lunedì 5 novembre 2007

Ladri di saponette

Ladri di saponette, di Maurizio Nichetti (1989) Sceneggiatura di Maurizio Nichetti, Mario Monti Con Heidi Komarek, Carlina Torta, Massimo Sacilotto, Claudio G. Fava, Lella Costa, Marco Zannoni, Ernesto Calindri, Caterina Sylos Labini, Maurizio Nichetti, Federico Rizzo Musica: Manuel De Sica Fotografia: Mario Battistoni (90 minuti) Rating IMDb: 6.9
Giuliano
Non so se l’avete notato, ma la satira sulla pubblicità è sparita da tempo dalla televisione. Qualche anno fa se ne faceva: parodiare gli spot è facile, è divertente, costa poca fatica e rende molto. Per un comico, è un affarone. Strano quindi che non se ne faccia.
Ma non c’è da riflettere molto, se ne capiscono subito le ragioni. La satira si fa un po’ su tutto, quando non si fa satira è per due motivi: o l’argomento non interessa a nessuno, oppure si va a colpire qualcosa di importante e pesante, che reagisce subito con mezzi imponenti. E’ successo l’anno scorso con la satira sul Papa, che però quantomeno si è fatta; non succede mai (non succede più) con la pubblicità. Se un comico demolisce con una battuta uno spot costato milioni (è facilissimo), le majors non fanno tanto chiasso: tagliano i fondi alla tv che ha trasmesso la battuta o lo sketch. Non fa rumore, ma è un metodo efficacissimo. Senza pubblicità, nessun canale tv potrebbe sopravvivere; e nessun giornale potrebbe uscire nelle edicole, nemmeno Corriere e Repubblica che sono i più venduti in Italia. E, se andate al cinema pagando il biglietto, una decina di minuti di spot a tutto volume e senza neanche il conforto del telecomando in mano non ve li toglie nessuno.
A fare satira sulla pubblicità con un film ci provò Maurizio Nichetti nel 1989: satira garbata, garbatissima, per carità. Il risultato è un film curioso, gentile, non del tutto riuscito ma che merita comunque di essere ricordato. Nel film, gli spot irrompono nella vita quotidiana con effetti curiosi e bizzarri, la vita e gli spot si mischiano e non si sa più bene che cosa è una e che cosa sono gli altri. Non è un film aggressivo, è una commedia piuttosto semplice di per sè, complicata solo dalle gags e dalle combinazioni tra la vita reale e la vita fasulla degli spot. Non è nello stile di Nichetti essere troppo irriverente: al regista milanese (che ha iniziato come mimo e come clown) appartiene di più il tocco leggero, quasi poetico. C’era riuscito bene con i suoi primi film, “Ratataplan” e “Ho fatto splash” (già sulla pubblicità, 1979 e 1980), che contengono un bel ritratto della Milano anni ’70, sia pur con tocchi surreali, e dove – per me è fondamentale – sono contenute alcune scene dall’allestimento della “Tempesta” di Shakespeare messa in scena da Strehler, uno spettacolo favoloso che purtroppo non è più replicabile. E’ un peccato che del grande teatro si possa parlare soltanto al passato, i film rimangono e si possono rivedere tali e quali anche dopo ottant’anni, ma i grandi spettacoli sono esistiti una volta e non ci sono più; ma questa è un’altra storia, mi rendo conto che sto divagando e quindi passo e chiudo.

2 commenti:

  1. Giuliano, il massimo come satira delle vendite e della pubblicità l'ha fatto Corrado Guzzanti (che a me piace ancor più di Sabina) con il venditore Telemarket per cui tutto aveva un prezzo da mostrare, compreso - tocco geniale - il vestito che indossava, che aveva il cartellino del prezzo attaccato dietro la nuca.
    Quello che dici è verissimo: vige ormai una rigidissima autocensura. Tutti sanno che la satira della pubblicità non si fa, nessuno la fa e nessuno parla del problema.
    Anni fa ci fu una durissima battaglia fra Il Giorno, quello dei primissimi tempi, e la Coca Cola, sulla segretezza della formula della bibita. Fecero di tutto per bloccare la polemica del giornale, ma alla fine la formula la pubblicarono.
    Il mondo dei blog è - per il momento - uno spazio più libero ed è bene che noi le diciamo certe cose. Ma ci stanno provando, ad asservire i blog (loro dicono a regolamentare). No pasaran, se tutti noi che operiamo nei blog facciamo la nostra parte.

    saludos
    Solimano

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  2. Guardando gli spot in tv mi torna spesso alla memoria, imperiosa, un’intervista recente con Claudio Bisio. Bisio raccontava che gli avevano proposto uno spot (era il suo primo, se non ricordo male) che non lo convinceva. “Ah beh, allora fallo tu se non ti piace!” gli risposero i “creativi”. Detto fatto: Bisio fa una specie di scommessa, prende un amico, va al bar ordina due birre e in pochi minuti nasce lo spot del maialino, che ebbe grande successo e che molti ancora si ricordano.
    Questi “creativi” strapagati mi ricordano molto i calciatori dell’Inter di Moratti (Moratti figlio): prendono una montagna di soldi, si allenano di controvoglia, giocano poco e male, ma guai a chi li tocca. Anzi, non appena finisce un contratto da nababbi di cinque anni, glielo si rinnova per altri cinque... (Beati loro, e beati i Bonolis...)
    (Il numero di Corradino Guzzanti è favoloso, anche per il suo vice Marzocca, ma va a colpire uno spot da poveracci, è come sparare su Vanna Marchi o sulle cartomanti. E poi sta sul generico, non fa nomi: ci sta attento, Corradino, se no in tv non ci torna più...)

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