venerdì 23 novembre 2007

La moda nel cinema: La collezionista (1)

Solimano
"Può essere che l’idea dello stile sia più importante di quella della bellezza".
Questa frase viene detta durante uno dei dialoghi fra Adrien (Patrick Bauchau), mercante d'arte, e Daniel (Daniel Pommereule), pittore, i due protagonisti de La collezionista, il film che fece decollare la carriera di regista di Eric Rohmer nel 1967. Non era certo un giovinetto, Rohmer aveva già 47 anni, ma bazzicava intorno al cinema da più di vent'anni.
Una carriera stranissima: nasce a Nancy in Lorena il 4 aprile 1920, si chiama Jean-Marie Maurice Schérer, diviene insegnante di lettere a Parigi, scrive un solo romanzo "Elisabeth" e lo pubblica nel 1946 con lo pseudonimo di Gilbert Cordier. Frequenta la Cinémathèque Français, diventa amico di Godard, Rivette, Chabrol e Truffaut. E' allora che decide di chiamarsi Eric Rohmer (Eric da Erich von Stroheim, e Rohmer dal romanziere Sax Rohmer).

Lavora come critico, soprattutto con André Bazin ai Cahiers du Cinema, poi scrive con Chabrol un libro su Hitchcock, riconosciuto da entrambi come maestro. Realizza tre piccoli film in bianco e nero che allora quasi nessuno vede: Il segno del leone, La carriera di Susanna, La fornaia di Monceau, poi la notorietà con La collezionista e solo due anni dopo, le candidature agli Oscar con La mia notte con Maud, a quasi cinquant'anni. Intanto, fa per la TV dei programmi culturali: La Bruyère, Don Chisciotte, Poe, Hugo, Pascal, Mallarmé, che prima o poi qualcuno recupererà. Nel cinema la regola è che non c'è regola: si può provenire dalla cultura critica o dai videoclip, dal teatro o dai fumetti, perfino da mestieri tecnici, come l'ingegnere Altman, o da una specie di riformatorio, come Truffaut. Poi si vede, chi ha più filo tesse la tela.

Adrien e Daniel sono vicini ai trent'anni, però nel film c'è Haydée (Haydée Politoff) che ha vent'anni. Molto felicemente, un critico ha detto che potrebbe essere che Haydée sia la natura, ottusa, attraente e infine vincente, mentre Adrien legge spesso Rousseau, cioè una interpretazione della natura, mentre la natura ce l'ha davanti: Haydée, il mare, la casa in collina sopra Saint Tropez, non ancora ridotta ad icona consumistica.
Ma in un certo modo, c'è anche lotta di classe: Adrien e Daniel stanno sopra come soldi e come cultura, e gliene dicono di tutti i colori, ad Haydée, da puttanella a beccaccia, da insignificante a budino. I due riescono facilmente a prevalere sugli amichetti di Haydée, che ne cambia uno ogni sera, ma la personalità acquatica di Haydée sfugge dalle loro dita.

L'abbigliamento dei due maschi e della ragazza è molto diverso, perché i due possono spendere più di lei, Haydée veste con la semplicità di una ragazza non ricca del 1966, nulla di eclatante, ma lo stile inconsapevole (da parte sua, non di Rohmer) è tale da reggere il paragone con Adrien e Daniel, che pure, aiutati dall'essere longilinei e capelloni -però di tipo dandy- fanno impallidire molti sex symbol di quegli anni e anche di molto dopo (prima o poi li vedremo). Le brave ragazze -brave ma sveglie- allora vestivano così, e Haydée è una brava ragazza che ha l'innocuo hobby di cambiare amichetto ogni notte: due anni dopo sarebbe cominciato il Sessantotto, a cambiare tutto. Il centro vero dell'eleganza di Haydée non è però nei vestiti, ma nella frangetta, che fu per me la ragion sufficiente per entrare in quel cinema di Verona. Non era uno sfizio solo mio: una frangetta ben tenuta, specie se appena sotto c'erano due occhioni tipo Haydée, era un'arma contro cui c'era poca difesa, le ragazze lo impararono presto. Poi ci abituammo, ma eravamo pieni di frecce come San Sebastiano.
E' difficile, ne La collezionista, distinguere fra attori e personaggi: Rohmer dava ai tre attori la situazione, quello che doveva accadere, e gli attori ci si attenevano, creando il dialogo. E' un metodo che Rohmer adottò anche in altri film, mai però come in questo, in cui è aiutato da Bauchau e da Pommereulle che in fondo recitano sé stessi, mentre Haydée Politoff parla molto meno, ma va ricordato un proverbio che è alla base di un film successivo di Rohmer: "Chi parla troppo fa il suo danno".
Haydée Politoff, sull'onda di questo film, che non ebbe un successo popolare ma piacque molto agli addetti ai lavori, ne fece diversi altri nel decennio successivo, quasi tutti da dimenticare, basti dire che il più noto è Bora Bora, poi smise, il suo ultimo film è del 1981.

2 commenti:

  1. Ah, Solimano! Come si vede che hai un debole per questa fanciulla e la sua frangetta! Non c'è nemmeno una foto di Adrien e Daniel.
    E ancora: Haydée ha stile da vendere, oltre che essere bella. Anche uno straccetto sotto quella frangetta, e il gioco (micidiale) è fatto.

    Un caro saluto
    Laura

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  2. Laura, non dubitare, presto compariranno le immagini di Adrien e di Daniel, con la loro eleganza modaiola, e, siccome ben li conosco, ritengo che le visitatrici del blog ne saranno contente e qualcuna cambierà la classifica segreta che conserva in sé riguardo gli attori più dotati di sessappiglio, come diceva qualche cruscante per non dire sex appeal. Anticipo che sono comunque due dandy, non certo facinorosi come Tarzan o King Kong. Lo dico per non creare false aspettative...
    E' un film in cui l'eleganza è presente in quasi tutti i fotogrammi, come si può vedere in Haydée, che tutto sommato indossa vestitucci, niente di che, ma a detta di tutti, non solo mia, la sua figura la fa. Merito dello stilista Rohmer (stilista viene da stile).

    good night
    Solimano

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