Omaha Beach (St.Laurent s/mer) - 2007
Roby
Ho le valigie ancora mezze piene, la roba da lavare, il frigorifero da riattaccare, ecc. ecc. Ma non importa: sono appena tornata dalla Normandia, dove ho calpestato la sabbia ed i sassi delle spiagge del D-Day, ho guardato il mare attraverso le feritoie delle casematte tedesche, ho abbracciato con lo sguardo migliaia di croci bianche nel verde ordinato dei prati... Quindi, parlare dei luoghi dove sono stati girati due dei maggiori film di guerra degli ultimi quarant'anni mi sembra inevitabile. Di più: è quasi una necessità fisica, ancor più che mentale. Prima della partenza, girellando su internet per documentarmi un po', avevo letto i commenti di altri viaggiatori sul posto, quasi tutti pieni di commozione e di partecipazione emotiva per gli eventi svoltisi qui nel giugno del '44. Francamente mi erano parsi piuttosto eccessivi, un tantino infantili. La guerra è guerra, pensavo: e oggi, in Iraq o in Afghanistan, quanti civili innocenti sono morti sotto bombe e proiettili col marchio a stelle e strisce? Io, mi dicevo, su quelle spiagge del nord non verserò neanche una lacrima, dopo tante stragi viste in diretta TV negli ultimi anni. E poi... Poi sono arrivata lì, a un palmo dalle dune di Sword Beach, la prima partendo da est. Una stradina tra la sabbia conduce al mare, davanti al quale svetta una croce di Lorena in metallo alta almeno 30 metri. Vicino, una panchina di pietra e alcune foto dell'epoca, con De Gaulle tra la folla festante poco dopo la liberazione. Ancora avanti, verso ovest, musei del Débarquement ad ogni passo, piccoli, medi e grandi, cinema a 360°, vecchi carrarmati periodicamente ridipinti di grigio-verde. Ecco Juno Beach, Gold Beach e finalmente la più famosa, Omaha Beach, che in realtà ha il dolcissimo nome di St. Laurent sur mer. Il cimitero dei caduti americani sovrasta la spiaggia, 500 metri più in basso. L'ingresso -sorpresa!- è libero, quindi mi avvio, nella scia di centinaia di altri visitatori etnicamente multiformi. Marmi sobri all'entrata, poi vialetti ordinati, giardinieri al lavoro per pareggiare l'erba già di per sè perfetta, cipressi gentilmente inclinati dalla brezza marina. Ed infine, loro: i 9700 e passa che riposano sotto quel mare verde, tutti lì fermi ad aspettarmi, quasi spiando la mia reazione. Su ogni croce o stella di David il nome, il reggimento a cui appartenevano, il giorno della morte. Su alcune, solo la scritta: Commilitone ignoto, ma conosciuto da Dio. Davanti ad altre, un mazzetto di fiori o una bandierina. Mio marito inquadra uno scorcio attraverso il mirino della digitale, e di sguincio riprende anche me. "Che fai" chiede, a bassa voce "piangi?". Io, tirando su col naso senza vergogna, rispondo dignitosamente: "Sì: e allora?". Mentre in testa mi martella una domanda forse senza risposta: "Diecimila morti... ma è possibile? E' possibile che non ci fosse un altro modo ???".
Omaha Beach (St.Laurent s/mer) - 1944
Bentornata Roby. Ma tu hai pensato davvero al soldato Ryan su quelle spiagge? Perché il tuo commento, che dice proprio le cose che anch'io ho sentito, visitando quei luoghi, non parla di film, ma di realtà. La realtà che pare di toccare ancora, stando su quelle spiagge, a distanza di tanto tempo, guardando quelle scogliere a picco. Bisognava avere un gran coraggio per sbarcare... e le pallottole erano vere. La realtà che ci scruta da quel mare di lapidi bianche tutte uguali: chissà se sono morti come si muore nei film, o invece in un modo che non possiamo conoscere perché non ci siamo ancora passati.
RispondiEliminaDi veramente cinematografico ci sono i musei americani, con i loro allestimenti scenografici, i colpi di scena, le ambientazioni... bisogna dire che ci sanno proprio fare!
No, Manu, hai ragione: del "Soldato Ryan" hollywoodiano non mi importava un bel nulla, mentre guardavo il mare dalla scogliera. Era del soldato Smith che mi interessava, quello sepolto lì fra tanti, morto lì come tanti. In quel modo -giustamente- che ancora noi non conosciamo. Certo non come nei film, cadendo giù "bene", con un mezzo giro su se stesso, la mano al cuore e sul viso solo una lieve, ben calibrata smorfia di dolore....
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