giovedì 6 dicembre 2007

La moda nel cinema: La collezionista (2)

Solimano
Dico una ovvietà che spesso si fa finta di dimenticare: la moda non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini. Ho scritto qualche tempo fa un post su La collezionista di Eric Rohmer (1967), parlando dell'eleganza di Haydée (Haydée Politoff), ed ho anticipato che avrei scritto anche sull'eleganza dei due uomini del film, Adrien (Patrick Bauchau) e Daniel (Daniel Pommereulle). Parlo prima degli attori, poi dei personaggi. Tolgo subito di mezzo Daniel Pommereulle, di lui ci sono notizie sporadiche ed ha fatto pochi film, quasi una meteora con qualche rara apparizione nei decenni successivi. Mentre invece di Patrick Bauchau ce n'è da dire. Prima di tutto il nome completo è Patrick Nicolas Jean Sixte Ghislain Bauchau, è questo fa subito capire come nasce. Il padre è stato uno dei più famosi psicanalisti di Parigi. Patrick Bauchau si è laureato ad Oxford e parla correntemente il francese, l'inglese, il tedesco, lo spagnolo e l'italiano, un po' anche il russo ed il fiammingo. Si è sempre interessato di giardinaggio, architettura, collezione di arte orientale, yoga e naturalmente del cinema della nouvelle vague. Fatti suoi, verrebbe da dire - con un po' di invidia - ma ricordo che la sceneggiatura del film è singolare: Rohmer dava la situazione, ed i tre ci costruivano sopra il dialogo, così, come gli veniva. In genere era il primo ciak che andava bene a Rohmer; inoltre il film è narrato in prima persona da Adrien, cioè da Patrick Bauchau, che è il moro, mentre Adrien è il biondo.

Quindi la distinzione fra personaggio ed attore è in questo caso un po' labile: guardando il film dopo aver conosciuto il curriculum, si nota che l'immagine mentale è confermata dall'aspetto e dai modi di Adrien ed anche di Daniel. Ognuno di noi li ha conosciuti od intravisti, quelli così, che di primo acchito sembra che si siano messi la prima camicia che gli è venuta in mano, mentre invece tutto è studiatissimo. Nel film è divertente vedere accanto a loro qualcuno degli amichetti notturni di Haydée: Rohmer con malizia gentile ci fa capire la differenza fra una eleganza vera, eletta a modo di vita, e una banalità sgargiante o stracciona. Tutti e due sono alti sopra il metro ed ottantacinque ed hanno capelli molto lunghi, ma non li potremmo definire capelloni, vista la cura evidente che hanno per le proprie chiome. Dei due, Adrien è il critico d'arte che fa anche il mercante (una ambiguità che nel film avrà il suo peso), Daniel è l'artista, quindi gli è consentita qualche uscita dalle righe rispetto al dandysmo sistematico di Adrien. Difatti nel film si possono vedere accappatoio, vestaglietta, camicia da notte (uno come Daniel certamente odia il pigiama) e soprattutto una bellissima giacca rosa che solo un biondo come lui può avere il coraggio di portare.

Ma non finisce qui, certe posture a loro due escono naturalissime, si noti Daniel in poltrona, piuttosto spossato da un pomeriggio d'amore con Haydée, che gli carezza lieve ma insistente i peli delle gambe (pelo e contropelo), e Daniel fa finta di niente, non può fare altro. O Adrien visto di spalle mentre Haydée è seduta su un un plaid nel bosco, che fa una specie di doriforo di Policleto che però ha studiato ad Oxford.
Adrien poi, mai che compaia di faccia, è sempre di profilo. Chi fra di noi non ha avuto qualche compagno del genere, che le ragazze restavano a bocca aperta? Ci mancava poco che fossero loro, le ragazze, a tampinarli per strada, quelli così. Generalmente erano inoffensivi perché avevano preso atto di piacere fin dalla prima infanzia e non si mettevano a gareggiare anche perché le ragazze in carica erano più furbe di loro, e riuscivano a tenerseli stretti. Il profilo di Adrien lo si vede nell'immagine in cui ci sono due suoi due vasi orientali (di cui uno farà una brutta fine causata da Haydée). Come risponde la ragazza a tanto splendore? Con le armi della natura, quasi sempre invincibili: il bikini, la frangetta e un collo così lungo che il Parmigianino redivivo la sceglierebbe subito per una delle sue Madonne.

Difatti è Haydée che vince, perché non ha bisogno di combattere: prima i due la sfottono per la sua mancanza di cultura e le sue frequentazioni, e prevalgono facilmente contro i ragazzotti che Haydée colleziona, ma la poco santa alleanza dei due uomini si infrange il pomeriggio che Haydée si prende Daniel, che si sentirà poi a disagio con Adrien, come se si fosse messo una camicia impropria o dei mocassini fuori posto. Per questo, malgrado la sua bella giacca rosa Daniel è ingrugnato, sta prenotando l'aereo per andarsene (guardate gli anelli che porta!). Rimarranno soli Adrien ed Haydée e sembra che finalmente - dopo tante chiacchiere - Adrien si decida, solo che la ragazza incrocia degli amici con cui scambia due parole, allora Adrien, con il colpo di reni del vero dandy, se ne va per i fatti suoi, salvo telefonare la sera alla donna con cui era un po' in freddo per ritrovarla l'indomani. E' una particina, questa donna di Adrien si vede solo all'inizio del film, fatto sta che l'attrice si chiama Mijanou Bardot (sorella minore della famosa Brigitte), che poi ha sposato proprio Patrick Bauchau, cioè Adrien, e il matrimonio dura tuttora, certe volte i dandy fanno una fine del genere. Uno appartiene ad una grande famiglia, ha sei nomi, sa sette lingue, si laurea ad Oxford e poi diventa il cognato della Bardot, ben gli sta!

2 commenti:

  1. Conosco Patrick Bauchau solo attraverso i film di Wenders, “Lo stato delle cose” e “Lisbon Story”: col tempo ha preso un aspetto fisico molto simile a quello di Fellini, e Wenders ci gioca parecchio, soprattutto in “Lisbon Story”.
    Non sapevo che fosse francese: io l’ho sempre pensato tedesco e pronuncio Bauch-au, invece magari la pronuncia giusta è Beau-chau...(comunque sia, direi che è un cognome todesco).

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  2. Giuliano, non è né francese né tedesco, è belga! Però, a vederlo specie da giovane non si direbbe, e i francesi erano un po' spiazzati, perché verso i belgi hanno sempre avuto un notevole complesso di superiorità che venne notevolmente incrinato dai grandi successi parigini di Jacques Brel, che però di famiglia è per metà di origine spagnola, e si vede e soprattutto si sente, dalle parole che canta e da come le canta.

    saludos
    Solimano

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