Probabilmente è stato guardando in TV Il padre della sposa con Spencer Tracy e Liz Taylor che la soprascritta, ancora alunna delle medie, giurò a se stessa di evitare accuratamente chilometri di velo bianco, centinaia di invitati, quintali di tartine e litri di champagne in occasione di una sua eventuale, futura cerimonia nuziale. Tale proposito -garantisco, scrupolosamente rispettato circa 20 anni più tardi- fu senz'altro ispirato dall'affettuosa partecipazione alle traversie del povero genitore, obbligato dalle convenzioni e dal galateo a soddisfare ogni capriccio di sua figlia (e di sua moglie) nel fausto giorno delle di lei nozze.
Il remake con Steve Martin e Diane Keaton, per quanto garbato, non mi ha dato le stesse emozioni: anzi, dato che Martin mi sta antipatico, avrei gradito vederlo tribolare ancora di più tra bomboniere, rinfresco e coreografie "firmate" da uno scenografo di grido. Molto, ma molto più irresistibili i preparativi del matrimonio fra i rampolli di Totò e Aldo Fabrizi in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, dove due futuri consuoceri -pur detestandosi reciprocamente- sono indotti dalle rispettive consorti ad acconsentire all'unione dei figli, allestendo per loro appartamento, cerimonia, viaggio e così via: il tutto continuando ininterrottamente a punzecchiarsi e a litigare, fino a ritrovarsi -il fatidico giorno del sì- con i tight scambiati dalla sarta, per cui Totò ci nuota dentro, mentre Fabrizi riesce a malapena a entrarci. Scenetta da antologia, vivamente consigliata come antidoto per i momenti di depressione.
Julia Roberts, nel Matrimonio del mio miglior amico, ha il suo bel daffare nel tentativo di strappare l'amico medesimo a Cameron Diaz, giusto ai piedi dell'altare: e se poi non ci riesce, ha sempre modo di consolarsi ballando con Rupert Everett, il quale, pur interpretando la parte di un gay, è davvero un bel bocconcino. Nel frattempo, noi abbiamo modo di assistere una volta di più all'ennesima rappresentazione sullo schermo del grande circo del matrimonio in stile anglosassone, con decine di damigelle tutte perfettamente identiche, bambini che reggono lo strascico, tappeti di petali di fiori, sacerdote che officia la cerimonia in cappella appositamente allestita nel lussureggiante giardino della sposa, mega-ballo generale, coreografico lancio del bouquet e fuga finale degli sposi che partono per la luna di miele ai Caraibi.
Julia Roberts, nel Matrimonio del mio miglior amico, ha il suo bel daffare nel tentativo di strappare l'amico medesimo a Cameron Diaz, giusto ai piedi dell'altare: e se poi non ci riesce, ha sempre modo di consolarsi ballando con Rupert Everett, il quale, pur interpretando la parte di un gay, è davvero un bel bocconcino. Nel frattempo, noi abbiamo modo di assistere una volta di più all'ennesima rappresentazione sullo schermo del grande circo del matrimonio in stile anglosassone, con decine di damigelle tutte perfettamente identiche, bambini che reggono lo strascico, tappeti di petali di fiori, sacerdote che officia la cerimonia in cappella appositamente allestita nel lussureggiante giardino della sposa, mega-ballo generale, coreografico lancio del bouquet e fuga finale degli sposi che partono per la luna di miele ai Caraibi.
Insomma, tutto quello che succede, più o meno, anche nel Mio grosso grasso matrimonio greco: ma qui, per fortuna, è l'elemento ellenico a fare la differenza, aggiungendo sapore di moussakà e aria di sirtaki alla solita pietanza riscaldata. Non a caso la pellicola ha avuto un successo travolgente, ed ancora si rivede volentieri in DVD per passare un piacevole pomeriggio casalingo, mentre fuori fischia il vento e impazza la bufera.
E per restare in ambito multietnico, non è male neppure Monsoon wedding, specialmente nel suggestivo finale lucido di pioggia: benchè qui la regista Mira Nair voglia forse mettere troppa carne al fuoco, inserendo una denuncia di pedofilia fra balli e canti in puro stile Bollywood. Tra l'altro, questa è stata la mia prima esperienza in fatto di film indiani, e devo confessare che mi sono divertita più di quanto mi aspettassi.
Infine, se -dopo tanto parlare di nozze di celluloide- vi è venuta voglia di fare il grande passo seguendo tutti i crismi della tradizione, non posso non suggerirvi di consultare la wedding planner Jennifer Lopez di Prima o poi mi sposo, talmente impegnata a organizzare i matrimoni altrui da rischiare di farsi sfuggire il proprio. Possibile? Ma no, tranquilli, il lieto fine è assicurato: anche se arriva a spese della promessa sposa di Matthew McConaughey, che se lo vede rubare da J-Lo proprio sul filo di lana. Nel caso poi che di riso e confetti non ne abbiate ancora abbastanza, potete sempre rifugiarvi in Quattro matrimoni e un funerale, un vero must del genere: del quale tuttavia evito volutamente di parlare, perchè Hugh Grant mi riesce gradito quasi quanto un cucchiaio abbondante di olio di fegato di merluzzo, senza tuttavia assicurarne gli stessi benefici effetti.
E per restare in ambito multietnico, non è male neppure Monsoon wedding, specialmente nel suggestivo finale lucido di pioggia: benchè qui la regista Mira Nair voglia forse mettere troppa carne al fuoco, inserendo una denuncia di pedofilia fra balli e canti in puro stile Bollywood. Tra l'altro, questa è stata la mia prima esperienza in fatto di film indiani, e devo confessare che mi sono divertita più di quanto mi aspettassi.
Infine, se -dopo tanto parlare di nozze di celluloide- vi è venuta voglia di fare il grande passo seguendo tutti i crismi della tradizione, non posso non suggerirvi di consultare la wedding planner Jennifer Lopez di Prima o poi mi sposo, talmente impegnata a organizzare i matrimoni altrui da rischiare di farsi sfuggire il proprio. Possibile? Ma no, tranquilli, il lieto fine è assicurato: anche se arriva a spese della promessa sposa di Matthew McConaughey, che se lo vede rubare da J-Lo proprio sul filo di lana. Nel caso poi che di riso e confetti non ne abbiate ancora abbastanza, potete sempre rifugiarvi in Quattro matrimoni e un funerale, un vero must del genere: del quale tuttavia evito volutamente di parlare, perchè Hugh Grant mi riesce gradito quasi quanto un cucchiaio abbondante di olio di fegato di merluzzo, senza tuttavia assicurarne gli stessi benefici effetti.
Questa è proprio ben pensata. C'è da divertirsi! (si potrebbe fare un'enciclopedia in otto volumi!)
RispondiEliminaadesso ci penso, gracias
Emilio Gauna
- OT -
RispondiEliminaSe qualcuno dovesse vedere (o sentire) Primo lo ringrazi da parte mia.
Lui sa il perché.
Clelia
[Chiedo scusa per l'occupazione indebita dello spazio, il mio commento, non appena letto, può essere cassato.]
(Il cappuccino di Clelia lo si vede sempre volentieri, e guai a Primo se lo toglie...)
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'enciclopedia... MA COME??? SOLO otto VOLUMI??? Pensavo molti di più!!!
RispondiElimina[%->>>]
Clelia, per carità, sei sempre e comunque la benvenuta!
[:->>>]
Roby
PS: ma il tuo "cappuccino" di che colore è, in realtà? Azzurro? Verde? Rosso????
Clelia, è stato solo un piacere dovuto, grazie a te di essere venuta a trovarci. Rimane il mistero del cappuccio e del colore del cappuccio, che Giuliano e Roby hanno giustamente individuato, indagheremo. Sono curioso anch'io, specie del colore.
RispondiEliminaGiuliano, il giorno del matrimonio è faticosissimo, meno male che a un certo punto si parte, nel viaggio in genere la compagnia è buona.
Roby, non vorrai farci credere che non ti sei sposata in bianco. Vogliamo vedere le foto, facciamo un blog apposito. Recentemente Rossella Vita ha scritto su Golem un articolo sul ritorno dei matrimoni in abito bianco, che sembra sia un segno dei tempi attuali, in cui si ripiega verso antiche sicurezze. Sicurezze... parola grossa!
In "Quattro matrimoni e un funerale", l'ostacolo che tu hai con Grant, io ce l'ho un po' con Andie McDowell. Una ostacolo che nasce dalla sindrome "modella" o "testimonial", che colpisce anche Isabella Rossellini, Charlize Theron, Monica Bellucci etc etc: pur nelle sciagure che la trama riserba loro, hanno sempre l'aria di stare sfilando in passerella. Poi riescono a migliorare, ma l'imprinting è quello.
saludos
Solimano
P.S. Anche Primo ha detto di salutarvi.
Solimano caro, IO sposa IN BIANCO???? Per carità!!!! Era dicembre: cappotto lungo di cachemire color cammello, camicetta di seta panna e gonna con ramages beige, ruggine e marron glaçè. La wedding planner J-Lo sarebbe inorridita: ma io ero elegantissima e felice!!!!
RispondiEliminaRoby
Roby, comunque constato che non ti sei sposata in bianco. Qui a Monza, non lo dirò a nessuno, a queste cose ci badano, stanno dalla parte di Teodolinda più che da quella di Virginia de Leyva, Suor Gertrude, la Monaca di Monza.
RispondiEliminaC'è anche Via Leyva, non ci facciamo mancare niente...
good night
Solimano