giovedì 13 settembre 2007

Kid Auto Races at Venice


Questa volta voglio sorprendervi. Sulle orme di Giuliano, mi sono fatta io stessa sorprendere da un film, che poi non è un film, del 1914: un cortometraggio, ovviamente muto, di Charlot. E’ la seconda volta che Chaplin appare con i tratti caratteristici di Charlot. Uno Charlot prima maniera, lontano ancora dalle sfumature psicologiche e dalle sensibilità dei suoi film più noti, Luci della città o Il monello. E’ uno Charlot ancora figlio della sua epoca, delle comiche arruffate, sbruffone e un po’ volgari, con la sola ambizione di strappare al pubblico una grassa risata. Non sarebbe altro che un reperto archeologico, un pezzetto di storia del cinema, interessante solo per gli addetti ai lavori, se non fosse, dal punto di vista di uno spettatore moderno, sorprendentemente profetico (mi accorgo che sto usando troppo il termine “sorpresa” in tutte le possibili declinazioni: ma questa è evidentemente la cifra con la quale ho assistito alla proiezione).
La storia è semplice. In occasione di una gara di auto a pedali per ragazzi (una gara che stava effettivamente avvenendo al momento della ripresa: e, permettetemi un inciso, uno sport ben stravagante, anche considerando l’atmosfera da belle époque), due operatori cinematografici sono al lavoro per riprenderla. Per tutto il tempo Charlot cerca invece di far riprendere se stesso. Passa e ripassa davanti all’obiettivo proprio mentre stanno arrivando le macchine, sorride, fa smorfie, saluta. Regolarmente gli operatori lo fanno sloggiare in malo modo, regolarmente riappare dalle più svariate angolazioni, si insinua fra le madri che incitano i pargoletti, sbuca dietro la bandiera dello starter, rischia - pur di apparire - di essere investito.
Non credo che né il regista, Henry Lehrman, né lo stesso Chaplin, abbiano inteso fare altro che una gag divertente, dando spazio e ali al personaggio che diventerà poi famoso. Oggi però, si ha l’impressione di assistere ad una profezia realizzata; Charlot pare racchiudere in sé tutti i presenzialismi che il diffondersi del cinema prima e della televisione (soprattutto della televisione!) poi, ha scatenato: da quello ingenuo degli spettatori che fanno ciao con la manina alla telecamera, a quello becero dei talk show spazzatura. Quell’omino dispettoso e irriducibile, è sconcertante, perché sembra portare già in sé il Grande Fratello, e i politici di “Porta a Porta”, che se non ci vanno muoiono di consunzione, e gli assassini che rilasciano interviste. E Paolini, col quale condivide il lato più giocoso di innocuo rompiscatole.
Fatto sta che mi sono incantata davanti a quelle immagini un poco sfocate e a quell’omino che imitava – e come li imitava bene! – tutti quelli che, se non si vedono riflessi in uno schermo non sono sicuri di esistere. E non si può far a meno di pensare che, in fondo, forse Chaplin aveva già intuito da allora la trasformazione che la presenza di una macchina da ripresa può provocare anche nelle persone più innocue.



P.S. Beh, credevo di aver visto una rarità... invece il filmato è a disposizione di tutti su You Tube... uffa!

3 commenti:

  1. Non ne sapevo niente! Un bel lavoro e un bel commento.
    Grazie!

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  2. Ciao Manuela. Grazie della segnalazione (e dell'invogliamento). Mi fiondo su youtube.
    Nicola

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  3. Assolutamente all'oscuro anch'io, mi associo a Giuliano e Nicola e mi precipito a mia volta su youtube (che non è poi tanto male, se riesce a farci vedere chicche simili!).

    Grazie, Manu!

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