Tanto per cambiare, per la serie "niente di nuovo sotto il sole", uno dei primi ad occuparsi del soggetto è stato il vecchio Publio Ovidio Nasone, poco più di 20 secoli fa. Suo è il copyright di una delle trasformazioni più strabilianti mai raccontate, quella che vede come autore Pigmalione, tanto innamorato della statua di Galatea da mutarla infine in donna in carne ed ossa. E l'eterea Audrey di My fair lady -diciamo la verità- non ha nulla da invidiare alla sua antesignana d'avorio, quando, lasciati i sudici panni della povera fioraia, indossa quelli raffinati di sofisticata dama della buona società. Personalmente, qui come in altre storie simili narrate sul grande schermo, è tutta la fase di preparazione al cambiamento ad affascinarmi. Quella fase, cioè, in cui dallo stadio di brutto anatroccolo si passa gradatamente alla sbozzatura dell'opera d'arte, sino ad arrivare al capolavoro finale: che, in quanto tale, merita una presentazione speciale, un po' come quando cade il drappo che copre il busto marmoreo o il bassorilievo appena compiuti. Et voilà, mesdames et messieurs, ecco a voi il prodotto di tanti sforzi, di tanta maestria, di tanta passione...
Non molto diversamente, Glenn Ford e Peter Falk, gangsters dal cuore d'oro, rimettono a nuovo, tirandola a lucido, la venditrice ambulante di mele Bette Davis in Angeli con la pistola (Pocketful of miracles), permettendole di non sfigurare nell'incontro con il futuro marito della figlia, che la crede una ricca signora. Certo, bisogna riconoscere che con materie prime del genere il risultato è praticamente garantito: sia la Hepburn che la Davis, per quanto soffocate da palandrane rattoppate, guanti bucati e scarpe sfondate, emanano comunque quel certo-non-so-che, sicura garanzia del successo di tutta l'operazione.
Più difficile, per me, apprezzare altri tipi di metamorfosi cinematografiche molto in voga in certi film tratti pari pari dai fumetti avventurosi. L'incredibile Hulk, l'Uomo-roccia del team dei Fantastici 4, il Lupo mannaro americano a Londra e così via mi annoiano, quando addirittura non mi irritano, con quelle camicie che esplodono sotto il rigonfiarsi abnorme dei muscoli, la pelle che cambia colore e consistenza, peli placche coda e zanne che spuntano un po' dappertutto, ecc. ecc. ecc.
Faccio un'eccezione per la Bestia protagonista, con la Bella, del cartone animato omonimo, uno dei pochi recenti prodotti disneyani che mi siano piaciuti. Forse perchè il mostro in redingote e codino che, a tavola con la sua ospite, sorbisce la minestra direttamente dalla scodella mi è subito apparso deliziosamente naif; o forse perchè la sua redenzione finale e il mutamento in bel principe sono opera dell'amore disinteressato di lei, che ha saputo guardarlo dentro e vedere oltre pelliccia e artigli... Il che suona estremamente consolatorio per il vecchio cuore romantico di una signora di mezza età come la sottoscritta!
E sconfinando sul terreno del piccolo schermo, non posso non fare un accenno ad uno dei miei telefilm preferiti, il geniale Ugly Betty, dove tuttavia l'eroina della situazione, decisamente bruttina, non è oggetto di alcun miracoloso miglioramento. Anzi, di puntata in puntata il suo aspetto -se possibile- non fa che peggiorare: sempre più cespugliose le sopracciglia, sempre più strabordante l'apparecchio per i denti, sempre meno mimetizzati dall'improbabile abbigliamento i numerosi chili in eccesso. Inutile negare che la mia principale curiosità era una sola: chissà se e quanto l'interprete (America Ferrera) somigliava al personaggio? Ebbene, quale non è stata la sorpresa nello scoprire su Google-immagini le foto che vi allego... Una vera e propria metamorfosi "alla rovescia", dove viene completamente ribaltato il concetto -citato all'inizio- del brutto anatroccolo rivestito a festa, e dove, una volta tanto, è il cigno a doversi "truccare"!!
Post Scriptum: mi sento in dovere di aggiungere una postilla dedicata alla metamorfosi (tutta interiore) del Borghese piccolo piccolo di Monicelli, in cui Alberto Sordi presta il volto da par suo ad un tranquillo impiegatuccio alle soglie della pensione, mansueto e sottomesso al sistema, che si vede ammazzare il figlio durante una rapina in banca. Da qui sino al termine del film, per il personaggio inizia una escalation di ribellione, rabbia repressa, ricerca di vendetta, che culmina nella lucida e allucinante condanna a morte sommaria per l'assassino. La trasformazione della pecorella in lupo -e della razza peggiore- lascia la bocca amara. Ma si sa: il cinema, in quanto specchio della realtà, non è fatto solo di favole a lieto fine.
Roby penso proprio di scrivere abbastanza presto più un sequel che un remake delle tue Metamorfosi.
RispondiEliminaIl primo motivo è che io sono competitivo contento di esserlo e mi va di incrociare la spada con te, perché competition is competition, fa solo bene, ci tiene svegli.
Il secondo motivo è che il cinema ha spesso tenuto presente, in film molto importanti, che cambiare è possibile, forse necessario. Tu hai perfettamente centrato l'obiettivo: nel cinema, come nella vita, è un bel guaio se non si cambia, per sé soprattutto, ma specie per quelli che sono forzati a vivere vicini. Ricordo un film non importante, anzi sì (per la presenza di Senta Berger) in cui detta Senta diceva a bassa voce: "Adesso dirà:oggi il lago è una favola". E Ugo Tognazzi, che faceva il marito di Senta, pochi secondi dopo diceva: "Oggi il lago è una favola". Ne seguirono conseguenze assai spiacevoli per detto Ugo.
Poi, dopo il mio sequel, seguirà il tuo remake o sequel, e anche Giuliano vorrà dire la sua (appoggiato da Herzog e da Wenders). Il blog ne uscirà metamorfosato, chissà se i viandanti della rete lo riconosceranno ancora.
saludos
Solimano
Solimano, sono pronta alla tenzone. Vado a farmi prestare la spada dal Richard Gere del "Primo cavaliere": così, già che ci sono, gli chiederò di insegnarmi il suo famoso colpo segreto per disarmare l'avversario...
RispondiElimina[:->>>]
Omaggi
R.
Cara Roby, non so se hai visto la serie originale di "Betty", quella colombiana. Io ne ho viste parecchie puntate(non tutte perché i telefilm troppo tirati per le lunghe mi stufano), la protagonista era molto più in parte e l'insieme, pur non essendo gran cosa, aveva un'aria da recita casalinga che rendeva molto simpatico tutto l'insieme.
RispondiEliminaNo, caro Giuliano, non sapevo neppure che di Ugly Betty esistesse un "originale" colombiano. Comunque sono d'accordo con te, i telefilm troppo allungati stufano anche me: l'unico che riesco a sopportare ancora, dopo venticinque anni, è Star Trek, in tutte le sue ulteriori filiazioni. Ma questa è un'altra "serie"...
RispondiEliminaAve&vale
Roby