domenica 9 marzo 2008

Sogni proibiti

The Secret Life of Walter Mitty, di Norman Z. McLeod Racconto di James Thurber, Sceneggiatura di Ken Englund, Everett Freeman, Philip Rapp Con Danny Kaye, Virginia Mayo, Boris Karloff, Fay Bainter, Ann Rutheford, Thurston Hall, Gordon Jones, Florence Bates Musica: David Raskin Fotografia: Lee Games (110 minuti) Rating IMDb: 7.2
Ottavio
Sogni. In questi giorni di revisione del mio catalogo dei brani musicali (ormai il computer diventa necessario anche per questo) è un concetto che ricorre spesso, da Schumann a Prokofiev, per non parlare di Mendelssohn o di Liszt.
Anche il cinema ha dedicato ampi spazi all’argomento, sia nei contenuti (ricordo qui di sfuggita L’impiegato di G. Puccini, con Nino Manfredi, film con diverse affinità con quello che intendo trattare nel post) sia addirittura nei titoli: qui si va dal nobile Sogni di Kurosawa al Sogni d’oro di Nanni Moretti. Ma con qualche riflessione se ne potrebbero citare decine...
Come è noto, sogno ha almeno due significati: può riguardare speranza o illusione, oppure, inteso come manifestazione dell’inconscio durante il sonno, viene utilizzato nello studio dell’analisi della psiche. Ancora, si definiscono sogni... ad occhi aperti le creazioni di situazioni immaginarie, normalmente sviluppate per gratificare il proprio io; sono tipiche manifestazioni dell’infanzia (alzi la mano chi non si è mai immedesimato in un eroe o in un’eroina del suo tempo, un avventuriero alla Sandokan o un cow boy del West o un grande calciatore) probabilmente utili per sviluppare la fantasia e per individuare modelli ideali di riferimento. Quando però i sogni ad occhi aperti si fanno da adulti, beh, allora sono fughe dalla realtà che si presenta scomoda, indici di debolezza umana, e ci avviciniamo pericolosamente alla patologia.
E’ quello che succede a Walter Mitty (Danny Kaye) in Sogni proibiti. Walter è un giovane correttore di bozze che evade in avventurosi sogni da una vita dominata da una madre autoritaria (Ann Rutherford, grande caratterista inglese) e da un principale insopportabile (Boris Karloff, non ancora Frankestein!). Nell’ufficio dove lavora, inoltre, c’è anche la bellona e irraggiungibile Virginia Mayo, di cui è inevitabilmente innamorato ma che non lo degna di attenzione, ulteriore causa di depressione. Bistrattato da tutti, Walter ha ormai ripudiato la vita reale, ricca soltanto di difficoltà, di sgradevoli compagnie e di mortificazione, in cambio della vita che sa offrirsi con l’immaginazione, momento per momento. In funzione degli spunti che gli offrono le circostanze immaginerà d’incarnarsi di volta in volta nel grande chirurgo, nell’eroico aviatore, nel coraggioso cow-boy e in altri classici archetipi di Hollywood.

Walter infatti è un assiduo frequentatore delle sale cinematografiche e non può immaginarsi la vita se non negli scenari che ogni sera il cinema gli suggerisce. Così non ha altro conforto che di vedersi vivere, però sotto altre spoglie e in ben altre circostanze che non siano quelle della sua mediocre esistenza. Soltanto in sogno si concede la forza, l’intelligenza, la bellezza e l’audacia che pure sa di possedere.
Intendiamoci, Sogni proibiti è un film comico. E’ stato girato negli Usa nel 1947, a due anni dalla fine della guerra, quando l’America aveva bisogno di allegria e di messaggi positivi. Il film infatti ha un lieto fine, quando si presenterà a Walter una situazione reale di pericolo che riuscirà a risolvere brillantemente, conquistando così la stima e la considerazione di tutti e in particolare l’amore della bellona. E Danny Kaye è un grande attore, un comico che-mi-faceva-ridere. Ma riconsiderando la vicenda sessant’anni dopo, ha più i connotati del dramma (anche se nel dramma ci sono i lati comici). Per questo considero pericolose quelle realtà virtuali che pare sia possibile creare nel mondo di Internet secondo i propri desideri e le proprie preferenze, senza vincolo alcuno. La mente continuerà a saper discernere tra mondo reale e mondo virtuale?
Però, come rifiutare una vita di cui si può regolare il corso?

5 commenti:

  1. Dovrebbe essere la copertina del nostro blog, "Sogni proibiti", la nostra ragione sociale...
    Uno dei film più piacevoli che io ricordi, e gran parte del merito va a Danny Kaye, un attore che rimanda direttamente al concetto di leggerezza così come la intendeva Italo Calvino.
    Ottima scelta, come sempre del resto.

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  2. Dovendo vigilare sulle lasagne che cuocevano in forno, non ho potuto essere la prima -come volevo!- a commentare questo magnifico post ed a complimentarmi SINCERAMENTE col suo autore. Danny Kaye, un altro dei miei miti (ma quanti ne ho???): e "Sogni proibiti", poi, erano quelli che fra i 10 e i 12 anni facevo ogni sera, prima di addormentarmi, immaginandomi eroina di mirabolanti avventure. Non semplicemente "a fianco" dell'eroe, ma protagonista in prima persona. Femminista in erba? Insoddisfatta di me stessa? Insicura? Ah, saperlo...

    Roby

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  3. Un tema molto interessante che ha trattato Ottavio è quello del rapporto fra vita reale e vita virtuale.
    Ci sono due estremi che in qualche modo si corrispondono.
    Il primo, è quello di essere in rete un po' come sogno alla Danny Kaye, cioè esserci come fuga da una vita reale insoddisfacente.
    Il secondo è quello della menzogna sistematica (anche con se stessi): crearsi una specie di copione retaiolo in cui non c'è corrispondenza con la propria vera personalità. Sotto una umiltà del tutto fasulla si cerca di atteggiarsi, di dire e non dire, di stabilire una numerosità di rapporti del tutti superficiale.
    Facilita in questo, la burocrazia della sotticultura blogghiera, maggioritaria ed asfissiante come tutte le burocrazie: che bel post, io sono amico di Tizio, Caio è mio amico, lo scambio di link, tanti commmenti, nessuna conversazione e qualche episodico scazzo da Batracomiomachia. La lettura attenta dei Profili Utenti fa capire quasi tutto.
    Una possibile soluzione è nell'accorgersi che ci può essere un circolo virtuoso: la vita reale potenzia la vita virtuale (che non è un semplice corollario) e la vita virtuale apre gli occhi sulla realtà quotidiana. Per farlo, occorre avere il coraggio di mostrarsi, magari con tante piccole maschere ma senza nessun copione: perché ti metti le scarpe quando puoi volare?
    Accorgersi anche che è possibile fare le cose insieme, certe cose da soli non si fanno. E' un'arte difficile ma semplice: le compagnie si scelgono, non si trovano.
    E magari, darsi un piccolo prerequisito: fare qualcosa di utile, così si è più seri e si correggono gli errori, che fatalmente si fanno.
    A questo punto, a volte si dà compimento da svegli a quello che si sogna ad occhi chiusi, e la bellona Viginia Mayo sorride a Danny Kaye.

    grazie Ottavio e saludos
    Solimano
    P.S. Torna presto...

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  4. ottimo post, 'sognante'...
    bel blog davvero, tornerò spesso...
    Simone

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  5. Benvenuto Simone, e grazie della visita. Penso che sognare si bene, e ricordarsi il sogno da svegli, magari per metterlo in pratica.

    saludos
    Solimano

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