martedì 5 agosto 2008

Il vento fa il suo giro (1)

E l'aura fai son vir, di Giorgio Diritti (2005) Sceneggiatura di Giorgio Diritti e Fredo Valla Con Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni Foresti, Caterino Damiano, Giacomino Allais, Daniele Mattalia, Ines Cavalcanti Musica: Marco Biscarini, Daniele Furlati Fotografia: Roberto Cimatti (110 minuti) Rating IMDb: 8.2

Angela sul suo blog Myfavoritethings

Il titolo originale, in lingua occitana, è E l’aura fai son vir, perché, come spiega uno dei personaggi, all’inizio del film, “le cose sono come il vento, prima o poi ritornano“.

La vicenda è ambientata nelle valli occitane del Piemonte e mostra, tra prati e cime solitarie, la difficoltà di integrazione di una famiglia francese che va a stabilirsi in quei luoghi, per poter allevare capre e vivere secondo natura.

Su quei monti, tra vite radicate in rassicuranti equilibri, la diversità si svela minacciosa, non solo a cagione delle consuete paure e dei soliti sospetti, “ se facciamo venire questi, poi arriva l’albanese ” ma letteralmente, perché fa volgere lo sguardo, fa scoprire che intorno esistono altri.

E se all’inizio l’entusiasmo e la ragionevolezza, il buon senso e l’intelletto riescono a sopportare la presenza dello straniero, poi le paure individuali hanno la meglio. La comprensione di possibilità di vita diverse dalla nostra spaventa.


Il confronto, comporta la rottura di equilibri che evidentemente non esistono e che la presenza di altri, svela. Getta luce su tutto quello che sino ad allora abbiamo considerato scontato, esistono altri punti di vista, altri modi di vivere altrettanto e forse più gradevoli dei nostri.
Così ci sentiamo minacciati, non da loro - che non chiedono altro che continuare a fare la loro vita - ma da come potremmo cambiare, tornare a vedere cose di cui non vogliamo sapere o ricordare. Radici che ci piace mostrare solo nei discorsi solenni e commemorativi.

Il vento che ritorna, l’opportunità iniziale si trasforma in sospetto, sino ad arrivare all’infamia di pensieri e azioni.
L’ossessione al controllo dell’altro (nel film un personaggio che gira con il binocolo) ci distoglie dall’attenzione per noi stessi, dalla paura delle nostre voglie.

Un bellissimo film.
Bravo il regista Giorgio Diritti, belle la fotografia, le immagini e la musica.
Bravi gli attori, non professionisti, ad eccezione di Thierry Toscan e Alessandra Agosti.


8 commenti:

  1. Solimano, grazie. Va benissimo e le immagini che hai scelto sono giuste.
    Un bell'onore essere ospitata nella vostra "scatola magica", perchè io ho un modo "diverso" di raccontare il cinema.
    Per questo apprezzo la vostra abilità del racconto e della proposta.
    [Mi sto impicciando con le parole]
    Abbraccio

    RispondiElimina
  2. Angela, scrivere così va benissimo.
    Siamo noi che esageriamo...
    Come direbbe Giacomo Puccini, "la brevità, gran pregio".
    (la Bohème, atto primo)

    RispondiElimina
  3. Per ragioni di lavoro andai a Bari, ed entrai nell'ufficio del direttore di filiale, un milanese che era lì da pochi mesi. Vedevo che era agitato e gli chiesi perché. "Ieri hanno menato mio figlio che ha quattordici anni", mi rispose. "Come mai?" "Perché è alto e biondo".
    Racconto questo sgradevole fatto per dire una cosa che forse non condividete: magari il ragazzo l'avevano menato proprio per quel motivo. La pulsione etologica contro il diverso è a monte della morale e dei ragionamenti: c'è e basta. Basta nel senso che non la si può ignorare o negare, ma occorre prenderne consapevolezza, come un meccanismo arcaico presente in noi, che probabilmente non ci saremmo se quel meccanismo non ci fosse stato. Vedo molta inefficacia nell'affrontare i problemi di oggi e anche molto purismo, come se noi fossimo immuni solo perché abbiamo letto qualche libro. Ma libri sull'evoluzionismo, sull'antropologia e sull'etologia se ne leggono troppo pochi: affrontare questa pulsione a colpi di moralismo è non considerare che è proprio una pulsione, che occorre saper governare. Se uno capisce come è fatto, dopo lo è un po' meno. O vogliamo credere che certi bellissimi articoli che escono sui giornali persuadano la gente ad assumere posizioni diverse?

    grazie Angela e saludos
    Solimano

    RispondiElimina
  4. Uè, ché a Bari non siam mica tutti piccoli e neri (da un bel po'...) :)))

    Saluti a voi tutti, passo sempre a imparare e – talvolta – a sorridere.

    RispondiElimina
  5. Solimano, sono d'accordo che il purismo non serve, anzi... Che bisogna conoscere le nostre pulsioni per saperle controllare ed indirizzare... Nessuno di noi è indenne... Un caro saluto, Giulia

    RispondiElimina
  6. Stefania, magari da qualche altra parte menavano i piccoli e mori...
    Ma il punto è che lì per lì feci il ragionamento politicamente corretto, cioè che avessi di fronte un padre adirato che sragionava (non è piacevole, che picchino il proprio figlio). Mentre oggi penso che può darsi benissimo che fosse stato proprio così: la pulsione primaria è molto semplice, quindi generalmente rozza.
    Giulia, sono ancor più radicale di te: non parlerei di indenne. Le pulsioni ci sono e basta, e non è detto che servissero solo millenni fa ed oggi siano un arnese ingombrante.
    Sono contento di avercele, e di poterle usare, se del caso, tirando la sberla e non porgendo l'altra guancia. La cosa grottesca e amara, è vedere tanti che fanno le anime belle, al di sopra delle bassezze umane, e che non si accorgono neppure di insultare in continuazione. Salvo dire che sono per i valori della sinistra e della cultura. Quale sinistra? Quale cultura? Però non sono invidiosi, non sono competitivi, non sono narcisisti... ma quando mai!
    Sono i nipotini di Rousseau, quello del buon selvaggio, con cui giustamente se la prendeva Bertrand Russell.

    saludos
    Solimano

    RispondiElimina
  7. Da che mondo è mondo, lo straniero incute sospetto e paura, o rivalità: ed è un sentimento naturale, che condividiamo con gli animali.
    Poi però noi - in teoria - saremmo animali superiori, dovremmo imparare dall'esperienza. La prima esperienza che ho fatto io è che ci sono certi miei compaesani, nati qui e con tutto il pedigree in regola, che sono delle xxxxxxxxxx solenni.
    E, non essendo stranieri, non si può nemmeno dirgli "va' a ca' tua! torna da dove sei venuto! chi è che li fa entrare?".

    RispondiElimina
  8. Condivido Solimano. A Bari è facile essere considerati diversi, con o senza capelli biondi, ma pure questo, come dice la figlia neuroscienziata, è uno stereotipo.

    RispondiElimina