La censura era un affare serio, ne successero di tutti i colori, a parte che sceneggiatori e registi sapevano benissimo come muoversi preventivamente, quindi interveniva una autocensura quasi sempre conscia, talvolta sicuramente inconscia, e furono i casi peggiori, in cui film in partenza ottimi divennero mediocri in corso d'opera.
A parte l'autocensura, la censura vera e propria si esercitava a due livelli, quello dei censori, mezzi magistrati e mezzi burocrati, e quello dei produttori. Esemplare il caso del film Il disprezzo di Godard. La bellissima scena d'amore iniziale fra Piccoli e la Bardot fu molto apprezzata dal produttore Ponti, che però, quando si venne al dunque, non la volle nell'edizione italiana del film, mentre in Francia circolava tranquillamente l'edizione originale: a Parigi si potevano vedere certe cose, a Roma no.
Inserisco una immagine de La dolce vita ed una di Ultimo tango a Parigi, che fu un film a rischio di estinzione, proprio per la censura e per i susseguenti interventi della magistratura. C'erano dei magistrati zelanti che si erano ritagliata una propria nicchia di professionalità volta al perseguimento dei film più birichini, nel senso che se certe cose uscivano nel genere pecoreccio potevano passare, ma se il film aveva un suo livello culturale eh no! Lì bisognava picchiare!
Il ritratto di Bunuel fatto da Pericoli vuole essere un omaggio ad un regista che ha sempre lottato a testa alta contro i condizionamenti.
Oggi, sappiamo tutti che la censura non c'è più, non serve. Evviva, evviva, niente più mal di testa: tutto viene deciso a monte da chi ha in mano il mercato sia televisivo che cinematografico. Chi è dentro è dentro chi è fuori è fuori.
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