Con James Mason, Shelley Winters, Sue Lyon, Peter Sellers, Gary Cockrell, Jerry Stovin, Diana Decker, Lois Maxwell, Shirley Douglas Musica: Nelson Riddle Fotografia: Oswald Morris (152 minuti) Rating IMDb: 7.7
Gabrilu sul suo blog NonSoloProust
Sono sempre restia a paragonare un film con il libro dal quale quel film è stato tratto. Si tratta di due modalità espressive che utilizzano codici completamente diversi. Tranne casi macroscopici -- che esistono, purtroppo -- di plateale violenza del testo originario, può accadere che un film che contenga aggiunte o tagli rispetto al testo e che dunque apparentemente lo tradisca, giunga in realtà a coglierne lo spirito meglio di un film pedissequamente fedele che segua gli eventi pagina per pagina.
Il caso della Lolita di Kubrick è particolare perchè bisogna tener conto, nel giudicarlo, di alcune cose importanti.
Il film venne realizzato nei primi anni Sessanta, quando i vincoli della censura erano strettissimi e un tema come quello affrontato dal romanzo di Nabokov era considerato quasi un tabu. Si pensi solo al fatto che Laurence Olivier, che aveva accettato subito e con entusiasmo il ruolo di Humbert propostogli da Kubrick era stato costretto a rifiutare dai suoi agenti, che ritenevano la tematica troppo scottante e che temevano che interpretare questo ruolo avrebbe pesato negativamente sull' immagine e sulla carriera del grande attore.
Già il fatto stesso di essere riuscito a realizzare il film rappresentò per Kubrick un successo, anche se per farlo fu costretto ad andare a girarlo in Gran Bretagna. D'altra parte, lo stesso Nabokov aveva collezionato a Parigi parecchi rifiuti, prima di riuscire a trovare un editore disposto a pubblicargli il libro.
Chi conosce bene il romanzo di Nabokov si accorge che il film, anche se molto buono, è comunque molto più soft del libro, e non poteva che essere così.
Gli attori principali sono tutti eccellenti nell'interpretare parti che sono davvero ingrate (non esiste un personaggio decisamente positivo o anche solo semplicemente simpatico): da James Mason a Shelley Winters a Peter Sellers non saprei davvero fare una graduatoria di bravura.
Un discorso a parte, ed importante, sento però di farlo per Sue Lyon (Lolita).
Era difficilissimo trovare un'interprete che dimostrasse dodici anni all'inizio della storia e diciassette alla fine del film. A quell'età, due o tre anni incidono molto, nella crescita di una bambina. Cambia il fisico, cambia il modo di muoversi, cambia il comportamento, cambia il modo di guardare.
Venne scelta Sue Lyon, che incarna molto bene il personaggio di Lolita ed è bravissima nella recitazione però... non c'è dubbio che (non certo per colpa sua) non trasmette l'impressione di essere una bambina dodicenne ma di essere già sin dall'inizio un'adolescente. Questo è un punto di fondamentale importanza, perchè noi lettori sappiamo che se Lolita appare un'adolescente e non una bambina vuol dire che ha già varcato quella soglia oltre la quale Humbert non trova più interessanti e attraenti le cosiddette "ninfette". Ricordate quando, nel romanzo, Humbert dice di Lolita, quando questa compie tredici annni "la mia amante che invecchia"?
Sempre a proposito di Sue Lyon, una curiosità: nonostante fosse la co-protagonista del film, quando questo venne proiettato al Festival di Venezia non le fu consentito di assistervi; Sue aveva sedici anni ed ai minorenni era vietato l'ingresso in sala.
La sceneggiatura del film è firmata da Nabokov, che vi lavorò per più di sei mesi. Non tutto ciò che scrisse venne utilizzato da Kubrick, e dopo alcuni anni Nabokov pubblicò il testo integrale della sceneggiatura (tradotta e pubblicata anche in italiano da Bompiani).
Ma a questo punto propongo di leggere due stralci tratti da interviste in cui Nabokov e Kubrick dicono le loro impressioni.
Vladimir NABOKOV
La prima ebbe luogo il 13 giugno (Loew's State, Broadway e Quarantacinquesima, E 2 + 4 platea, "posti orribili" dice senza peli sulla lingua la mia agenda). La folla dava la posta alle limousine che approdavano una a una, e dentro una di quelle c'ero anch'io, entusiasta e innocente come i fans che ne sbirciavano l'interno sperando di intravedere James Mason ma trovandoci solo il placido profilo di una controfigura di Hitchcock. Qualche giorno prima, a una proiezione privata, avevo scoperto che Kubrick era un grande regista, che Lolita era un film di prima qualità con attori magnifici, e che della mia sceneggiatura erano stati usati solo brandelli sparsi. Le modifiche, il travisamento delle mie trovate migliori, l'omissione di intere scene, l'aggiunta di altre, e ogni genere di cambiamenti ulteriori, non erano forse sufficienti a far cancellare il mio nome dai titoli di testa ma di certo rendevano il film tanto infedele alla sceneggiatura originale quanto lo sono certe traduzioni di Rimbaud e Pasternak fatte da un poeta americano.
Mi affretto ad aggiungere che queste ultime osservazioni non vanno assolutamente interpretate quale riflesso di un tardivo rancore, di uno stridulo biasimo nei confronti dell'approccio creativo di Kubrick. Nel travasare Lolita su schermo sonoro, lui vedeva il mio romanzo in un modo, io in un altro: tutto qui, né si può negare che un'assoluta fedeltà può anche essere l'ideale per un autore, ma per il produttore può risultare rovinosa.
La mia prima reazione al film fu un misto di irritazione, rammarico, e restio godimento. Più d'un'intrusione (quale la macabra sequenza del ping-pong o l'estatica sorsata di scotch nella vasca da bagno) mi parve azzeccata e spiritosa.
Penose, però, altre (quali il crollo della brandina pieghevole o i fronzoli dell'arzigogolata camicia da notte della signorina Lyon).
Le sequenze, per lo più, non erano certo migliori di quelle da me pensate con tanta cura per Kubrick, e mi pentii amaramente del tempo perso, pur ammirando la saldezza di Kubrick, nel sopportare per sei mesi l'evoluzione e la somministrazione di un prodotto inutile.
Ma mi sbagliavo. Rammarico e irritazione si placarono presto al ricordo dell'ispirazione tra le colline, la sedia a sdraio sotto la jacaranda, la spinta interiore, la luce, senza le quali non avrei portato a termine il compito. Mi dissi che dopotutto nulla era andato perso, che la mia sceneggiatura restava intatta nella sua custodia e che un giorno l'avrei potuta pubblicare: non come meschina confutazione di un film dovizioso ma semplicemente come vivace variante di un vecchio romanzo.
Montreux, Dicembre 1973
(Dalla Prefazione di Vladimir Nabokov a Lolita: Una Sceneggiatura, Bompiani, 1997)
Stanley KUBRICK
Nel libro si poteva pensare che lui la volesse soltanto... che non pensava ad altro. Ma siccome tutte queste cose non potevano passare nel film, l'interesse che lo spingeva verso Lolita veniva immediatamente percepito come una certa forma di amore e non solo di desiderio carnale. In questo senso, credo, il film ne ha perso il valore: a causa dell'impossibilità di mostrare la parte erotica. E' la sola parte che mi abbia deluso. La pellicola sarebbe stata migliore, se fosse stato costantemente presente un potente elemento erotico. [...] La pellicola rispettava fedelmente i personaggi, la loro psicologia del romanzo, ma non aveva affatto tutto il violento aspetto sessuale che avrebbe dovuto possedere. [...] Se Lolita è un fallimento, è imputabile solo alla mancanza di erotismo.
(Da un'intervista di Renaud Walter a Stanley Kubrick)