sabato 3 novembre 2007

A proposito dell'Odissea

Giovanni Lanfranco: Lucina sorpresa dall'Orco (particolare)

Solimano
L'Odissea di Franco Rossi è stata portata nel blog da Giuliano, che ha fatto benissimo: noi, che l'avevamo vista allora, ci siamo ancora affezionati, ma credo che anche chi non l'ha mai vista adesso desideri vederla per la prima volta. Ci sono stati altri registi dell'Odissea? Certo che sì, i pittori. Racconterò di quattro pittori, tutti emiliani, solo che per fare carriera due si fecero romani, uno milanese ed uno francese.

Comincio con Francesco Primaticcio, bolognese (1504-1570), che dal 1532 lavorò nel castello di Fontainebleau per Francesco I, affrescando la famosa Galleria di Ulisse, quasi del tutto perduta. Però c'è un quadro bellissimo, attualmente a Toledo (Toledo Ohio, non in Spagna), che rappresenta Ulisse e Penelope nel loro talamo, così ben raccontato da Omero. I due sono tranquilli, le cose si sono fatte, tutto è risolto, e sembra che Penelope conti sulle dita gli anni che non hanno dormito insieme, mentre Ulisse la carezza sul mento in modo lieve e desiderante. Il Primaticcio a Fontainebleau era in perenne guerra con un altro artista italiano, Benvenuto Cellini, che racconta questi continui dispetti fra i due artisti. Secondo me, a Primaticcio andò bene, perché mettersi contro al Cellini era pericoloso per la propria vita, come ben sa chi ha letto la meravigliosa autobiografia del Cellini, un vero prodigio di scrittura. Il Primaticcio aveva un asso nella manica: il favore di Madame d'Etampes, la favorita del re.

F. Primaticcio: Ulisse e Penelope (circa 1545) Toledo, Ohio

Pellegrino Tibaldi era nato in Lombardia, a Puria di Valsolda (1527), ma la sua formazione si svolse a Bologna, e lì decollò la sua carriera, con i lavori fatti per il cardinale Poggi, sia la cappella di famiglia in San Giacomo Maggiore, sia le Storie di Ulisse in Palazzo Poggi (oggi sede centrale dell'Università). Il Tibaldi pittore, scultore ed architetto, era un viaggiatore nato. Durante gli anni bolognesi non trascurò di lavorare molto a lungo a Roma e poi nelle Marche (Ancona, Loreto). Dal 1561 fu in Lombardia, soprattutto a Milano, facendo l'architetto con grande successo, tutta l'architettura lombarda seguì il suo tracciato. Sembrava del tutto sistemato, ma un viaggiatore nato lo è per tutta la vita: nel 1586 andò in Spagna per lavorare per Filippo II all'Escorial. Tornò a Milano praticamente solo per morire nel 1596. Metto due immagini relative agli affreschi in Palazzo Poggi, che sono del 1554. Nella immagine in fondo al post c'è Ulisse che acceca Polifemo, in quella appena qui sotto c'è il ratto dei buoi del Sole, che costò caro ad Ulisse ed ai suoi. Singolare il coinvolgimento dello spettatore attraverso due sguardi sbarrati, uno di un bue ed uno di un uomo (in basso a sinistra).

P. Tibaldi: Il ratto dei buoi del Sole (1554)
Palazzo Poggi, Bologna

Annibale Carracci (1560-1609) era bolognese, come suo fratello Agostino e suo cugino Ludovico. Mentre Ludovico restò quasi sempre a Bologna, Annibale nel 1595 si trasferì a Roma, ingolosito dalle grandi commissioni offertagli dal cardinale Odoardo Farnese. Dal 1597 al 1602 affrescò la celebre Galleria nel Palazzo Farnese, che è da tanti anni la sede della Ambasciata di Francia. In un affresco c'è in azione Polifemo, prima però che arrivasse Ulisse. Innamorato della ninfa Galatea, la sorprende col pastore Aci a cui sta tirando un masso. Annibale Carracci uscì prostrato dai lavori della Galleria, ci sono poche opere successive (alcune Pietà ricche di sentimento) e morì a Roma nel 1609, un anno prima del Caravaggio di cui era personalmente amico.

A. Carracci: Polifemo, Aci e Galatea (1597-1602)
Galleria Farnese, Roma

Infine un caso assai curioso, che apparentemente non c'entra con l'Odissea, un quadro di Giovanni Lanfranco (1582-1647), parmigiano fattosi romano (sempre per la carriera) e che era richiesto da tutti (a Roma, ma anche a Napoli) specie per gli affreschi delle cupole in cui il suo stile ampio e la sua ariosa spazialità avevano schiantato la concorrenza, il Domenichino ad esempio ne soffriva molto. Il quadro è intitolato "Norandino e Lucina sorpresi dall'Orco", ed è tratto da un episodio dell'Orlando Furioso, Canto XVII, di cui riporto alcune ottave:

53
La fraude insegnò a noi, che contra il naso
de l'Orco insegnò a lui la moglie d'esso;
di vestirci le pelli, in ogni caso
ch'egli ne palpi ne l'uscir del fesso.
Poi che di questo ognun fu persuaso;
quanti de l'un, quanti de l'altro sesso
ci ritroviamo, uccidian tanti becchi,
quelli che più fetean, ch'eran più vecchi.

54
Ci ungemo i corpi di quel grasso opimo
che ritroviamo all'intestina intorno,
e de l'orride pelli ci vestimo.
Intanto uscì da l'aureo albergo il giorno.
Alla spelonca, come apparve il primo
raggio del sol, fece il pastor ritorno;
e dando spirto alle sonore canne,
chiamò il suo gregge fuor de le capanne.

55
Tenea la mano al buco de la tana,
acciò col gregge non uscissin noi:
ci prendea al varco; e quando pelo o lana
sentia sul dosso, ne lasciava poi.
Uomini e donne uscimmo per sì strana
strada, coperti dagl'irsuti cuoi:
e l'Orco alcun di noi mai non ritenne,
fin che con gran timor Lucina venne.

56
Lucina, o fosse perch'ella non volle
ungersi come noi, che schivo n'ebbe;
o ch'avesse l'andar più lento e molle,
che l'imitata bestia non avrebbe;
o quando l'Orco la groppa toccolle,
gridasse per la tema che le accrebbe;
o che se le sciogliessero le chiome;
sentita fu, né ben so dirvi come.

G. Lanfranco: Norandino e Lucina sorpresi dall'Orco (1624)
Galleria Borghese, Roma

E quindi è chiaro a tutti che l'Ariosto ha trasformato lievemente il racconto di Omero, aggiungendo una donna - all'Ariosto, le donne stavano molto a cuore. Giovanni Lanfranco, nel 1624, realizzò la grande tela per il cardinale Scipione Borghese (Roma era evidentemente piena di cardinali assatanati per temi del genere). Il quadro è oggi in bella vista alla Galleria Borghese di Roma.

Quindi Polifemo è stato il King Kong dell'antichità, e l'Ariosto, che ci metteva di suo un felice senso erotico, ha colto bene i possibili sviluppi: il soggetto de La Bella e la Bestia, è così frequente nella letteratura, ma il cinema, vogliamo mettere il cinema? Si presta molto di più!

P. Tibaldi: Polifemo accecato da Ulisse (1554)
Palazzo Poggi, Bologna

5 commenti:

  1. Tenea la mano al buco de la tana, gran verso! :)

    E bella l'idea del Polifemo come il King Kong dei tempi antiqui. Questa me la segno, perchè merita.

    Brian

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  2. Eh sì, gran verso, Brian, e non devo certo spiegare a te i tanti motivi per amare Ludovico.
    Ma ne ne è successa una strana, in modo del tutto inconsapevole. Ho copincollato le ottave, poi le ho rilette con attenzione, poi ho ripreso il mio discorso, e l'ho fatto così:

    E quindi è chiaro a tutti che l'Ariosto
    ha trasformato lievemente...


    ... solo lì ho ricominciato con la prosa. Bisogna starci attenti, all'Ariosto, è contagiosissimo.
    Potremmo darci un penso di lettura ottave ariostesche o trovare varie metriche secondo i film: il film da decasillabo, quello da madrigale, da sonetto (abbiamo avuto due esempi), da terzina incatenata, quelli alla Teofilo Folengo (tutti i Brancaleone) etc etc... E' il tempo che manca, non la fantasia.

    saludos
    Solimano

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  3. Uffa, Solimano: HO FINITO gli AGGETTIVI per definire i tuoi post!!!!! Mi fai una rabbia.... ma COME FAI?????

    Snort... Smack!!!

    Roby

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  4. Caro Solimano, hai mai pensato di aprire un blog composto di post come questo? E' semplicemente bellissimo. E sennò, potresti sempre regalarcene qualcuno così, quando ti senti ispirato!
    Continuo a non capire quelli che rimangono indifferenti alla pittura...
    Cari saluti
    Laura

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  5. Laura, ho incominciato a farlo da tempo e proseguirò in futuro. Ne parleremo, ti dirò cosa faccio, perché la pittura è per me una grande passione di cui più so e più desidero di sapere.

    saludos
    Solimano

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