martedì 4 settembre 2007

Sacco e Vanzetti

Sacco e Vanzetti, di Giuliano Montaldo (1971) Sceneggiatura di Fabrizio Onofri, Giuliano Montaldo, Mino Roli, Ottavio Jemma Con Gian Maria Volontè, Riccardo Cucciolla, Cyril Cisack, Rosanna Fratello, Geoffrey Keen, Milo O'Shea, William Prince Musica: Ennio Morricone Fotografia: Silvano Ippoliti (120 minuti) Rating IMDb: 7.8
Giuliano
La prima cosa da dire, parlando di “Sacco e Vanzetti”, è che Giuliano Montaldo è grande, e che quando snoccioliamo il consueto rosario di nomi (Fellini, Antonioni, Rossellini, De Sica, ...), ci dimentichiamo sempre di lui, oltre che di Germi e Petri. Prometto di fare ammenda per il futuro, ma non sarà facile perché – ed è una gran fortuna – l’elenco dei registi italiani davvero grandi è molto ben fornito. Montaldo gira questa ricostruzione storica in modo rigoroso ma decisamente spettacolare, come se fosse un thriller legale, o un western di quelli con Henry Fonda, in cui le tesi dell’accusa vengono smontate ad una ad una: ma la verità storica dirà che essere innocenti non basta.
La seconda considerazione, sulla quale mi interrogo da parecchio tempo, riguarda l’anticomunismo irrazionale. Perché su quello razionale non c’è bisogno di discutere, basta nominare Stalin, i gulag, e la discussione è chiusa. Se parlo con un polacco, o un lituano, e mi vengono a dire “nel 1945 siamo passati da una dittatura all’altra”, c’è poco da discutere: hanno ragione e basta. Ma la storia del comunismo non nasce con Stalin, nasce molto prima: nasce con le prime grandi fabbriche, nel primo 800, e prende forma con il Manifesto di Marx ed Engels nel 1848. Anche qui, si possono fare lunghe discussioni teoriche (roba da economisti) su cosa è giusto e cosa non lo è; però non si può negare che le prime battaglie socialiste e comuniste vengono fatte per combattere lo scandalo del lavoro minorile, per i diritti della famiglia, per le madri e per le donne (diritto al voto, diritto ad avere assistenza quando si aspetta un bambino e quando lo si deve crescere), per le otto ore di lavoro, insomma per avere un mondo più respirabile. Su queste cose così concrete mi aspetterei una rapida convergenza, anche con la destra più a destra, e invece non è così. A questo si potrebbe aggiungere che molte persone sono prontissime a condannare Stalin, ma non lo sono altrettanto (per usare un gentile eufemismo) con Pinochet o con i generali argentini degli anni ’70. E qui non trovo spiegazioni, se non ricorrendo alla psicoanalisi o (meglio ancora) all’etologia e ai libri di Konrad Lorenz.
A tutto questo si può aggiungere che Sacco e Vanzetti non erano nemmeno comunisti: erano anarchici. Peggio che peggio: nell’immaginario collettivo, ancora oggi, l’anarchico è quello che butta le bombe. Non è bastata la strage di Piazza Fontana a far sparire questo luogo comune, né basterebbe ricordare che anarchici o filo anarchici erano persone pacifiche come Fabrizio De André e l’enologo Luigi Veronelli. Però questo sarebbe un discorsone, materia per un saggio o per una tesi di laurea (“L’anticomunismo irrazionale”: suona anche bene, come titolo), solo che io non sono in grado di scriverlo e in ogni caso porterebbe via molto spazio. Perciò ritorno al tema del film: Sacco e Vanzetti, anarchici, furono condannati a morte non perché colpevoli ma perché “rossi”. Dava fastidio che fossero immigrati, e che avessero preso posizione a favore degli operai e dei più poveri. Una vecchia storia, ma pazienza: sono passati ottant’anni ma le cose non sono migliorate di molto, e anzi adesso sono i figli degli immigrati a prendersela con gli immigrati, ma pazienza.
Chiudo il post ricordando la bravura di tutti gli attori: protagonisti sono il solito magnifico Volonté, più vero del vero, e Riccardo Cucciolla, uno dei più grandi doppiatori italiani che qui abbiamo il piacere di vedere come attore. E’ un piacere raro, ed è un peccato: Cucciolla avrebbe meritato molto di più.

P.S. Le due opere riportate nelle immagini sono di Ben Shahn, che le dedicò a Sacco e Vanzetti . (s)

2 commenti:

  1. Condivido in pieno quello che hai detto e su come il comunismo sia stato liquidato senza pensare a tutto ciò che hai detto e a problemi che ha buttato sulla scena che sono ben lontani dall'essere risolti e che fanno dormire tutti sonni tranquilli... Il film è è indubbiamente bello. Ciao Giulia

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  2. Ogni film di Ken Loach meriterebbe un fondo sul "Corriere", e tanti tanti dibattiti in tv - ma non si fa...
    Grazie Giulia
    saludos

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