Sonetàula, di Salvatore Mereu (2008) Dal romanzo di Giuseppe Fiori, Sceneggiatura di Salvatore Mereu Con Francesco Falchetto, Manuela Martelli, Antonio Crisponi, Serafino Spiggia, Giuseppe Cuccu, Lazar Ristovski, Giselda Volodi Musica: Enzo Favata Film editing: Paola Freddi (157 minuti) Rating IMDb: 4.8
Annarita sul suo blog L'angolo di Annarita
Centocinquanta minuti immersi nella natura aspra e selvaggia della Sardegna, percorsa in lungo e in largo nelle ventotto settimane di riprese che sono occorse al regista Salvatore Mereu per dare corpo e vita alla terra descritta da Giuseppe Fiori nel romanzo "Sonetàula" e che andava ricostruita con amore per restituire allo spettatore tutta la forza arcaica della Sardegna a cavallo tra gli anni Trenta e Cinquanta, fatta di ovili, di paesi sperduti, di paesaggi aridi (per la città Tempio, Oristano, Bosa, Alghero; per Orgiadas, paese immaginario, Orgosolo, Oliena, Dorgali e Olzai).
La breve e dolorosa parabola di Sonetàula si compie infatti nell'arco di tredici anni, a partire dal 1937 fino al 1950.
Incontriamo Zuanne Malune appena dodicenne, fragile alberello abbarbicato alla roccia che è il padre, sottrattogli da una faida locale della quale è tenuto all'oscuro per preservare il più possibile i suoi sogni e la sua innocenza. Zuanne crede il padre al nord, al lavoro in una fabbrica, ma il nonno Cicerone Malune, splendida figura di méntore insieme con l'altro grande vecchio, tiu Giobatta Irde, nonno di Maddalena, lo strappa all'illusione mettendo brutalmente a nudo la realtà della falsa lettera scritta da Battista Murrighile, a causa della quale Egidio Malune è stato ingiustamente accusato della morte di Anania Medas, e rivelandogli che il padre è stato condannato al confino a Ustica. Tutto si fa più chiaro nella mente confusa di Zuanne, che finalmente può dare un senso ai silenzi, alle domande, alle parole che il padre gli ha rivolto prima di partire. Incomincia il suo duro apprendistato, è un servo pastore e la vita è lontano da casa, dove sono riamste le donne, la madre Rosa e la giovane Maddalena, che presto accenderà nel suo cuore un sentimento che nulla avrà più dell'amore fraterno. È vita grama, esposti al freddo e alle intemperie, dietro al gregge che va sorvegliato continuamente perché nessuno rubi i capi, come accade ai maiali custoditi dal piccolo Giuseppino Bande, che Zuanne insieme con il nonno aiuta. E l'inverno segue all'estate, se l'uno era terribile per il freddo e le piogge battenti, l'altra è inclemente per la siccità che condanna le pecore a morire sotto lo sguardo impotente dei pastori.
Gli anni si succedono con monotona crudezza, Zuanne cova dentro di sé il rancore e l'odio per chi ha fatto del male a suo padre e non si sottrae alla dura legge della faida. A un furto risponde con lo sgarrettamento di alcuni capi del gregge dei colpevoli e comincia la sua discesa all'inferno. Ignora la chiamata dei Carabinieri quando ancora potrebbe una svolta alla propria vita e preferisce la latitanza, che lo allontana inesorabilmente da Maddalena e da Giuseppino, il quale invece rimane sordo al richiamo della tradizione e tenta di costruirsi un futuro migliore lasciando la pastorizia e accettando un lavoro come lamierista.
Intanto la Sardegna è scossa dal vento della modernità, rappresentata dalle attività industriali, dal volo radente degli elicotteri che spargono le sostanze chimiche per combattere la malaria, quella malaria che ha rovinato la vita di Rosa e di tante persone, e dall'avvento dell'energia elettrica. Passa anche la guerra come un'eco lontana, che però tocca di nuovo crudelmente la vita di Zuanne; quella guerra che avrebbe potuto restituirgli il padre, liberandolo dal confino, finisce col sottrarglielo per sempre in terra d'Africa. Oramai Zuanne non ha più motivi per voltarsi indietro, i fatti criminosi si succedono l'uno all'altro fino al culmine della vendetta, l'esecuzione a sangue freddo di Murrighile. È preda completamente della "balentia" la vendetta d'onore nelle terre del Gennargentu. Sul suo capo pende una taglia che fa gola a molti, due milioni di lire, e oramai vive nel timore che qualcuno lo denunci.
Nella vana speranza di riconquistare Maddalena, ora legata a Giuseppino, Zuanne si fida di un ingegnere che gli promette una nuova vita in Toscana, ma è solo l'ennesima trappola che lo ricaccia, solo e randagio, nella macchia, fino al tragico epilogo, seguito all'ultimo struggente incontro con Maddalena, divenuta madre, alla quale offre rudemente la ricca taglia che potrebbe essere un grande aiuto per la piccola famiglia. Bello e spontaneo il gesto della mano con il quale Maddalena sembra voler allontanare materialmente la proposta di Zuanne. Così come è bello il finale, in cui il giovane bandito, dopo l'ultima tragica sparatoria, viene idealmente incontro allo spettatore e si ferma a fissarlo, quasi a chiedergli ragione di una vita negata, di un'infanzia rubata. Tanti sono i gesti, gli sguardi, i silenzi in un film dall'andamento lento e solenne, nel quale non c'è musica, ma solo una nenia di donne nel corso di una cerimonia; i dialoghi scarni sono in dialetto sardo, affidati a molti attori non professionisti, una scelta coraggiosa che ho trovato cònsona alla scabra essenzialità del romanzo da cui la vicenda è tratta, belle figure di uomini e donne asciugati e induriti, la pelle di scorza d'albero, dai travagli di una vita.
Ho letto il libro di Fiori tutto d'un fiato in due giorni, presa dalle maglie di questa trama antica, tanto distante da sembrare quasi il corale ritratto di un'altra civiltà.
"Sonetàula" è stato pubblicato nel 1962 da Canesi e l'autore, morto nel 2003, lo ha ripreso in mano nel 2000, togliendo centocinquanta pagine e traendone un "nuovo romanzo" come lui stesso ha scritto in una nota in principio all'edizione Einaudi. Il risultato è una storia prosciugata, ridotta all'essenziale.
Il titolo prende origine dal soprannome del piccolo Zuanne. (...) Non poteva averne, di paura. Una volta, sì, era bianco come il latte, nient'altro che ossa involte in pelle. Lo avevano soprannominato Sonetàula perché ogni colpo dato a lui, dicevano i compagni per ridere, faceva sonu 'e taula, rumore di legna, come ad essere dentro una bara.(...) (pag.21)
Annarita sul suo blog L'angolo di Annarita
Centocinquanta minuti immersi nella natura aspra e selvaggia della Sardegna, percorsa in lungo e in largo nelle ventotto settimane di riprese che sono occorse al regista Salvatore Mereu per dare corpo e vita alla terra descritta da Giuseppe Fiori nel romanzo "Sonetàula" e che andava ricostruita con amore per restituire allo spettatore tutta la forza arcaica della Sardegna a cavallo tra gli anni Trenta e Cinquanta, fatta di ovili, di paesi sperduti, di paesaggi aridi (per la città Tempio, Oristano, Bosa, Alghero; per Orgiadas, paese immaginario, Orgosolo, Oliena, Dorgali e Olzai).
La breve e dolorosa parabola di Sonetàula si compie infatti nell'arco di tredici anni, a partire dal 1937 fino al 1950.
Incontriamo Zuanne Malune appena dodicenne, fragile alberello abbarbicato alla roccia che è il padre, sottrattogli da una faida locale della quale è tenuto all'oscuro per preservare il più possibile i suoi sogni e la sua innocenza. Zuanne crede il padre al nord, al lavoro in una fabbrica, ma il nonno Cicerone Malune, splendida figura di méntore insieme con l'altro grande vecchio, tiu Giobatta Irde, nonno di Maddalena, lo strappa all'illusione mettendo brutalmente a nudo la realtà della falsa lettera scritta da Battista Murrighile, a causa della quale Egidio Malune è stato ingiustamente accusato della morte di Anania Medas, e rivelandogli che il padre è stato condannato al confino a Ustica. Tutto si fa più chiaro nella mente confusa di Zuanne, che finalmente può dare un senso ai silenzi, alle domande, alle parole che il padre gli ha rivolto prima di partire. Incomincia il suo duro apprendistato, è un servo pastore e la vita è lontano da casa, dove sono riamste le donne, la madre Rosa e la giovane Maddalena, che presto accenderà nel suo cuore un sentimento che nulla avrà più dell'amore fraterno. È vita grama, esposti al freddo e alle intemperie, dietro al gregge che va sorvegliato continuamente perché nessuno rubi i capi, come accade ai maiali custoditi dal piccolo Giuseppino Bande, che Zuanne insieme con il nonno aiuta. E l'inverno segue all'estate, se l'uno era terribile per il freddo e le piogge battenti, l'altra è inclemente per la siccità che condanna le pecore a morire sotto lo sguardo impotente dei pastori.
Gli anni si succedono con monotona crudezza, Zuanne cova dentro di sé il rancore e l'odio per chi ha fatto del male a suo padre e non si sottrae alla dura legge della faida. A un furto risponde con lo sgarrettamento di alcuni capi del gregge dei colpevoli e comincia la sua discesa all'inferno. Ignora la chiamata dei Carabinieri quando ancora potrebbe una svolta alla propria vita e preferisce la latitanza, che lo allontana inesorabilmente da Maddalena e da Giuseppino, il quale invece rimane sordo al richiamo della tradizione e tenta di costruirsi un futuro migliore lasciando la pastorizia e accettando un lavoro come lamierista.
Intanto la Sardegna è scossa dal vento della modernità, rappresentata dalle attività industriali, dal volo radente degli elicotteri che spargono le sostanze chimiche per combattere la malaria, quella malaria che ha rovinato la vita di Rosa e di tante persone, e dall'avvento dell'energia elettrica. Passa anche la guerra come un'eco lontana, che però tocca di nuovo crudelmente la vita di Zuanne; quella guerra che avrebbe potuto restituirgli il padre, liberandolo dal confino, finisce col sottrarglielo per sempre in terra d'Africa. Oramai Zuanne non ha più motivi per voltarsi indietro, i fatti criminosi si succedono l'uno all'altro fino al culmine della vendetta, l'esecuzione a sangue freddo di Murrighile. È preda completamente della "balentia" la vendetta d'onore nelle terre del Gennargentu. Sul suo capo pende una taglia che fa gola a molti, due milioni di lire, e oramai vive nel timore che qualcuno lo denunci.
Nella vana speranza di riconquistare Maddalena, ora legata a Giuseppino, Zuanne si fida di un ingegnere che gli promette una nuova vita in Toscana, ma è solo l'ennesima trappola che lo ricaccia, solo e randagio, nella macchia, fino al tragico epilogo, seguito all'ultimo struggente incontro con Maddalena, divenuta madre, alla quale offre rudemente la ricca taglia che potrebbe essere un grande aiuto per la piccola famiglia. Bello e spontaneo il gesto della mano con il quale Maddalena sembra voler allontanare materialmente la proposta di Zuanne. Così come è bello il finale, in cui il giovane bandito, dopo l'ultima tragica sparatoria, viene idealmente incontro allo spettatore e si ferma a fissarlo, quasi a chiedergli ragione di una vita negata, di un'infanzia rubata. Tanti sono i gesti, gli sguardi, i silenzi in un film dall'andamento lento e solenne, nel quale non c'è musica, ma solo una nenia di donne nel corso di una cerimonia; i dialoghi scarni sono in dialetto sardo, affidati a molti attori non professionisti, una scelta coraggiosa che ho trovato cònsona alla scabra essenzialità del romanzo da cui la vicenda è tratta, belle figure di uomini e donne asciugati e induriti, la pelle di scorza d'albero, dai travagli di una vita.
Ho letto il libro di Fiori tutto d'un fiato in due giorni, presa dalle maglie di questa trama antica, tanto distante da sembrare quasi il corale ritratto di un'altra civiltà.
"Sonetàula" è stato pubblicato nel 1962 da Canesi e l'autore, morto nel 2003, lo ha ripreso in mano nel 2000, togliendo centocinquanta pagine e traendone un "nuovo romanzo" come lui stesso ha scritto in una nota in principio all'edizione Einaudi. Il risultato è una storia prosciugata, ridotta all'essenziale.
Il titolo prende origine dal soprannome del piccolo Zuanne. (...) Non poteva averne, di paura. Una volta, sì, era bianco come il latte, nient'altro che ossa involte in pelle. Lo avevano soprannominato Sonetàula perché ogni colpo dato a lui, dicevano i compagni per ridere, faceva sonu 'e taula, rumore di legna, come ad essere dentro una bara.(...) (pag.21)
Annarita, non nascondo che sono contento di inserire nel nostro blog un tuo post sul cinema e confido che succeda ancora. Ammiro la serietà e l'acutezza del tuo lavoro, commento spesso da te e non sono il solo a farlo del nostro piccolo gruppo. Più che commentare, converso, profittando un po' del tuo senso dell'umorismo che è il giusto contrappeso alla serietà.
RispondiEliminaRiguardo ai sardi, li ho cominciati a conoscere da militare a Roma. Ero sottotenente, ed avevo fra gli artiglieri un sardo che si chiamava Efisio, nome che ad esempio in Emilia non è molto diffuso...
Ogni giorno riceveva due lettere: una dalla mamma ed una dalla fidanzata, che non erano certo delle grafomani, bastava guardare la calligrafia sulla busta. Quando si avvicinava la licenza di quarantotto ore, entrava in frenesia, camminava con i piedi per aria. Mentre noi ci godevamo le molte bellezze di Roma (tre si sposarono con ragazze conosciute a Roma in quel peiodo, e i matrimoni durano tuttora), lui passava le sere a riempire di sgorbi amorosi le lettere di risposta alle due sue donne. Poi li ho conosciuti i sardi, nel lavoro nella multinazionale. Persone affidabili, che se dicevano di fare una cosa la facevano, senza scodinzolare. Hanno anche dei difetti, credo che tu li conosca. Ma vorrei tanto che certe caratteristiche fossero rimaste, malgrado i tempi pieni di bla bla e di cosmopolitismo sciocco.
Il fatto che questo libro e questo film ci siano attesta che è possibile, il fatto che il film sia parlato con lungua locale ed abbia i sottotitoli è rarissimo, solo Ermanno Olmi (e non dico poco)l'ha fatto per una delle due edizioni de L'albero degli zoccoli.
grazie e saludos
Solimano
Vado subito su Imdb a mettere un bel 10.
RispondiElimina(ma perché mai vanno a dare dei voti... che gente! come se io votassi sui videogiochi per la playstation...)
Grazie a te, Solimano. Hai arricchito il post con le belle foto, poche, che accompagnano il film. Ho parlato di questo film al Direttore dei Servizi della mia scuola, è stato molto contento che lo abbia apprezzato, anche lui è sardo, del medio Campidano. Come dici tu, dei sardi è apprezzabile la tenacia, che a volte sconfina un po' nella testardaggine! L ascelta di far parlare gli attori in dialetto è stata senz'altro audace, ma ha dato un sapore e uno spessore particolari al film, che non si sarebbe avuto con i dialoghi in italiano, come pure sono nel libro. Ho comperato l'edizione del 196o, quella integrale, per capire come era stato "Sonetàula" prima che Fiori lo riscrivesse. Aspetto con piacere i tuoi commenti, sempre, o meglio, i tuoi pezzi unici. Rinnovo gli auguri. Annarita
RispondiEliminaGiuliano, ti capisco. Queste cose succedono quando il numero dei votanti è molto basso, bastano quattro ragazzotti -o ragazzotte- magari di ottant'anni che votino zero e va tutto a ramengo. Però IMDb, quando il numero di votanti è alto (neanche tanto, qualche centinaia), è molto utile, non perché io creda ai voti in questo caso, non perché la massa ha ragione sempre e comunque, ma perché da quel voto e dal numero dei votanti traggo delle indicazioni utili su quello che si aggira nella testa -e nella pancia- della gente. Certe cose è meglio saperle.
RispondiEliminasaludos
Solimano
Solimano e Giuliano
RispondiEliminaper votare su imdb bisogna iscriversi. Niente di complicato o di intrusivo o di invasivo, intendiamoci.
Trattasi di procedurina semplice che si fa in tre secondi, ma che magari non tutti gli appassionati di cinema fanno.
Io per esempio, solo per semplice pigrizia (mentale, soprattutto e non certo perchè ho in mente una qualsiasi "teoria del complotto" ) non mi sono mai iscritta e dunque non posso votare.
Dico questo solo perchè sia chiaro che quando si riporta e si analizza il rating di imdb il fatto che può votare solo chi è iscritto rappresenta cmq una variabile. E non di poco conto, secondo me.
Annalisa post bellissimo, immediatamente inserito nel mio blog-roll (per quel che può valere, ma insomma si fa quel che si può)
Cari tutti, nelle mie vene scorre sangue sardo al 50%, forse persino al 75%: la mia nonna paterna, trapiantata a Cagliari da Roma e lì andata sposa ad un isolano DOC, si era talmente amalgamata con la gente del luogo che parlava spesso in dialetto con mio padre e con le mie zie (alle quali invano, da piccola, chiedevo di insegnarmelo, già sensibile alla bellezza di una cultura così antica e affascinante).
RispondiEliminaLe uniche espressioni che so si riducono a TA BOLIS? (= Cosa vuoi?) e SEGHIMENT'E CONCA (= Rottura di scatole), forse perchè le zie me le ripetevano spesso, quando le scocciavo con i miei infantili entusiasmi.
Grande post, Annarita, e non solo per i (quasi-)sardi come me.
Roby
L'attrice nell'ultima foto, Giselda Volodi, ha lavorato negli ultimi due film di Silvio Soldini, ed è molto simpatica. In "Agata e la tempesta", se non ricordo male, è la socia di Licia Maglietta nella libreria che gestiscono insieme, in "Pane e tulipani" non mi ricordo bene, ma so che è molto buffa.
RispondiEliminaPer queste cose qui, Imdb è preziosissimo... (e non c'è bisogno di iscriversi, cosa davvero antipatica anche se "se pò fà").
Concordo: Giselda Volodi piace molto anche a me, dopo averla vista, nei "Vicerè", interpretare il tragicomico ruolo della zia bruttina che rischia di rimanere zitella, finendo sposata in extremis al sindaco del paese. E' brava, davvero.
RispondiEliminaCiao-ciao
Roby