film di Gillo Pontecorvo che trattava lo stesso argomento. Petrini cita specificamente il film riassumendone la trama per concludere che la pesca illegale, se cinquant’anni fa (il film è del 1957) era un’attività tutto sommato artigianale e geograficamente circoscritta, ora, nel mondo globalizzato ha assunto delle caratteristiche industriali e una diffusione planetaria.
Veniamo al film. Una comunità di pescatori vive in un villaggio sul mare di fronte ad una miriade di isole (il film è girato in Dalmazia). Uno dei pescatori è Squarciò, ambiguo e tormentato protagonista della storia, il quale, unico nella comunità, pesca con gli esplosivi (e quindi distruggendo indiscriminatamente la fauna ittica), ma mantenendo un codice morale di attenzione verso la risorsa comune: non pesca mai nell’arcipelago dove pescano gli altri. In questo modo conserva la solidarietà dei “colleghi buoni”, pur isolato dalla sua scelta illegale e dalle miglia nautiche che mette tra sé e gli altri. La scena cambia quando arriva un nuovo maresciallo guardiacoste che con le sue continue ispezioni in mare rende precaria l’attività illegale di Squarciò.
Questi, in difficoltà finanziarie, viene meno al suo codice morale per il quale era rispettato da tutti e si scontra inevitabilmente con la comunità, con conseguenze anche sulla sua famiglia, finché rimane vittima dello stesso esplosivo, strumento del suo lavoro.
Il film ha diversi lineamenti interessanti.
E’ il primo lungometraggio di Pontecorvo e non è considerato, si può capire, il suo miglior film.
Sorprendente che un regista al primo impegno significativo (prima di allora aveva realizzato solo documentari) abbia potuto disporre di professionisti del calibro di Yves Montand (Squarciò) e Alida Valli (la moglie), che peraltro, a mio parere, non avevano il phisique per il ruolo. Forse è vero quello che ho letto in merito e cioè che gli attori sono stati imposti dalla produzione per motivi di cassetta, mentre Pontecorvo avrebbe preferito attori non professionisti, come ha fatto abbondantemente in seguito (es. La battaglia di Algeri). Pontecorvo evidentemente si era formato nel neorealismo, ma i produttori… avevano altri obiettivi!
(Nel film, nella parte del fidanzato della figlia di Squarciò c’è il giovane attore Mario Girotti, che assumerà in seguito il nome d’arte Terence Hill…)
Il film è stato girato in Dalmazia, come ho detto sopra, sicuramente perché l’ambiente corrispondeva alla sceneggiatura e forse anche perché uno dei coproduttori era l’Ente cinematografico di Stato della Jugoslavia. In effetti la vicenda era stata ricavata da un romanzo di Franco Solinas (autore con Pontecorvo anche della sceneggiatura), a sua volta ricavato da una storia vera svoltasi nell’immediato dopoguerra nell’arcipelago della Maddalena, in Sardegna.
Il vero Squarciò era di origini ponzesi, come la sua famiglia, e la sua vita si è consumata nella “droga” del suo modo di pescare. Durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra andare a pescare era diventato quasi impossibile; l’andare in mare era motivato solo dalla sopravvivenza.
Il modo più semplice e veloce era pescare con le “bombe”. La materia prima era abbondante: le mine lasciate dai tedeschi lungo le coste per impedire lo sbarco degli alleati venivano disinnescate dagli americani e poi recuperate dai pescatori, a loro rischio e pericolo. Così pure il vario materiale bellico abbandonato dai vari eserciti di passaggio sulla nostra penisola.
Benché questo tipo di pesca fosse proibito le autorità chiudevano un occhio, viste le condizioni di vita di tante popolazioni. Alcuni pescatori, come Squarciò, ne fecero una professione che andò avanti per molto tempo. Dalla Maddalena si spingeva fino in Corsica e spesso ebbe dei guai con la locale Gendarmerie. In ogni caso l’attività si rivelò relativamente redditizia, tant’è che, come si diceva all’epoca, era l’unico pescatore che aveva la “serva” in casa. Finì la sua esistenza come raccontato nel film, e come lui tanti poveracci che cercavano di far sopravvivere in quel modo illegale le proprie famiglie.
Così era la vita allora: il mondo dei pescatori con i mandolini e il fazzoletto al collo (o la bandana) esisteva solo nei film della commedia all’italiana. Certamente più vicino alla realtà erano Visconti, con il suo La terra trema e, nella letteratura, il Verga de I malavoglia.
Sull’argomento ho anche un’esperienza diretta.
Ho vissuto quegli anni in un paese minerario, non lontano dal mare (vedi il post su Il figlio di Bakunin). I minatori avevano delle paghe veramente misere e tiravano avanti con difficoltà. Uno degli espedienti era quello di sfruttare le risorse del mare vicino. Chi non aveva un orticello da coltivare, la domenica, unico giorno libero dal lavoro, si recava al mare a raccogliere, per poi rivendere, le cocciuas (una specie di arsella) nei fondali bassi e sabbiosi, oppure a pescare con le “bombe”. In miniera si usava normalmente la dinamite per frantumare il fronte della vena di minerale facendo così avanzare le gallerie, quindi non era difficile procurarla. Inoltre i minatori usavano le lampade a carburo per illuminare la loro attività nel sottosuolo ed il carburo, a contatto con l’acqua, sviluppa un gas a forte pressione con effetti simili ad un’esplosione. Per i pesci ambedue i sistemi erano micidiali.
Li ricordo ancora: i padri si sistemavano sulla scogliere e lanciavano le “bombe” in acqua. I pesci uccisi venivano a galla per qualche minuto ed i figli dei minatori si tuffavano a raccoglierli.
Non era giusto, ma che alternativa c’era?
Per fortuna la natura, se non continuamente sfruttata, ritrova i suoi equilibri. Lo riscontro ogni volta, una volta all’anno, quando ritorno a pescare in quel mare.
Tornando al film, è stato giudicato dai critici pulito, onesto, civile (quindi non eccezionale). Viene messo in risalto il confronto tra l’individualista-egoista Squarciò ed i pescatori “regolari” che risolvono i problemi del “mercato” formando una cooperativa per assumere una maggior forza contrattuale nei confronti dei grossisti. Squarciò, peraltro, muore “bene” affidando al figlio il messaggio secondo cui sono gli altri pescatori ad essere nel giusto e quindi a seguirne l’esempio.
Ultima notazione: la pellicola è a colori ma ho visto il film in un vecchio passaggio televisivo, quando ancora il mio apparecchio era in bianco e nero. Continuo a pensare che sia meglio così.
Un film di cui non sapevo niente, e sì che Alida Valli la vedo sempre volentieri.
RispondiEliminaGrazie Ottavio.
Giuliano,
RispondiEliminami pare che un anno fa circa sia "passato" su LA7 (forse in occasione della scomparsa di Pontecorvo?).
E' sempre bene dare un'occhiata ai palinsesti!
Saluti
Ottavio
Ottavio, ignoravo l'esistenza di questo film ed ho scoperto una cosa curiosa: c'è un dissenso fra le fonti informative sul titolo esatto: "La grande strada azzurra" o "La lunga strada azzurra": basta andare in Google e usare le due chiavi di ricerca per accorgersi che l'una vale l'altra, tanto ci si capisce. Sono curioso di vederlo per due motivi: perché Pontecorvo ha fatto pochi film tutti notevoli e perché è girato in Dalmazia e quindi saprei riconoscere i luoghi dove il film è stato girato.
RispondiEliminaHai visto, "Il vento fa il suo giro", come è visitato? Vuo dire che facciamo bene a mettere film che non hanno avuto una facile distribuzione, secondo me c'è il passaparola in azione.
grazie e saludos
Solimano
Una strana coincidenza: parlavo di questo film proprio ieri con un amico che non lo aveva visto ed ecco che, accendendo la tv, ne riconosco la prima scena. La 7 lo ha riproposto oggi nel primo pomeriggio. L'ho rivisto per l'ennesima volta, sempre con una stretta al cuore e le lacrime agli occhi. Grazie Gillo!!! Grazie Franco!!! ...e grazie anche a La 7!!!
RispondiEliminasono giuseppe un nipote di squarciò,ricordo con affetto il nonno anche se solo dai racconti delle sue figlie e figli,come dai racconti e testimonianze di chi lo conobbe.tanto che il film ispirato alla sua vita non gli ha reso giustizia.
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