Solimano
Una volta tanto, la figuraccia la fecero i francesi. Il film Jeux interdits fu escluso dal Festival di Cannes e fu invece presentato al Festival di Venezia, dove vinse il Leon d'Oro nel 1952. Così iniziò il successo mondiale: al di là del giudizio critico, di un film del genere ce n'era proprio bisogno.
I motivi per cui fu escluso da Cannes non li so, suppongo che tutto in fondo dipendesse dal fatto che in Francia ci misero molti anni a fare i conti con l'andamento reale della seconda guerra mondiale, e forse non hanno ancora finito del tutto.
Visto oggi, viene voglia di dire che i censori avessero le loro losche ragioni, perché conosco pochi film che se la prendano con più efficacia non solo con la guerra, ma con la violenza di ogni tipo, che è presente dovunque, dalle campagne tutt'altro che arcadiche all'assistenza ai bambini, che dietro la faccia dipinta nasconde la mancanza di vera compassione e comprensione.
Non solo, la condanna per una religiosità ridotta a superstizione è evidente, come è evidente il nocciolo del film: che la morte è la fine di tutto, ogni tentativo di mascheramento è destinato a fallire. Nel 1952 era un po' presto anche in Francia, per argomenti così netti. Difatti molti ci badarono poco, travolti da una rappresentazione dell'infanzia sofferente che non si era mai vista. Non è un film perfetto, ma la lezione del grande cinema francese degli anni trenta si sente tutta, e René Clement, almeno per una volta, entrò nell'Olimpo dei grandi registi.
Paulette (Brigitte Fossey) è una bambina di cinque anni. I suoi genitori stanno fuggendo in automobile nel giugno 1940 dalle devastazioni della guerra (nel film i genitori sono proprio la mamma ed il papà di Brigitte Fossey, che aveva allora sei anni). Paulette ha con sé un cane a cui è affezionata: il cane scappa e la bambina gli corre dietro. I genitori corrono anche loro e si trovano con cane e figlia su un ponte proprio mentre uno Stukas sta mitragliando a bassa quota. I genitori muoiono, Paulette è incolume, il cane è ferito a morte, ed è forse del cane che Paulette si preoccupa di più. Se lo tiene in braccio anche quando è morto, camminando per la campagna senza sapere dove va.
Finché incontra Michel Dolle (Georges Poujouly), un bambino di dieci anni, che la conduce nella sua famiglia contadina. Tutto è in subbuglio per la guerra, la famiglia Dolle tiene la bambina in attesa che si presentino gli incaricati per riportarla alla sua famiglia, che però non c'è più.
Paulette e Michel seppelliscono insieme il cane, da lì nasce il loro serissimo gioco: costruire un cimitero per gli animali morti. Talpe, pulcini, lucertole, topi, gatti, pettorossi, scarabei (pensano perfino a serpenti, leoni, tigri...) vanno bene tutti, solo che su ogni piccola tomba ci deve essere una croce, che inizialmente è fatta con rami incrociati.
Poi scoprono che di croci più belle è piena la chiesa ed è pieno il cimitero, e si danno da fare per trafugarle. Michel addirittura non vorrebbe contentarsi degli animaletti morti che trovano, ma vorrebbe ammazzarli per poi poterli seppellire, ma Paulette su questo non è d'accordo. I piccoli funerali degli animali sono agevolati dal fatto che Michel sa più di metà dell'Ave Maria a memoria.
Attorno a loro si svolge la vita di due famiglie contadine, vicine e nemiche: i Dolle e i Gouard, con un rapporto alla Giulietta e Romeo fra una ragazza Dolle ed un ragazzo Gouard. La guerriciola fra le due famiglie è una grottesca caricatura dell' enorme guerrra che è in corso. Guerra e guerricciola, su scale così diverse, hanno in comune l' insussistenza di cause giustificanti, si arriva al punto che nella guerricciola si inserisce come causa di litigio la guerra, con un ragazzo Dolle imboscato in campagna e un ragazzo Gouard che è soldato, ma imboscato in ufficio e possibile disertore.
Persino la morte del fratello maggiore di Michel (causata da un calcio di un cavallo nel ventre) non mette pace fra le due famiglie: i due paterfamilias finiranno per azzuffarsi all'interno di una fossa appena scavata nel cimitero, con tutti i parenti schierati sopra come fossero a borgo ring, salvo Paulette che guarda con cupidigia la croce ricamata sulla stola del prete. Ci sono anche elementi quasi di bozzettismo, ma il tema fondamentale rimane in primo piano: l'assurdità della guerra e di ogni conflitto, resa tanto più evidente dal destino comune che attende tutti, la morte, a cui la religione porge scuse del tutto inefficaci.
Finché i due ragazzi vengono scoperti e tutti sono indignati, dal prete alle famiglie Dolle e Gouard. Michel viene punito e Paulette viene portata via, e verrà probabilmente destinata ad un orfanotrofio. Intanto, si è saputo che i suoi genitori sono stati sepolti in una fossa comune, e sul cartellino che le attaccano al collo come se fosse un oggetto smarrito, c'è scritto il cognome Dolle, perché così ha detto di chiamarsi.
Giustamente famosa l'interpretazione che Brigitte Fossey, bimba di sei anni, dà di Paulette, c'è chi ha detto che questo è l'unico film sui bambini che non corre mai il rischio dell'infantilismo. La cosa che trovo in assoluto più geniale nel film è l'abbinare la sofferenza delle persone a quella degli animali: la morte come condanna comune. Paulette sembra soffrire di più per la morte del suo cane che per la morte della mamma, viene in mente il sunt lacrymae rerum dei latini, ma anche La ginestra del Leopardi, col suo richiamo agli uomini perché scoprano, nel male comune, i motivi di solidarietà fra di loro.
P.S. Nel film è molto importante il motivo musicale adattato ed eseguito da Narciso Yepes. Ci sono state molte discussioni su chi l'abbia originariamente composto. Sembra che l'autore probabile sia Fernando Sor. Ma Yepes esegue nel film anche musiche di Robert de Visée, di Philip Rameau, di Miguel Llobet e di Napoléon Coste.
Inserisco qui sotto due immagini di Narciso Yepes, che mi è molto caro. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo alcune volte nella Sala Grande del Conservatorio di Milano. Come immagini volevo mettere solo quella degli ultimi anni, con la famosa chitarra classica a dieci corde. Ma ne ho trovata una di Narciso bambino (cominciò a suonare la chitarra a quattro anni...) e mi sembra che stia bene con le immagini di Paulette e di Michel.
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